Il Kazakistan è diventato il luogo chiave degli intrighi geopolitici nello spazio post-sovietico

Kazakhstan's unrest ahead of the Geneva talks: any link?Durante le feroci, sempre più vaste e sanguinose rivolte nella Repubblica del Kazakistan, il 6 gennaio è stata lanciata nel paese una missione di mantenimento della pace della CSTO, su richiesta delle sue legittime autorità. L’essenza e i compiti della missione sono stati descritti dal Segretario Generale dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva Stanislav Zas: “Il primo è la protezione delle strutture strategiche più importanti del governo; e il secondo è l’assistenza nel mantenimento dell’ordine pubblico, in modo che le persone possano sentirsi al sicuro”.

Un ulteriore, ma vitale aspetto non ufficiale della missione è la prevenzione di conflitti etnici in grado di causare la “libanizzazione”, così come la protezione di milioni di russi e di milioni di kazaki di lingua e cultura russa dai membri delle tribù impantanate nello sciovinismo che li chiamano sprezzantemente “asphaltic”. Queste persone sono molto vulnerabili anche sotto l’attuale governo, con il suo incoraggiamento all’etnocrazia strisciante, mentre il successo della “rivoluzione della dignità” locale rende la loro situazione molto più intricata e tragica.

Una delle cause principali per soddisfare la richiesta delle autorità kazake di assistenza è stato l’appello del presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokaev al fatto che il nucleo delle forze antigovernative sono in realtà terroristi internazionali. Il Ministero degli Esteri russo ha inoltre valutato gli eventi in Kazakistan come ispirati dall’esterno.

Non dovrebbe passare inosservato che i disordini, come in altri casi simili, sono iniziati con veri e propri fenomeni socio-economici e politici negativi originati dal governo stesso. Ma va anche notato che gli eventi del Kazakistan hanno un importante contesto internazionale e alcune circostanze nascoste.

Anche dopo i tragici eventi di un decennio fa a Zhanaozen, quando le forze di sicurezza usarono le armi per disperdere le proteste dei lavoratori, i media kazaki fomentarono l’idea di un possibile coinvolgimento dei servizi speciali occidentali, in particolare americani. Versioni di questo tipo possono benissimo essere considerate cospirazioni. Ma il numero in costante aumento delle ONG occidentali e delle cellule di “soft power”, sia sotto Nazarbaev che sotto il suo successore, è assolutamente aperto, trasparente e non mascherato. Al momento, il loro numero ha raggiunto le 22mila.

Così, nel 2020 si è saputo (ne abbiamo scritto) che il Dipartimento di Stato americano avrebbe sviluppato “angoli americani” in Kazakistan. È stato annunciato un piano per stanziare circa tre dozzine di sovvenzioni che vanno da 2,5 mila a 50.000 dollari ciascuna per lo sviluppo di questi luoghi. Gli “angoli americani” sono stati chiamati centri culturali ed educativi nella repubblica, dove dovrebbero essere sviluppati “programmi educativi su imprenditorialità, economia, alfabetizzazione mediatica, patrimonio culturale, innovazione, clima e altre questioni”. Quasi tutte le città chiave del Kazakistan sono state designate come luogo di spiegamento dei programmi. I giornalisti kazaki hanno immediatamente riconosciuto che una delle priorità era coltivare e rafforzare il sentimento anti-russo, qualcosa del tipo “sono stati i russi ad organizzare un genocidio con carestia, e ucciso 3,5 milioni di kazaki”.

Inoltre, sotto Trump, è arrivato in Kazakistan il nuovo ambasciatore americano William Moser, un diplomatico esperto e un buon specialista in materia di “soft power” e riprogettazione del sentimento pubblico. Moser, essendo l’ambasciatore degli Stati Uniti in Moldavia, ha visitato le “marce” LGBT, ed è stato visto al Maidan di Kiev.

In realtà, con tutta la differenza essenziale tra l’insieme dei parametri delle proteste del Maidan e kazake, ci sono anche alcune caratteristiche comuni. Pertanto, il ruolo di ispiratore morale e coordinatore dei disordini è stato assunto dall’oligarca latitante ed ex ministro Mukhtar Ablyazov, che presumibilmente si trova a Parigi, mentre Kiev ospita il suo quartier generale impegnato nel coordinamento dei disordini e nel supporto informativo. Ovunque si trovi personalmente, Ablyazov diffonde appelli rivelatori sui social network, come: “Saremo come i kirghisi, gli ucraini, i georgiani, gli armeni, che hanno rovesciato il loro stesso regime velenoso! Saremo come gli americani, i francesi, i tedeschi, gli italiani, e costruiremo un paese fantastico come l’America e l’Europa!” A proposito, il famigerato Dmytro Yarosh dà consigli ai manifestanti su come sconfiggere le autorità.

Interessante anche la posizione dell’Occidente e delle altre potenze, con i loro interessi legati al Kazakistan. Nel suo discorso, il Ministero degli Esteri turco ha augurato una pronta guarigione alle vittime degli scontri, nonché pace e tranquillità alla popolazione del Kazakistan, e ha espresso la speranza della fine dello scontro nel prossimo futuro. In tal modo Ankara, non essendo riuscita naturalmente e pragmaticamente a sostenere l’opposizione (dopotutto ha buoni rapporti con le autorità), si è effettivamente posizionata al di sopra della lotta, e pronta a interagire con qualsiasi vincitore.

Né la diplomazia europea né quella statunitense hanno espresso sostegno esplicito ai rivoltosi, ma hanno chiesto una soluzione pacifica e, di fatto, negoziati tra le autorità e l’opposizione. A quel punto, la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha dubitato della legittimità della missione di mantenimento della pace della CSTO in Kazakistan. Inoltre, il Segretario di Stato americano Blinken ha tenuto colloqui significativi sulla situazione in Ucraina e Kazakistan con il Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, un paese con cui l’élite kazaka ha legami finanziari e immobiliari strettissimi. E, cosa abbastanza interessante, è stato al culmine del successo dei disordini che la suddetta Psaki ha affermato che Washington non intendeva rispondere in modo articolato alle precedenti proposte di sicurezza della Russia.

Ovviamente, in vista dei prossimi colloqui russo-americani a Ginevra, della riunione di Bruxelles del Consiglio Russia-NATO e della riunione di Vienna del Consiglio OSCE, è in corso un gioco geopolitico in diverse parti dell’Eurasia, e il Kazakistan è diventato il luogo chiave dall’oggi al domani. Non meno ovviamente, la rigidità della Russia nella difesa dei propri interessi nello spazio post-sovietico è essenziale per almeno un certo successo in questi negoziati. I primi casi di legame logico tra rigidità ostentata e successo dell’esito sono già evidenti nella pratica, poiché la mattina del 6 gennaio ha visto la missione CSTO tradursi da intenzione in realtà, mentre la sera la stessa Psaki ha affermato che non avrebbe messo a repentaglio i negoziati. E il capo del servizio stampa del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha dichiarato la disponibilità di Washington ad aiutare le autorità kazake a risolvere i problemi che hanno causato i disordini.

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Articolo di Stanislav Smagin pubblicato su Inforos il 7 gennaio 2022
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

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