Eccoci: sabato 23 febbraio 2019, è ora arrivato e passato [i collegamenti di questo articolo portano tutti a pagine in inglese] e non si può dire che “nulla è cambiato”. In effetti, si sono verificati alcuni importanti cambiamenti, e nessuno di questi era quello auspicato dal “presidente” autoproclamato del Venezuela, Juán Guaidó, né di quelli ordinati dal Presidente degli Stati Uniti, Donald “Posso avere il mio premio Nobel per la pace adesso?! ” Trump. Le opzioni statunitensi si sono quindi ristrette, mentre entriamo in una fase prolungata e potenzialmente più pericolosa, laddove possibile, in cui l’intervento militare statunitense si avvicina. Quindi rivediamo rapidamente alcune delle modifiche introdotte dagli eventi di ieri.
Primo, il “presidente” non eletto e autoproclamato del Venezuela non è più nemmeno in Venezuela. Ha sfruttato l’opportunità della prodezza degli Stati Uniti per immedesimarsi oltre il confine con la Colombia, con l’apparente benevolenza degli uscieri militari venezuelani (avrebbe dovuto essere sospettoso, a meno che non intendesse davvero fuggire), e Guaidò si ritrova ora come turista in Colombia. Secondo, i militari che Guaidò presumeva si mettessero ai suoi ordini, lo hanno ignorato completamente e sono rimasti fedeli al governo eletto sovrano, l’unico legale e legittimo. In effetti, il terzo punto è che, fallendo il test di credibilità, Guaidò ha fallito anche il test di legittimità: come può essere considerato un leader legittimo, senza nulla da guidare, e senza nessuno degli organi dello stato che lo seguono? Quello non è un leader: nella migliore delle ipotesi, Guaidò può essere definito un aspirante al potere. È un aspirante legittimo. Alcuni dell’opposizione parlano già di un accordo alternativo con il governo di Maduro. Avendo fallito i test di credibilità e di legittimità, un Guaidò frustrato non aveva altra scelta che richiedere un intervento militare straniero: se i suoi militari non lo ascoltavano, sicuramente gli eserciti delle altre nazioni lo avrebbero fatto? E per quanto riguarda il tanto decantato concerto di beneficenza di Richard Branson? Questo ci porta al quarto punto: quel concerto è stato soffocato, non solo da un concerto in competizione sul lato venezuelano del confine, e non solo perché non è riuscito a trarre alcun atto internazionale importante (forse grazie a Roger Waters), ma gli eventi stessi del giorno hanno significato che nemmeno una parola fosse menzionata sul concerto. Era come se non fosse mai successo. Il quinto sviluppo è probabilmente il più significativo: gli aiuti degli Stati Uniti attraverso la Colombia ed altre simili intrusioni di “aiuti” da parte di Brasile e Porto Rico sono stati un clamoroso fallimento. La frustrazione che si era accumulata per giorni sulla mancanza di un piano attuabile, era ben garantita, così come l’ottimismo di Maduro. Non ben garantite erano le aspettative sollevate.
(Nota, mentre il titolo del The New York Times afferma che gli aiuti arrivavano via Brasile, la sua fonte sul campo diceva invece: “L’intera faccenda è fallita” e gli autocarri “sono rimasti bloccati al confine”. Giocando su un tecnicismo: l’aiuto ha lasciato il lato brasiliano del confine, ma non ha superato il valico venezuelano).
Cosa succede ora?
