Il cambio d’anno dovrebbe essere il momento in cui si fanno i bilanci e si mettono in cantiere i progetti, e  anche a Saker Italia  abbiamo riflettuto su come impiegare le nostre poche forze per raggiungere sempre più persone.

Siamo partiti da una serie di ipotesi su cosa succederà nei prossimi anni, supposizioni che condividiamo con voi:

  • il declino politico e l’impoverimento delle classi medie in Europa e nel nostro paese continueranno, perché non è stato rimosso nessuno dei fattori che li ha provocati (unione monetaria, globalizzazione incontrollata, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, subalternità dei paesi periferici alle esigenze politiche ed economiche degli stati egemoni, in primo luogo Stati Uniti e Germania, etc.)
  • il deterioramento delle condizioni di vita farà lievitare lo scontento ed il dissenso. Pur in assenza di strumenti ideologici e politici capaci di canalizzare questi sentimenti in modo efficace, la disperazione crescente finirà nel medio periodo per diventare sempre meno controllabile dal personale politico che si occupa di gestire il “pilota automatico”
  • La democrazia, ormai ridotta a mera formalità, verrà quindi ulteriormente svuotata, e in particolare la stretta colpirà l’informazione, l’ambito in cui opera Saker Italia. In Italia siamo ormai in campagna elettorale: è probabile che il giro di vite arriverà prima del 4 marzo.

Nulla di nuovo, né di particolarmente originale in tutto ciò: si vedano le intuizioni di Dani Rodrik, che risalgono a dieci anni fa, e, per approfondimenti, il lavoro, anch’esso pluriennale, di Alberto Bagnai.

Concentriamoci sull’informazione, uno snodo cruciale della battaglia politica in corso. Non vogliamo qui esplorare l’intero paniere di conseguenze dell’irruzione della rete nel sistema mediatico. Limitiamoci a prendere atto del fatto che, mentre la presa del pensiero unico sui media tradizionali appare totale (chiunque sa per esperienza che giornali e telegiornali sono, con pochissime eccezioni, tutti uguali, dal momento che tutti ripetono all’infinito l’unica agenda disponibile, il che, sia detto per inciso, li sta portando all’estinzione), l’informazione online presenta, assieme ad ovvie problematiche di trasparenza, anche una varietà ed una accuratezza ormai sconosciute al di fuori della rete.

La campagna rabbiosa di massime cariche istituzionali contro le cosiddette fakenews e i deliranti proclami sull’interferenza russa nelle varie elezioni non sono altro che una spia del fatto che oramai la controinformazione è intollerabile per le élites. Si giungerà quindi, o meglio, si è già giunti, ad una resa dei conti.

Allontanate le masse dalla politica non resta altro che un processo elettorale (il famoso “rischio elezioni”) che può essere disinnescato a valle e a monte. A valle, se ad urne chiuse non esce il nome auspicato dall’establishment, ci penseranno i vari servizi di sicurezza a “certificare” (senza possibilità di riscontro, ovviamente) che la consultazione è stata “inquinata” e quindi delegittimata dal Cattivo del Cremlino (che pacchia per la CIA: nel secolo scorso doveva sudare sangue e organizzare colpi di stato, ora sono le “democrazie” a chiederle gentilmente di essere certificate!)

A monte il cavallo della controinformazione verrà affamato prosciugando i canali di alimentazione di ogni piattaforma informativa online: Google, Facebook, Twitter. La censura diretta, del tipo di quella ipotizzata nel disegno di legge Gambaro e nel progetto di legge di Macron in Francia, è infatti palesemente autoritaria. Meglio puntare sulle magagne del sistema dei social e dei motori di ricerca, un sistema apparentemente aperto, in realtà torbido ed affidato a pochi giganti che di fatto svolgono un servizio pubblico (…social…) ma restando inaccessibili nelle finalità e nel modus operandi. Giganti che possono essere costretti con le buone o con le cattive a “collaborare” facendo il lavoro sporco, e lasciando i controinformatori a confezionare bellissimi blog letti dai loro stretti famigliari.

