E’ impossibile non incominciare dall’ultima scossa di una serie di sorprendenti terremoti geopolitici.

Esattamente 20 anni dopo l’11 Settembre e il conseguente attacco della Guerra Globale al Terrore, i Talebani terranno una cerimonia a Kabul per festeggiare la loro vittoria di quella sbagliata Guerra Eterna.

Quattro esponenti chiave dell’integrazione euroasiatica (Cina, Russia, Iran e Pakistan), insieme a Turchia e il Qatar, saranno ufficialmente presenti e assisteranno al ritorno ufficiale dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan. In termini di contraccolpi, questo è a dir poco intergalattico.

La trama si infittisce quando abbiamo un portavoce talebano, Zabihullah Mujahid, che sottolinea con forza che “non c’è prova[in inglese] che Osama Bin Laden fosse coinvolto nell’11 Settembre. Ha quindi dichiarato che “non c’era alcuna giustificazione per una guerra, ma era una scusa per la guerra”.

Solo pochi giorni dopo l’11 Settembre, Osama Bin Laden, sempre incline alla pubblicità, ha rilasciato questa dichiarazione [in inglese] ad Al Jazeera: “Vorrei assicurare al mondo che io non ho pianificato i recenti attacchi, che sembrano essere stati pianificati per motivi personali di qualcuno (…). Vivo nell’Emirato Islamico dell’Afghanistan e seguo le regole dei suoi leader. I leader attuali non mi permettono di fare operazioni di questo tipo”.

Il 28 settembre Osama Bin Laden fu intervistato dal giornale urdu Karachi Ummat. Lo ricordo bene perché facevo continuamente il pendolare tra Islamabad e Peshawar, e il mio collega Saleem Shahzad di Karachi l’aveva portato alla mia attenzione.

Il saudita Osama Bin Laden, presunta mente del terrore, in un video girato “di recente” in un luogo segreto in Afghanistan. E’ stato mandato in onda da Al Jazeera il 7 ottobre 2001, il giorno che gli Stati Uniti hanno bombardato per rappresaglia i campi, le basi aeree e le installazioni di difesa aerea dei terroristi, nella prima fase della loro campagna contro il regime talebano per aver dato rifugio a Bin Laden. Foto: screen shot AFP/Al Jazeera

Questa è una traduzione approssimativa del Foreign Broadcast Information Service, collegato alla CIA: “Ho già detto di non essere coinvolto negli attacchi dell’11 Settembre negli Stati Uniti. Come musulmano, faccio del mio meglio per evitare di mentire. Non sono neanche mai stato a conoscenza di questi attacchi né considero un atto degno quello di uccidere donne, bambini e altri esseri umani innocenti. L’Islam proibisce severamente il causare danno a donne, bambini e altre persone innocenti”.

“Ho già detto che siamo contro il sistema americano, non contro il suo popolo; in questi attacchi, invece, sono stati uccisi Americani comuni. Gli Stati Uniti dovrebbero rintracciare al loro interno i responsabili di questi attacchi, le persone cioè che fanno parte del sistema americano ma che sono in dissenso con esso”.

“O coloro che stanno lavorando per qualche altro sistema, persone che vogliono rendere il secolo attuale come un secolo di conflitto tra Islam e Cristianità, in modo che possa sopravvivere la loro civiltà, la nazione, il paese e l’ideologia. Negli Stati Uniti ci sono poi le agenzie di intelligence che hanno bisogno di fondi da miliardi di dollari l’anno (…). Loro hanno bisogno di un nemico”.

Questa è stata l’ultima volta che Osama Bin Laden ha, in sostanza, parlato pubblicamente del suo presunto ruolo nell’11 Settembre. Dopo di che è svanito, e apparentemente per sempre dall’inizio di dicembre 2001 a Tora Bora: ero lì e ho rivisitato l’intero contesto [in inglese] anni dopo.

Eppure, come un James Bond musulmano, Osama ha continuato a compiere il miracolo di morire in altri giorni, più e più volte, a cominciare da (e dove se no) Tora Bora a metà dicembre, come riferito dal Pakistani Observer e da Fox News.

L’11 Settembre è rimasto, quindi, un mistero all’interno di un enigma. E che dire del 9 settembre, che potrebbe essere stato un prologo dell’11 Settembre?

Arrivo nella valle del Panjshir con uno degli elicotteri sovietici di Massoud nell’agosto 2001. Photo: Pepe Escobar

Una luce verde da uno sceicco cieco

“Hanno sparato al comandante”.

La breve email del 9 settembre non offriva alcun dettaglio. Contattare il Panjshir era impossibile, la copertura del telefono satellitare è irregolare. Solo il giorno dopo è stato possibile confermare che Ahmad Shah Massoud, il leggendario Leone del Panjshir, era stato assassinato da due jihadisti di al-Qaeda che si erano spacciati da troupe televisiva.