Questo ci riporta alla questione centrale dell’articolo precedente: qual’è la prossima mossa degli Stati Uniti? Insultare semplicemente le forze armate venezuelane, in quello che alcuni hanno definito un “discorso irresponsabile”, suggerendo di essere colpevoli di abbandono del dovere, quindi insultandoli ulteriormente dicendo che Cuba controlla direttamente l’esercito venezuelano ed offendendoli poi ancora una volta assumendo che dovrebbero prendere ordini direttamente da Washington – non funzionerà, e questo è stato dimostrato. Le minacce alla sicurezza dei soldati venezuelani non fanno che aggravare l’offesa. Gli Stati Uniti, parlando il linguaggio della “promozione della democrazia”, hanno sperato apertamente in un colpo di Stato del palazzo, ma nessun movimento di questo tipo si è palesato. Tutto quello che sappiamo è che il vicepresidente Mike Pence (che probabilmente sta conducendo l’intervento venezuelano per proteggere Trump da eventuali illegalità che potrebbero essere commesse) incontrerà l’aspirante Guaidó nei suoi nuovi alloggi in Colombia. Questo, e ancora più sanzioni, come se il governo venezuelano si aspettasse qualcos’altro.
Chiaramente il miliardario obeso nell’Ufficio Ovale aveva assaporato la prospettiva di potersi vantare un giorno (presto) di aver rovesciato un “regime” gettando alcuni avanzi di cibo per cani ai piedi dei “venezuelani disperati e affamati” (devono essere solo disperati e affamati, perché il loro posto nell’ordine naturale delle cose è quello di cittadini di un “paese da merda”). Gli sarebbe piaciuto immensamente, avrebbe sorriso sornione, sapere che un americano ben pasciuto poteva far penzolare un pacchetto MRE di fronte ad occhi “affamati”, e poi sedersi e guardarli scorrazzare e azzuffarsi. Tali immagini rafforzano il paradigma evoluzionista del progresso, dello sviluppo e della dittatura globale. Trump avrebbe detto ai suoi amici: “Avresti dovuto vedere cos’è successo, ho appena mandato cagate da cene televisive in quel paese di merda, e quei patetici perdenti vi si sono buttati addosso per poterle avere, e il regime è crollato. Puf! Bellissimo. Poi ho preso il loro petrolio” (l’ultimo punto è importante, perché Trump ha l’etica di un saccheggiatore, e la sua politica estera è una proiezione della sua pratica aziendale: furti, truffe e ogni sorta di altri illeciti, abbastanza da giustificare molti anni di dichiarazioni fiscali dietro qualche vecchia storia di un audit apparentemente eterno).
Particolarmente importante per gli eventi della giornata è stato il fatto che i due partner del previsto colpo di Stato hanno fallito i rispettivi test. Gli Stati Uniti ed i loro alleati regionali hanno dimostrato che non potevano nemmeno contrabbandare alcune scatole di “aiuti” spazzatura, e che non avevano alcuna influenza sull’esercito venezuelano. Guaidó non è riuscito a dimostrare di aver ai suoi ordini nessuno che conta. Non aveva nemmeno alcune miserabili scatole di aiuti statunitensi da distribuire in modo selettivo per costituire una rete di donatore-clienti. Dopo aver fatto il colloquio per il ruolo di strumento della CIA, ha solo dimostrato di non essere degno dell’investimento. Quindi è fuggito. Poi il governo ha chiuso quella che si vocifera essere la sua base operativa a Caracas: l’ambasciata colombiana. Gli Stati Uniti non avrebbero potuto ottenere di meno se avessero scelto a caso una persona dalle strade di Caracas.
