L’Asia centrale è stata a lungo uno dei fronti chiave nella battaglia ideologica americana e nella guerra informativa contro la Russia.
Un anno fa, la piattaforma di intelligence geopolitica americana Stratfor ha pubblicato [in inglese] le sue previsioni sulla politica americana in Asia centrale, che focalizzerà molta attenzione sulla Russia. Gli analisti di questa agenzia, che è soprannominata la “CIA ombra”, in questa previsione hanno indicato che gli Stati Uniti stanno cercando di rafforzare i legami con i paesi alla periferia dell’ex Unione Sovietica – dall’Europa orientale al Caucaso e all’Asia centrale – per esercitare maggiore pressione sulla Russia. Sarà condotta una guerra geopolitica contro la Russia, o una battaglia multi-dominio, per usare la terminologia militare americana, che colpirà le sfere politica, economica, energetica e militare.
Washington ha da tempo identificato le repubbliche dell’Asia centrale e l’Afghanistan come una “zona di interessi nazionali statunitensi”, motivo per cui questa regione è interessata su tutto lo spettro dalle campagne di informazione americane. Per rendere efficaci queste campagne, non solo i cosiddetti media “indipendenti” e le ONG filo-occidentali, che gli Stati Uniti hanno impegnato a fondo nella regione dando un enorme contributo in Asia centrale negli ultimi anni, ma sono stati anche reclutati specialisti militari in guerra informativa, militari del 4° Gruppo Operazioni Psicologiche dell’esercito degli Stati Uniti. L’8° Gruppo Operazioni Psicologiche è responsabile dei lavori in Asia centrale, e gestisce il portale di informazione Caravanserai, un sito web creato appositamente per contrastare la Russia, sponsorizzato dal Comando Centrale degli Stati Uniti e destinato ai residenti in Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan
L’obiettivo principale condiviso dalla maggior parte delle campagne di informazione che Washington sostiene è quello di separare la popolazione regionale dalla Russia, mentalmente e psicologicamente, e di minare la posizione della Russia in Asia centrale. Le campagne si rivolgono principalmente ai giovani, nella speranza che in questi paesi i leader del futuro siano educati su ideali “democratici” occidentali, e saranno quindi meno propensi a collaborare con la Russia.
Programmi speciali vengono lanciati e attuati da ONG e media “indipendenti” per contrastare l’influenza della Russia nei paesi della CSI. Ad esempio, un nuovo programma quinquennale chiamato MediaCAMP è stato presentato alla fine dello scorso anno in Kazakistan e Tagikistan, un programma gestito in Kazakistan, Tagikistan e Uzbekistan da una ONG americana chiamata Internews Network (California, USA), e riceve ingenti finanziamenti dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID). Il programma ha un budget di 15 milioni di dollari. Il suo obiettivo ufficiale è “sviluppare un ambiente informativo più equilibrato”, ma in realtà viene utilizzato per un’intensa propaganda anti-russa. Nel 2007 Internews Network ha sospeso l’attività in Russia, ma fino ad oggi ha continuato a funzionare in modo efficiente nella maggior parte dei paesi dell’Asia centrale. L’agenzia USAID, finanziata dal governo federale degli Stati Uniti, ha gestito anche programmi in Russia fino al 2012, quando è stata messa al bando.
Un chiaro esempio del coinvolgimento degli Stati Uniti in questa guerra informativa anti-russa in Asia centrale è il materiale che è stato pubblicato alla fine di gennaio dal portale di informazioni del Pentagono Caravanserai, menzionato in precedenza, che spinge i paesi dell’Asia centrale a passare all’alfabeto latino. Allo stesso tempo, Washington non cerca di nascondere il fatto che gli specialisti in guerra informativa spingono le persone ad usare l’alfabeto latino invece dell’alfabeto cirillico, e fa parte del loro piano perché agisce principalmente come uno strumento per mettere un cuneo culturale tra la Russia e le repubbliche dell’Asia centrale, e cancellerebbe la presenza storica della lingua russa in Eurasia, restringendo sempre più la sfera culturale e la sfera informativa di lingua russa.
È importante ricordare che il vasto processo di trascrizione in cirillico di quasi tutte le lingue parlate nell’Unione Sovietica, iniziato nel 1935, fu una delle misure prese dal governo sovietico per unire le persone nell’ex Unione Sovietica. Ciò includeva la traslitterazione di lingue con una ricca tradizione scritta, interrotta dalle riforme della fine degli anni ‘20, e di lingue che solo di recente avevano adottato una forma scritta. Nel 1940, la “cirillizzazione di tutto il paese” venne in gran parte completata. Dozzine di lingue acquisirono un sistema di scrittura che le univa alla sfera culturale russa, ed era essenzialmente la prima volta che chi parlava queste lingue riceveva l’accesso ad un unico spazio eurasiatico per condividere informazioni. Dopo che la Seconda Guerra Mondiale si concluse con la vittoria sovietica nel 1945, l’alfabeto cirillico si consolidò ulteriormente come l’alfabeto principale nell’Unione Sovietica, e nel blocco orientale che stava iniziando a prendere forma (ad esempio, l’alfabeto cirillico fu introdotto in Mongolia).
