Una delle migliori saghe da cardiopalmo, quella che alcuni anni fa ho battezzato Pipelineistan [in inglese], ha avuto una svolta definitiva.
Il gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (TAPI), da 8 miliardi di dollari e lungo 1.814 chilometri, è stato ufficialmente inaugurato venerdì, in pompa magna, sul confine turkmeno-afghano vicino a Herat, con trasmissione in diretta dalla TV di stato afghana.
Il presidente afghano Ashraf Ghani ha ospitato [in inglese] il Primo Ministro pakistano Shahid Khaqan Abbasi, il presidente del Turkmenistan Gurbanguly Berdymukhamedov e il ministro indiano per gli affari esteri M.J. Akbar.
Supponendo che non ci siano grandi inconvenienti – e questo è un “se” importante – il TAPI dovrebbe in teoria, essere completato entro il 2020. Finora, tuttavia, non sono state rispettate moltissime scadenze.
Il TAPI semplicemente non può esistere senza l’approvazione dei Talebani. Secondo una dichiarazione del portavoce dei Talebani, Qari Mohammad Yusuf Ahmadi:
l’Emirato islamico considera questo progetto un elemento importante delle infrastrutture economiche del paese e ritiene che la sua corretta attuazione avvantaggi il popolo afghano. Noi annunciamo la nostra collaborazione nel fornire sicurezza per il progetto nelle aree sotto il nostro controllo.
Un’altra fazione talebana, guidata dal mullah Mohammad Rasool, ha anche fatto sapere, tramite il portavoce Mullah Abdul Manan Niazi, che:
non permetteremo a nessun gruppo o stato di sabotare questo progetto.
Tutto questo è un codice per i Talebani di ritagliarsi la loro fetta di torta – il che sembra essere stato il punto chiave della contesa sin da quando la prima amministrazione Clinton decise che con gli allora governanti dell’Afghanistan si potesse fare affari.
Quindi, quando il portavoce Ahmadi afferma che il TAPI era inizialmente previsto quando i Talebani erano al potere a Kabul dal 1996 al 2001, ha ragione. Ai Talebani furono servite cene e bevute a Houston nel 1997, come ho riferito su Asia Times, ma non ne uscì fuori nulla. La contrattazione riguardava le tasse di transito.
Per Kabul, d’ora in poi, il gioco riguarda la gestione adeguata della sicurezza [in inglese], dalla costruzione fino alla operatività. Dopotutto, questo progetto è importante per la creazione di posti di lavoro, destinato a coinvolgere 30.000 lavoratori afghani e con una resa annuale di 500 milioni di dollari in diritti di transito a favore di Kabul.
Giravano delle voci che ad Herat un gruppo di jihadisti non identificati, secondo quanto si diceva addestrati in Iran, sarebbero stati in procinto di attaccare la cerimonia di inaugurazione. Non c’è stata alcuna conferma al riguardo – sia da fonti afghane che iraniane. Persino il presidente Ghani ha respinto quest’idea stravagante secondo cui Teheran avrebbe voluto sabotare il TAPI.
Le voci dovrebbero essere ricondotte a una mini-guerra fredda del Pipelineistan tra il TAPI e l’IPI – il gasdotto Iran-Pakistan-India – in competizione fra loro, quest’ultimo, sotto la pressione delle amministrazioni Bush e Obama, è stato in definitiva ridotto ad IP.
Una situazione vantaggiosa per tutti
Il TAPI è un ottimo affare per Ashgabat – poiché consente al Turkmenistan di diversificare finalmente i suoi mercati di esportazione invece di affidarsi interamente alla Cina, il suo principale cliente. Gurbanguly, inoltre, vuole anche integrare il TAPI in un corridoio di energia/IT/connettività.
Washington sostiene TAPI – e non IPI/IP – perché la sua principale fonte di finanziamento è l’Asian Development Bank (ADB), guidata dal Giappone, e perché rappresenterebbe un fattore chiave di stabilità per unire Afghanistan, Pakistan e India.
Dal punto di vista di Islamabad, sia il TAPI che l’IP sono assolutamente necessari. Il TAPI soddisferà almeno il 20% del fabbisogno di gas naturale del Pakistan e il 10% del suo fabbisogno energetico.
In termini economici e geopolitici, un cordone ombelicale d’acciaio snodantesi lungo l’intersezione dell’Asia centrale e meridionale può essere solo vantaggioso per tutti.
Quella che abbiamo qui è una svolta importante in termini di integrazione eurasiatica. Il corridoio energetico in Turkmenistan ora in corso si collegherà alla fine con uno dei principali progetti della Belt and Road Initiative (BRI), il corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), aumentando nettamente la connettività centro-asiatica.
Perfino New Delhi, nonostante le sue immense riserve riguardo al CPEC, sta ora chiamando il TAPI, tramite il Ministro Akbar, come “un simbolo dei nostri obiettivi” e “una nuova pagina di cooperazione” tra le quattro nazioni.
Inoltre, il TAPI si aggiunge alla connettività indiana con l’Asia centrale passante dall’Afghanistan, come incarnato dall’investimento di Nuova Delhi nel porto di Chabahar, in Iran.
Ghani, da parte sua, ha dichiarato:
Speriamo che la nostra prossima generazione vedrà questo oleodotto come fondamento di una posizione comune nella nostra regione mirante al miglioramento della nostra economia, all’aumento dei posti di lavoro e all’incremento della nostra sicurezza, confermando del tutto la nostra lotta contro gli estremisti.
Ma il pezzo chiave del puzzle è il suo riconoscere pubblicamente che l’Afghanistan, lentamente ma inesorabilmente, potrebbe ora posizionarsi – finalmente – come raccordo tra l’Asia centrale e l’Asia meridionale.
Il prossimo passo verrà dalla Shanghai Cooperation Organization (SCO) – con Russia, Cina, India, Pakistan e Iran impegnati a terminare finalmente la guerra in Afghanistan.
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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Asia Times il 26 febbraio 2018
Traduzione in italiano di Pappagone per SakerItalia
[le note in questo formato sono a cura del traduttore]
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