Nella nostra intervista su Asia Times a Massoud [in inglese] del 20 agosto, mi diceva che stava combattendo contro una triade: al-Qaeda, i Talebani e l’ISI pakistano. Dopo l’intervista, è andato via su un Land Cruiser e poi è volato in elicottero a Kwaja-Bahauddin, dove avrebbe finito di definire i dettagli di una contro-offensiva sui Talebani.

Sono state la sua penultima intervista prima di essere assassinato e, probabilmente, le ultime foto (scattate dal fotografo Jason Florio con la mia videocamera mini-DV) di Massoud vivo.

Un anno dopo il suo assassinio, sono tornato nel Panjshir per un’inchiesta sul campo, facendo affidamento solo su fonti locali e sulle conferme di alcuni dettagli da Peshawar. L’inchiesta è pubblicata nella prima parte del mio e-book per Asia Times intitolato “Forever Wars [Le guerre eterne, in inglese].

La conclusione è stata che la luce verde alla finta troupe televisiva per incontrare Massoud è arrivata con una lettera, sponsorizzata dal signore della guerra Abdul Rasul Sayyaf e risorsa segreta della CIA, come “regalo” per al-Qaeda.

Nel dicembre 2020, l’inestimabile diplomatico canadese Peter Dale Scott, autore tra gli altri del fondamentale “La strada verso l’11 Settembre” del 2007, e Aaron Good, editore della rivista CovertAction, hanno pubblicato una notevole inchiesta [in inglese] sull’uccisione di Massoud, seguendo una pista diversa e facendo principalmente riferimento a fonti americane.

Hanno dimostrato che, probabilmente, l’ideatore dell’omicidio non è stato Sayyaf bensì il noto sceicco cieco di origine egiziana Omar Abdel Rahman, che allora stava scontando l’ergastolo in una prigione federale negli Stati Uniti a causa del suo coinvolgimento nel primo attentato al World Trade Center del 1993.

Tra le altre perle, Dale Scott e Good hanno anche confermato ciò che l’ex ministro degli Esteri pakistano, Niaz Naik, aveva detto ai media pakistani nel 2001, e cioè che molto prima dell’11 Settembre gli Americani avevano predisposto tutto per attaccare l’Afghanistan.

Queste le parole di Naik: “Gli abbiamo chiesto [ai delegati americani] quando pensavano di attaccare l’Afghanistan… e loro hanno risposto ‘prima che nevichi a Kabul’. Il che significa metà settembre o ottobre, un qualcosa del genere”.

Come molti di noi hanno potuto constatare negli anni successivi all’11 Settembre, tutto riguardava gli Stati Uniti, che si imponevano come dominatori indiscussi del Nuovo Grande Gioco in Asia centrale. Ora Peter Dale Scott nota che “le due invasioni americane, quella dell’Afghanistan nel 2001 e dell’Iraq nel 2003, erano entrambe motivate con dubbi pretesti, screditati ulteriormente con il passare degli anni”.

“Alla base di entrambe le guerre c’era il bisogno percepito dell’America di controllare il sistema economico dei combustibili fossili che costituiva il sostegno del petroldollaro americano”.

Mullah Mohammed Omar, il deceduto fondatore dei Talebani, in una foto segnaletica. Foto: Wikimedia

Massoud contro Mullah Omar

Alla fine degli anni ’90 Mullar Omar ha accolto con entusiasmo la “Jihad Corporation” in Afghanistan: non solo gli Arabi di al-Qaeda ma anche Uzbechi, Ceceni, Indonesiani, Yemeniti. Alcuni di loro li ho incontrati in Panjshir, nella prigione di Massoud lungo il fiume, nell’agosto del 2001.

All’epoca, i Talebani gli fornivano le basi (e una qualche retorica di sostegno) ma, profondamente etnocentrici com’erano, non hanno mai manifestato alcun interesse nella jihad globale, nella forma della “Dichiarazione della Jihad” emessa da Osama nel 1996.

La posizione ufficiale dei Talebani era che la jihad fosse un affare dei loro ospiti, e che non avesse nulla a che fare con i Talebani e l’Afghanistan. Praticamente, non c’era nessun afgano nella “Jihad Corporation”. Pochi Afghani parlano arabo. Non sono stati sedotti dalla propaganda sul martirio e del paradiso pieno di vergini: hanno preferito essere dei “ghazi”, cioè dei combattenti vivi in una jihad.

Verosimilmente, Mullar Omar non avrebbe potuto cacciare Osama Bin Laden a causa del Pashtunawali (il codice d’onore dei Pashtun), secondo cui il principio dell’ospitalità è sacro. Quando si è verificato             l’11 Settembre, Mullar Omar respinse ancora una volta le minacce americane e le suppliche pakistane. Convocò quindi una jirga, cioè un’assemblea di tribù, con 300 mullah di alto livello per ratificare la sua posizione.

La loro decisione fu piuttosto sfumata: lui doveva certamente difendere il suo ospite ma un ospite non gli avrebbe dovuto causare problemi. Quindi, Osama se ne sarebbe dovuto andare via di propria volontà.