Ecco perché gli sponsor di Caravanserai non vedono la sostituzione dell’alfabeto cirillico con l’alfabeto latino solo come una specie di atto simbolico; intendono anche mettere un cuneo mentale e psicologico tra i paesi dell’Asia centrale e la Russia. Questo è lo scopo preciso del conflitto linguistico e della russofobia che Washington ha incoraggiato negli stati baltici, in Ucraina e in alcuni paesi del Caucaso.
È stata Washington ad iniziare a mescolare le cose, sottolineando la necessità della latinizzazione nei paesi dell’Asia centrale attraverso vari canali sotto il suo controllo in Kazakistan, dove il russo non è solo una lingua madre dei russi etnici che vivono lì, ma anche di molti dei kazaki, ucraini, tedeschi e coreani che vivono in Kazakistan. Ora la lingua russa è stata persino cancellata dalle banconote nazionali del Kazakistan, i tenge. Circa 300 mila persone sono emigrate dal Kazakistan negli ultimi 10 anni, la maggior parte delle quali di etnia slava e questo, in una certa misura, è dovuto a questa politica. Com’è stato detto in un articolo pubblicato sul quotidiano polacco Rzeczpospolita nel novembre 2017, “abbandonando l’alfabeto cirillico, Nazarbaev sta tagliando il cordone ombelicale con la Russia”.
La latinizzazione è stata sostenuta anche in Kirghizistan e Uzbekistan.
Tuttavia, come abbiamo visto negli ultimi anni, il passaggio all’alfabeto latino è stata chiaramente un’esperienza infelice in Uzbekistan e Kazakistan. Pertanto, vale la pena ricordare che l’Uzbekistan ha guardato al modello turco nei suoi primi anni di indipendenza, e che il passaggio all’alfabeto latino è stato visto come una sorta di “base per l’unità”. Il passaggio all’alfabeto latino ha simboleggiato l’identità nazionale e l’indipendenza anche per le nuove autorità uzbeke. Al momento, tuttavia, nessuno si è fermato a considerare il lato finanziario di questa transizione, i costi associati alla traslitterazione di un enorme archivio di letteratura dal cirillico alla scrittura latina. Un’altra cosa che nessuno ha previsto è stato il conflitto tra generazioni che leggono in diversi alfabeti. Le relazioni tra l’Uzbekistan e la Turchia si sono raffreddate in un breve lasso di tempo, l’alfabeto è rimasto lo stesso, ma l’educazione del paese ha subito una perdita significativa, cosa che ha influenzato anche l’alfabetizzazione di base.
I tentativi di passare al latino hanno scatenato problemi significativi in Kazakistan. Negli 80 anni trascorsi da quando il Kazakistan è passato dalla transizione in arabo a quella in cirillico, in questo paese è stata creata un’enorme rete di biblioteche, anche in villaggi remoti. Il paese ha già raggiunto un tasso di alfabetizzazione del 100%, il che significa che nel passaggio ad un nuovo alfabeto dovrà cambiare l’intera “matrice” del pensiero dell’intera popolazione, e ciò comporterà non solo significativi costi finanziari, ma potrebbe anche creare conflitti generazionali.
Le persone nella regione hanno risposto il più rapidamente possibile ai tentativi che l’Occidente ha fatto per sostituire l’alfabeto cirillico con l’alfabeto latino. Hanno sempre più iniziato a rendersi conto che non ha senso effettuare questa transizione. Il russo è comunque una seconda lingua nei paesi dell’Asia centrale, questi stati sono geograficamente, economicamente, politicamente e linguisticamente distanti dall’Occidente e sono membri dell’Unione Economica Eurasiatica, dove la lingua di lavoro è il russo. Date queste circostanze, vi è una crescente comprensione del fatto che questo problema richiede un approccio logico e un certo senso comune, e che i problemi linguistici non dovrebbero essere politicizzati.
Varie ONG straniere, come Freedom House e altre organizzazioni simili, hanno interferito negli affari interni degli stati dell’Asia centrale, distruggendo il patrimonio linguistico e culturale delle persone che vi abitano, e rappresentano chiaramente una minaccia per il loro ordine costituzionale, una minaccia proveniente dall’esterno della regione, quindi non sorprende che questo tema sia stato discusso sempre più intensamente negli ultimi anni, con un tono negativo sempre più clamoroso.
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Articolo di Vladimir Odintsov pubblicato su New Eastern Outlook il 4 dicembre 2019
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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gli USA non comprendono che la loro azione di imporre la sostituzione di una lingua e scrittura nei paesi del mondo ex sovietici non potrà attecchire culturalmente semplicemente perché i nativi autoctoni comprendono che cambiare alfabeto significherebbe favorire la colonizzazione culturale del loro habitat .
Rammentiamoci che in Europa quando cadde l’impero romano il latino s’imbarbarì e poi scomparve come lingua viva e rimase in vita come lingua morta dell’antichità per i soli dotti che custodivano il sapere scritto nei testi in latino ,anch’esso sconfitto dalle lingue degli imperi occidentali successivi.
Per gli americani in Asia la vedo dura anche perché i Russi e Putin non staranno fermi ma faranno un po’ di propaganda in video dei delitti USA in tempo di Pace e di Guerra.E qui proprio non ci sarà storia.