La sopravvivenza del regime ha avuto una bella spinta
Il sottoprodotto involontario dell’incapacità degli Stati Uniti di imporre il cambiamento è una ricetta per la sopravvivenza del regime: tutto ciò che i venezuelani soffrono d’ora in poi può essere opportunamente e giustamente incolpato all’intervento americano; grazie all’intervento degli Stati Uniti, gli oppositori del presidente Nicolás Maduro possono essere etichettati, a ragione, come traditori, procuratori della CIA e marionette di Washington; il Venezuela si adatterà e sopravviverà alle sanzioni statunitensi come hanno fatto molti altri stati; raffinerie petrolifere statunitensi, compagnie di navigazione, compagnie assicurative e banche – l’altra faccia delle esportazioni venezuelane di petrolio verso gli Stati Uniti – subiranno ora perdite irreversibili, e gli Stati Uniti, quindi, perderanno anche nel loro tentativo di soffocamento sul Venezuela. Piuttosto che l’egemonia americana, è il multipolarismo che avanza, con il Venezuela che si avvicina alle orbite della Russia, della Cina e dell’India. (Secondo gli analisti indiani, l’India stessa non ha assolutamente paura delle sanzioni statunitensi). Gli Stati Uniti, specialmente sotto Trump, hanno risposto a quasi tutto e tutti con sanzioni o con i loro gemelli, i dazi, nella misura in cui non c’è praticamente rimasta una nazione sulla terra che non sia soggetta ad alcuna sorta di dazio o sanzione da parte degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti si stanno sanzionando all’irrilevanza, poiché il resto del mondo escogita modi per imparare a vivere senza di loro.
Cosa non vediamo?

Sostenitori presumibilmente affamati di Jaun Guaidò il 23 febbraio 2019
Ciò che era stranamente assente dalla giornata, in tutte le riprese televisive in diretta e numerose fotografie degli eventi, erano almeno due cose: una era che sebbene molti si presentassero alle spalle di Guaidó, certamente non erano le folle da 700.000 a un milione di persone che aveva promesso. L’altra era la bizzarra assenza di tutti i soldati venezuelani da quasi tutte le fotografie e dalla copertura televisiva in diretta. Il modo in cui potrebbero mantenere una presenza rilevante, e tuttavia rimanere invisibili ai media, è piuttosto un successo, che nega ai media qualsiasi attimo meritevole, opportunamente montato, di suscitare sdegno. Naturalmente anche ciò che era assente – e lo sapevamo – erano le prove della fame dei venezuelani. Essendo cresciuto in una società satura di immagini mediali dell’ormai classico “etiope affamato”, corpi emaciati con ventri dilatati, è interessante notare che i media golpisti non riescono a sfoggiare una tale esibizione con il Venezuela – che è poi lo stesso Venezuela con i supermercati imbottiti di merci.
Attenzione alle “false notizie” alternative
Questi postscriptum sono intesi come memorandum di RT, CNN ed altri: si prega di controllare le proprie fonti per l’affermazione secondo cui l’ex Segretario di Stato americano Elliot Abrams è stato più volte implicato nel contrabbando di armi con sembianze di aiuti umanitari. Per quanto l’immagine possa sembrare accattivante, è un racconto malevolo e banale che suscita sospetti. Generalmente non supera il test dell’odorato: controllare gli ultimi due collegamenti per ulteriori approfondimenti e consultare anche la pagina di Wikipedia. Dopotutto, Abrams era un funzionario del Dipartimento di Stato e non un agente operativo sul campo. Inoltre, viene accusato delle operazioni condotte dal tenente colonnello Oliver North e dalla CIA. Il camuffamento di “aiuti umanitari” era rivolto al Congresso degli Stati Uniti: il Congresso aveva stanziato fondi per gli aiuti umanitari, e alcuni fondi erano stati utilizzati in modo scorretto per armare i Contras illegalmente. Non era un segreto che anche gli Stati Uniti armassero i Contras: erano appoggiati dagli Stati Uniti ed erano ben armati. La maggior parte di questi aiuti andarono alle basi statunitensi in El Salvador e in Honduras (alleati degli Stati Uniti), dove non c’era bisogno di “camuffare” l’aiuto, e andò ai Contras, una forza militare – di nuovo senza bisogno di camuffare l’aiuto. Non è come se Abrams avesse chiamato i leader di Contra e li avesse sorpresi: “Vi stiamo mandando dei sacchi di riso. Ma siamo noi? Occhio!, occhio!”. Certamente non stavano ingannando il governo del Nicaragua, e il Nicaragua non permetteva alcun “aiuto” solo per scoprire, in qualche modo, che non era affatto un aiuto umanitario vero – questo non è mai successo. Le autorità del Nicaragua hanno catturato un pilota americano, dopo che un volo illegale è precipitato in Nicaragua, rivelando il contenuto di ciò che gli Stati Uniti stavano inviando ai Contras: armi, quando il Congresso aveva vietato gli aiuti militari ai Contras. Abrams era solo uno dei tanti personaggi della storia, e non il più direttamente coinvolto.