I Talebani hanno seguito anche un percorso parallelo, chiedendo agli Americani la prova della colpevolezza di Osama. Non venne fornito nulla. La decisione di bombardare e invadere era già stata presa.

Non sarebbe stato possibile con Massoud vivo: classico combattente intellettuale, era un affermato nazionalista afgano ed eroe popolare grazie alle sue mirabili gesta militari nella jihad anti-URSS e alla sua lotta senza tregua contro i Talebani.

Jihadisti catturati dalle forze di Massoud in una prigione lungo il fiume in Panjshir, agosto 2001. Foto: Pepe Escobar

Quando è crollato il governo socialista del Partito Democratico Popolare, dopo tre anni dalla fine della jihad nel 1992, Massoud sarebbe potuto diventare facilmente Primo Ministro o un sovrano assoluto in stile vetero turco-persiano.

Ma poi fece un terribile sbaglio: col timore di una conflagrazione etnica, lasciò che la banda di mujaheddin che si trovavano a Peshawar acquisisse troppo potere, e questo portò alla guerra civile del 1992-1995 (con tanto di crudele bombardamento di Kabul da parte, praticamente, di tutte le fazioni) che ha spianato la strada al sorgere dei Talebani dell’“ordine pubblico”.

Quindi, alla fine, lui è stato più un efficacissimo comandante militare che un politico. Un esempio è ciò che successe nel 1996, quando i Talebani fecero la loro mossa per conquistare Kabul, attaccando dalla parte est dell’Afghanistan.

Massoud venne colto completamente alla sprovvista, ma riuscì comunque a ritirarsi nel Panjshir senza grandi scontri e senza perdere le sue truppe (una vera impresa), annientando addirittura i Talebani che lo inseguivano.

Stabilì una linea di difesa sulla piana di Shomali, a nord di Kabul. Quella è stata la linea del fronte che ho visitato poche settimane prima l’11 Settembre, mentre ero sulla strada di Bagram, che all’epoca era una base aerea (praticamente vuota e degradata) dell’Alleanza del Nord.

Tutto questo contrasta impietosamente con il ruolo di Massoud Junior, che è in teoria il leader della “resistenza” 2.0 del Panjshir contro il Talebani, ora completamente distrutta.

Massoud Junior ha zero esperienza sia come comandante militare che come politico: sebbene sia stato elogiato a Parigi dal Presidente Macron e abbia pubblicato un editoriale sui principali media mainstream occidentali, ha fatto il terribile errore di essere guidato dalla risorsa CIA Amrullah Saleh, che, come ex capo dell’NDS (l’intelligence afgana), dirigeva di fatto gli squadroni della morte afgani.

Massoud Junior si sarebbe potuto ritagliare facilmente un ruolo per se stesso nel governo 2.0 dei Talebani. Ma ha mandato tutto all’aria, rifiutando di negoziare seriamente con la delegazione di 40 religiosi musulmani inviati in Panjshir, e pretendendo almeno il 30% dei posti nel governo.

Alla fine, Saleh è fuggito in elicottero (ora potrebbe essere a Tashkent) e Massoud Junior, al momento, è nascosto da qualche parte nel nord del Panjshir.

Questa foto scattata l’11 Settembre 2001 mostra un aereo di linea dirottato che si avvicina alle torri gemelle del World Trade Center, poco prima di schiantarsi nel famoso grattacielo di New York. Foto: AFP/Seth McAllister

La macchina della propaganda dell’11 Settembre sta per raggiungere il suo apice questo sabato, grazie ora alla svolta narrativa dei Talebani “terroristi” di nuovo al potere, un qualcosa di perfetto per estirpare l’umiliazione dell’Impero del Caos.

Lo Stato Profondo sta procedendo senza esclusione di colpi per proteggere la narrazione ufficiale, che presenta più buchi del lato oscuro della Luna.

E’ un uroboro geopolitico per i posteri. L’11 Settembre era il mito fondante del XXI secolo: ora non lo è più. E’ stato rimpiazzato dal contraccolpo: la débacle imperiale che ha permesso il ritorno dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, nella stessa esatta posizione in cui era 20 anni fa.

Ora possiamo sapere che i Talebani non hanno avuto nulla a che fare con l’11 Settembre. Ora possiamo sapere che Osama Bin Laden, all’interno di una grotta, non è stato il principale responsabile dell’11 Settembre. Ora possiamo sappiamo che l’uccisione di Massoud è stato un preludio dell’11 Settembre, ma in modo contorto: facilitare una invasione già programmata dell’Afghanistan.

Eppure, come per l’uccisione di Kennedy, potremmo non conoscere mai tutti i contorni dell’intero mistero all’interno di un enigma. Dicendolo con le parole immortale di Fitzgerald “Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato”, indagando come matti questo filosofico ed esistenziale Ground Zero, senza mai smettere di farsi la domanda principale: cui bono?

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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su The Saker il 9 settembre 2021
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.

[I commenti in questo formato sono del traduttore]


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