Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.(Vangelo secondo Matteo 5: 9)
Cari amici,
è con immensa tristezza che vi devo informare che ieri [il 18 settembre] Stephen F. Cohen è venuto a mancare nella sua casa di Manhattan, a 81 anni.
Ci sono pochi media che ne hanno già dato notizia. La gran parte di questi discute sulle idee politiche e sui libri di Stephen F. Cohen, cosa normale visto che era uno storico dell’Unione Sovietica. Ma io non lo farò.
Ciò che voglio dire su Cohen è molto diverso.
Primo, era un uomo di immensa gentilezza e umiltà; secondo, era un uomo di onestà intellettuale totale. Non posso dire che io e Cohen avessimo le stesse idee o la stessa lettura della storia, anche se capitava in molti casi, ma questo è quel che io trovavo di così bello in quest’uomo: a differenza di gran parte dei suoi contemporanei, Cohen non era un ideologo, non si aspettava che tutti fossero d’accordo con lui, e lui stesso non controllava le persone in base alla purezza ideologica prima di offrirgli la sua amicizia.
Anche se è impossibile ridurre ad una sola singola categoria ideologica un uomo di tale grandezza di intelletto e onestà, io dico che Stephen Cohen era un VERO liberale, nel senso originale e nobile del termine.
Devo anche ricordare l’immenso coraggio di Stephen Cohen. Sì, lo so, Cohen non è stato deportato a Guantanamo per le sue idee, non è stato torturato dalla CIA in una prigione segreta, e non è stato mandato in un qualche Paese del terzo mondo per essere torturato per conto degli Stati Uniti. Stephen Cohen aveva un tipo diverso di coraggio: il coraggio di rimanere fedele a se stesso e ai suoi ideali, anche quando il mondo lo ha letteralmente coperto di accuse diffamatorie, il coraggio di NON seguire i suoi compagni liberali quando sono diventati degli PSEUDO-liberali e hanno tradito tutto quello che rappresenta il liberalismo. Il professor Cohen rifiutava completamente anche ogni forma di tribalismo o nazionalismo, cosa che lo ha spesso reso bersaglio di odio e calunnie feroci, specialmente da parte dei suoi compagni ebrei americani (è stato accusato di essere un agente di Putin… che altro).
Cohen aveva il coraggio di affrontare quasi completamente da solo l’intera classe governante del suo Paese e la sua ideologia messianica e suprematista.
Ultimo ma sicuramente non meno importante, Stephen Cohen si adoperava veramente per la pace, nel senso delle parole del Vangelo che ho citato all’inizio. Si è opposto ai pazzi guerrafondai durante la Guerra Fredda, e li ha contrastati di nuovo quando hanno rimpiazzato il loro odio rabbioso per l’Unione Sovietica con un odio ancora più rabbioso per tutto ciò che è russo.
Non dirò ora di essere sempre stato d’accordo con le idee di Cohen o con la sua lettura della storia, sono anzi piuttosto sicuro che lui non fosse d’accordo con molto di ciò che ho scritto. Ma su una cosa io e Cohen eravamo sicuramente d’accordo: l’assoluta priorità numero uno di non permettere di far scoppiare una guerra tra Stati Uniti e Russia. Non sarebbe esagerato dire che Stephen Cohen abbia dedicato tutta la sua vita a questo scopo.
Se il Nobel per la Pace significasse qualcosa, e se fosse almeno parzialmente credibile, direi che Stephen Cohen meriterebbe questo Nobel più di ogni altro al mondo. Otterrà, invece, la sua ricompensa nei Cieli.
In russo abbiamo un detto ispirato all’Antico Testamento: “город стоит, пока в нем есть хоть один праведник” che grossomodo significa “ci sarà una città fino a quando ci rimarrà almeno una persona retta”. Non posso fare a meno di provare la sensazione che la “città” degli Stati Uniti abbia appena perso questa persona retta. Sì, ci sono ancora un po’ di persone rette rimaste in questa “città”, ma tutti noi abbiamo sicuramente perso uno dei nostri migliori contemporanei.
Con mio immenso rammarico, non ho mai incontrato personalmente il professor Cohen. Eppure, quando stamattina ho appreso la notizia della sua morte, mi sono sentito davvero affranto. La mia principale consolazione è che Cohen sia morto prima di novembre, e di ciò che seguirà inevitabilmente. Sono convinto che Dio lo abbia portato via da noi per risparmiargli il dolore di veder crollare il suo Paese sotto i ripetuti attacchi degli pseudo-liberali neoconservatori.
E’ piuttosto evidente che in questi nostri folli e orribili tempi il professor Cohen non riceverà in patria il riconoscimento e la gratitudine che tanto merita (se non altro perché i pseudo-liberali americani sono troppo occupati a disperarsi per la morte di Justine Ginsburg [in inglese]). E se Stephen Cohen è ben noto in alcuni circoli russi (aveva molti amici in Russia), non è certo un nome familiare per gran parte dei Russi. Posto che l’umanità possa sopravvivere ancora un po’ di tempo, sono però fiducioso che il professor Cohen venga riconosciuto sia negli Stati Uniti che in Russia come la persona retta che è stata.
Sono anche convinto che, da qualche parte, noi come società, semplicemente non meritiamo di avere un tale uomo retto tra noi. Cohen è ora in migliore compagnia.
Grazie, caro Steve, per la tua gentilezza e il tuo coraggio. Mi mancherai davvero tanto!
Il Saker
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Articolo del Saker pubblicato su The Saker il 19 settembre 2020
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.
[I commenti in questo formato sono del traduttore]
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Quando si chiama il paradigma giudaico-cristiano a modello di riferimento per i giudizi etici, politici o morali si scade sempre nella più profonda mancanza di credibilità e autorevolezza.
Chi si ostina a riferirsi ad un sistema di valori incentrato sull’apologia del sacrificio umano e del figlicidio rituale è un soggetto non consapevole, disturbato, alienato a se stesso ed ai propri stessi valori.
Non credo che Saker abbia espresso un paradigma giudaico cristiano ma semplicemente afferma ed inquadra l’uomo colto Cohen in una Umanità ,di cui si è perso il significato ,soprattutto nell’Occidente ateo e disperato di non avere nulla da organizzare e teorizzare in una Idea nobile che dia un senso alla sua propria volontà di esistere.