L’accusa del “cavallo di Troia” è interpretata erroneamente e trasformata in qualcosa di ridicolo. Nessuna persona seria pensa che gli Stati Uniti stiano cercando di contrabbandare armi nelle scatole degli aiuti umanitari degli Stati Uniti, di fronte a migliaia di telecamere alla chiara luce del giorno. Ecco perché voli non-così-segreti esistono ancora. L’idea del “Cavallo di Troia” sembra invece un po’ troppo complicata per i media che preferiscono le versioni da cartone animato. L’argomento serio è che l’aiuto era inteso a sostenere il potere di Guaidó, poiché l’aiuto andava direttamente all’opposizione; e, l’aiuto avrebbe eluso espressamente le legali e legittime autorità governative del Venezuela, e avrebbe quindi avuto lo scopo di minare la loro autorità. Inoltre, Guaidó ha parlato degli “aiuti” come di quello che avrebbe creato un “corridoio umanitario” – riecheggiando la terminologia usata dagli Stati Uniti in Siria – e che avrebbe significato strappare territori dalle mani dello stato venezuelano, permettendo così agli Stati Uniti, quando ci fosse stato bisogno, un passaggio libero verso l’interno e verso l’esterno. Inoltre, lo scontro auspicato (che non si è concretizzato nella misura in cui si temeva) avrebbe potuto servire da pretesto per scaldare l’opinione internazionale a favore di un “salvataggio” militare statunitense. Questo è lo scopo del cavallo di Troia in questo caso – non si tratta di granate dentro sacchi di riso. D’altronde il presidente Nicolás Maduro non ha “rifiutato” nessun cosiddetto “aiuto” dagli Stati Uniti, perché nessuno gli è stato offerto. L’unica cosa che il governo venezuelano ha fatto è stato quello di bloccare i suoi confini dall’essere usati per scopi illegali da potenze straniere – suo diritto sovrano. Lo ha fatto e ha vinto.
È tenue anche la storia, ripetuta più volte su RT, la quale sembra avere una grande gioia nel criticare i resoconti dei rivali come la CNN, riguardo la “chiusura”, da parte delle autorità venezuelane, del ponte di Tienditas, costruito nel 2016 e apparentemente mai aperto (un ponte verso il nulla? ). Le autorità venezuelane hanno infatti spostato alcuni container per bloccare quel ponte, e sono state registrate mentre lo facevano dalle autorità colombiane il 5 febbraio di quest’anno. Inoltre, e questo è il punto più importante: Maduro ha ripetutamente affermato che qualsiasi tentativo di portare gli aiuti in Venezuela sarebbe stato bloccato. Non c’è mai stato nemmeno il minimo accenno al fatto che Maduro si sarebbe semplicemente messo da parte e li avrebbe lasciati passare. Sembra che alcuni giornalisti stranieri siano divisi dalla loro lealtà partigiana e creino l’apparenza di voler la botte piena e la moglie ubriaca: l’aiuto umanitario non è per scopi umanitari, ed è stato denunciato da molte delle principali agenzie umanitarie internazionali, ma non è come se il Venezuela chiudesse un ponte per impedire agli aiuti di raggiungere le masse sofferenti – questa sembra essere la loro strana contorta narrativa, progettata per soddisfare più collegi elettorali in competizione. Si spera che gli eventi del 23 febbraio chiariscano eventuali malintesi persistenti, da qualsiasi lato provengano.
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Articolo di Maximilian C. Forte pubblicato su Zero Anthropology il 24 febbraio 2019
Traduzione in italiano di Pappagone per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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