Ci limitiamo a citare, per far capire ciò che intendiamo dire, alcune notizie, tutte emerse nel contesto della caccia alle streghe del russian medding:

Questo, si badi, è ciò che è venuto a galla. Potrebbe però trattarsi solo della punta dell’iceberg.  In effetti,  essendo gli algoritmi di Facebook, Twitter e Google segreti come e più della formula della Coca Cola, non possiamo avere nessuna certezza del fatto che le cose non stiano assai peggio di così, ed anzi dobbiamo avere il legittimo sospetto che sia proprio questo il caso. A queste condizioni continuare a lavorare su Facebook, Twitter, e Google rischia di divenire impresa sempre più ardua. Si veda questo illuminante grafico, che rappresenta visivamente l’escalation della “repressione” sui social dominanti in un solo anno:

Questa la diagnosi? E i rimedi. Per chi vuole continuare ad usare Facebook e seguire la nostra pagina a dispetto dell’algoritmo si può attivare la spunta “mostra per primi”: spieghiamo qui nel dettaglio come fare.

E poi c’è Telegram. In Italia Telegram è ancora relativamente poco diffuso (3 milioni e mezzo di utenti contro i 22 di WhatsApp e i 15 di Facebook Messanger lo scorso luglio) e tuttavia la facilità di utilizzo, la versatilità e la completezza del servizio, unite alla maggiore garanzia di riservatezza, stanno regalando al network di Pavel Durov una sempre maggiore diffusione. La cosa più importante è la diffusione di un numero crescente di canali Telegram con contenuti informativi, che rende questo strumento una fonte di notizie in tempo reale molto popolare in numerosi paesi non occidentali (fra cui la Russia). Non a caso la piattaforma di Pavel Durov si sta guadagnando gli onori della cronaca per il ruolo svolto nelle manifestazioni iraniane (interessante uno scambio con Snowden che mostra le potenzialità ed i limiti dell’applicazione). Abbiamo quindi deciso che nella corsa apparentemente senza fine fra la libera informazione e la censura, Telegram potrebbe essere la prossima frontiera, più ancora di Vkontakte e di Odnoklassniki, non utilizzati a fini social in Italia e quindi destinati, a nostro avviso, a rimanere realtà di nicchia.

Il nostro primo canale, Saker Italia, conterrà solo le notifiche dei pezzi pubblicati (riceverete quindi poche notifiche al giorno). Stiamo però valutando la creazione di un secondo canale in cui riversare tutte le notizie e gli aggiornamenti (anche da social tradizionali) interessanti, in modo da garantire a chi ci seguirà una copertura più completa. Se volete farci sapere che ne pensate nei commenti ci sarà utile.

Parliamoci chiaro: nel nostro mondo ideale strumenti come Telegram, che sono sottratti al controllo delle autorità e che quindi si prestano ad agevolare anche le comunicazioni illegali, o come i social tradizionali, non sarebbero l’ultima risorsa per il cittadino in cerca di informazioni. Basta leggere questa intervista di Durov a Startup Italia per rendersi conto dei limiti (oltre che delle potenzialità) del progetto Telegram. Sogniamo una informazione patrimonio pubblico, un ambiente di libertà e pluralismo garantiti da un quadro normativo nazionale chiaro sia nell’ambito social media che in quello motori di ricerca, entità che dovrebbero quanto meno rendere pubblica e trasparente la propria prassi operativa ed utilizzare server materialmente presenti sul territorio nazionale.

Purtroppo siamo lontani anni luce da questa prospettiva e le istituzioni, invece di farsi garanti della libertà di espressione e di opinione, bandiscono crociate intese a reprimerle. E’ per questo che vi chiediamo di seguirci su Telegram (qui abbiamo preparato istruzioni dettagliate su come creare un profilo e su come seguire il nostro canale), come ci avete seguito su Facebook e Twitter: perché nel tempo in cui viviamo la lepre della libera informazione deve essere sempre un pezzo (tecnologicamente) avanti ai segugi della censura. E avere molto fiato.

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