Facebook ha cominciato ad applicare delle etichette alle notizie pubblicate dai “media di Stato” per avvisare i lettori da dove vengono le notizie che stanno leggendo.

L’avviso recita: “Questo editore è sotto il controllo totale o parziale di uno Stato.  Questo viene determinato in base a una serie di fattori, tra cui – ma non solo – i finanziamenti, la struttura e gli standard giornalistici”.

La nostra preoccupazione è che dei media di Stato aggiungano al potere di definire un programma di un organo di informazione, il sostegno strategico di uno Stato” ha dichiarato Nathaniel Gleicher, responsabile delle policy di sicurezza di Facebook, a CNN Business “Se si stanno leggendo delle notizie su una protesta, è davvero importante che si sappia chi sta scrivendo quella notizia e che motivazione ha. L’obiettivo è garantire che il pubblico veda e capisca chi c’è dietro”.

Facebook ha finora etichettato le notizie di solo due organi di informazione statali. Non sorprende molto sapere quali siano: le testate di proprietà del governo russo Sputnik e RT, e Xinhua, l’agenzia di stampa cinese.

Un governo può scegliere i suoi avversari. Ma non è scritto da nessuna parte che i media – o Facebook – debbano automaticamente essere d’accordo. Fare questo li fa sembrare un organo gestito dallo Stato.

Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg testimonia al Congresso, aprile 2018. (YouTube)

Facebook inoltre proibirà sulla sua piattaforma la pubblicità dei media statali che non gli piacciono. Che al momento sono solo quelli russi e cinesi.

Queste sono decisioni puramente politiche fatte da Facebook sotto la diretta pressione del governo americano nelle audizioni pubbliche del Congresso. Non ha nulla a che fare con il mantenere la precisione dell’informazione.

E’ un social media che viene utilizzato come censura per interposta persona da parte di un governo che ai sensi della Costituzione non è autorizzato a una censura diretta. Le aziende dei social media erano inizialmente restie a cedere, consapevoli che non è ciò che i clienti vogliono; ma hanno ceduto.

Molti media di Stato

La domanda ovvia è: perché non ci sono etichette di avviso sulle notizie dell’Agence France Presse, il cui proprietario di maggioranza è il governo francese, o della BBC, della CBC, di Radio France, della tedesca ZDF, della Australian Broadcasting Corporation, di Voice of America e di Radio Free Europe, tutti media finanziati dai governi?

La risposta ovvia è: questi organi di informazione sono gestiti dagli Stati Uniti e dai loro governi alleati. Generalmente gli Occidentali rifiutano di vedere i propri pregiudizi, anche nei media privati. I media occidentali possono presentare delle notizie da un punto di vista americano o euro-centrico, e condannare la Russia e la Cina che danno la loro versione delle notizie. Dal momento che solitamente si considerano superiori e universali, gli establishment occidentali si sono abituati a non essere troppo criticati dai loro media, specialmente nelle loro implicazioni estere.

Quando riportano le notizie sulla sicurezza nazionale e la politica estera, i grandi media degli Stati Uniti sono essenzialmente i portavoce delle agenzie di intelligence, che periodicamente riciclano disinformazione attraverso i grandi organi di informazione. In questo senso, i media americani sono diventati una estensione dello Stato, anche se sono di proprietà privata.

Considerate anche l’impero di Murdoch negli Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, che per decenni ha seguito un diverso programma politico di destra e incuteva timore in quei Paesi. I giornalisti e i leader occidentali si sono però auto-convinti che i loro mezzi di informazione sono universalmente oggettivi e veritieri, anche quando portano una nazione in guerra sulla base di bugie, o passano tre anni a fantasticare su un’interferenza straniera.

Non fatevi trarre in inganno. Queste etichette di “media di Stato” arrivano giusto in tempo per le elezioni presidenziali di novembre.

Promuovere un programma

La mia lunga esperienza nello scrivere di affari internazionali per i principali media, mi ha insegnato che le testate americane di proprietà privata – non solo i media cinesi e russi – hanno un programma, che non è riportare in maniera neutrale i complessi eventi internazionali dai molti punti di vista, ma promuovere gli interessi americani all’estero.

Il più grande peccato dei media mainstream è quello di omissione: non trattare una storia o accantonare punti di vista in disaccordo col programma degli Stati Uniti, ma essenziali per il lettore per comprende un mondo spaventosamente complesso.

I punti di vista iraniani, palestinesi, russi, nordcoreani, siriani e di altri non sono mai riportati dai media occidentali in maniera esaustiva, sebbene la presunta missione del giornalismo sia quella di raccontare tutte le versioni di una storia. E’ impossibile comprendere una crisi internazionale senza che vengano ascoltate quelle voci. Non dandogli ascolto, regolarmente e sistematicamente si disumanizzano le persone di quei Paesi, rendendo più facile ottenere sostegno popolare negli Stati Uniti per andare in guerra contro di loro.

In questo senso, i media russi e cinesi capiscono molto meglio le motivazioni e il modo di pensare americano che il contrario, anche solo per il fatto che danno voce a giornalisti e commentatori occidentali le cui opinioni di dissenso vengono escluse in Occidente.

Su Sputnik e RT io risulto come analista e commentatore, e vi posso dire che lo Stato russo non vaglia quello che io dico. Se non gli piace quello che dico, possono non richiamarmi, proprio come fanno i media occidentali. Chiedete a Ray McGovern che è stato escluso dagli studi televisivi americani.

In definitiva, spetta a ciascun individuo decidere a cosa credere o no dei media: il modo migliore per agevolarlo, è che il lettore o lo spettatore non abbia impedimenti ad accedere ad ogni media che decida di utilizzare.

Più sono diversificate le opinioni provenienti da molte nazioni a cui è esposto il pubblico, più è agevole che questo arrivi a una comprensione informata del mondo. Facebook che mina la credibilità di un articolo anche prima che sia letto (da loro o dal pubblico) non è il modo per raggiungere questo obiettivo.

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Articolo di Joe Lauria pubblicata su Consortium News il 6 giugno 2020
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.


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