La distruzione della Bielorussia è nei loro piani da anni. Sarà l’ego del presidente Lukashenko ad offrirgli la possibilità di farlo veramente?
Di tanto in tanto, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko incorre volontariamente in quella che sembra essere una disputa obbligatoria con la Russia, generalmente a proposito dei prezzi dell’energia. In occasione dei battibecchi del 2004 e del 2007, la crisi fu risolta in maniera amichevole nel giro di poco tempo.
Ma durante ogni disputa, Lukashenko tende ad esagerare di proposito la natura della controversia al fine di rafforzare il suo prestigio personale. Tutto ciò è molto puerile, soprattutto se si tiene a mente che la Russia e la Bielorussia formano insieme lo Stato Riunito [The Union State in inglese], essendo di fatto due Stati fratelli, i più vicini tra loro all’interno della Comunità di Stati Indipendenti e dell’Unione Euroasiatica.
A dispetto di tutto questo, Lukashenko ha avuto recentemente l’ennesimo diverbio con la Russia. Il presidente ha da poco liberalizzato il regime dei visti turistici [in inglese] per i cittadini dell’UE e degli USA. Tale controversia sui visti è stata inoltre amplificata dalla quasi ordinaria controversia sui prezzi del gas e dal contenzioso a proposito dell’importazione dei beni alimentari proibiti [in inglese] dalla Bielorussia alla Russia.
In particolare, la questione dei visti costituisce un serio problema per la Russia che ha instaurato un regime di frontiere aperte con la Bielorussia, e garantisce libertà di movimento ai cittadini di questo paese. Se i cittadini dell’UE e degli USA, che ovviamente non godono automaticamente del diritto di viaggiare all’interno della Russia, possono invece introdurvisi illegalmente proprio attraverso la Bielorussia, la Russia ha allora un problema per la sua sicurezza e per la sua azione di contrasto al terrorismo. La Russia pertanto ha fatto una mossa moderatamente cautelativa, demarcando i confini con segnaletica, e questa cosa ha fatto infuriare Lukashenko, che probabilmente è troppo abituato ad averla sempre vinta.
Ma ora non è più il tempo per Lukashenko di continuare a giocare al gatto e al topo con il suo più vero e storico alleato fraterno.
Si è mormorato di agenti ucraini e occidentali intenti a pianificare una sollevazione nella capitale Minsk in stile Maidan, un’evenienza di cui Lukashenko come ogni bielorusso sarebbe profondamente scontento.
Il 25 marzo, ci sono state delle nuove dimostrazioni illegali di protesta a Minsk (sebbene generalmente abbastanza piccole). La causa più prossima è la recente tassa sui vagabondi implementata da Lukashenko poco tempo fa. Gli occidentali e i media liberali [in inglese] ne riferiscono come di una “tassa sui disoccupati”, dando una rappresentazione volutamente erronea della situazione in Bielorussia.
La Bielorussia ha uno dei tassi di disoccupazione più alti nel mondo, e coloro che cercano un impiego devono accettare di fare lavori di pubblica utilità per accedere ai sussidi. In ogni caso, la cosa interessa meno dell’1% della popolazione. La tassa, al di là che sia giusta o sbagliata, è una misura volta ad incentivare l’occupazione cercando di metter fine al piccolo problema degli sfaccendati, in un Paese dove la piena occupazione viene considerata una virtù civica.
Il problema più grande è che molti, incluso alcuni agitatori spalleggiati da cittadini ucraini e occidentali, vogliono strumentalizzare questo problema relativamente piccolo per fomentare disordini. Non è pertanto una coincidenza che le proteste avvenute il 25 marzo, il giorno in cui una minoranza di bielorussi celebrano la fondazione della Repubblica Popolare Bielorussa anti-Sovietica – una entità dalla esistenza effimera e di quasi nullo riconoscimento, formatasi quando le truppe tedesche occuparono la regione.
Per anni, molti in Occidente hanno istigato a Minsk un cambio di regime in stile Maidan. Fino ad ora hanno sempre fallito. La Bielorussia è in generale un paese mediamente tranquillo e appagato, che negli anni ’90 scelse di instaurare buone relazioni con la Russia, mentre, sotto la guida di Kravchuk e persino di Kuchma, l’Ucraina pretendeva di essere uno strano ibrido di Europa e Russia, aggravando una crisi di identità storica [in inglese]. In Bielorussia, molti si considerano completamente russi e sono felici di vivere fraternamente all’interno dello Stato Riunito con la Federazione Russa. Al tempo stesso, la mentalità sovranista della Bielorussia ha contribuito a scoraggiare i molti intrusi che hanno fatto di Kiev il loro parco giochi, anche prima della così detta Rivoluzione Arancione del 2004.
Detto questo, Lukashenko dovrebbe tenere a mente chi sono i suoi amici, ed evitare di mettere il suo infame egotismo sopra gli interessi della sua gente. A volte, Lukashenko mi ricorda Gheddafi (sebbene meno intelligente e filosofico).
Quando Gheddafi si impegnò nel riavvicinamento con l’Occidente, una parte di lui credeva sinceramente che i leader occidentali fossero pronti a trattare la Libia come un loro pari. La verità emerse nel 2011: l’intero progetto era semplicemente una dinamica all’interno del gioco imperialistico. Gheddafi imparò la lezione troppo tardi. Se Lukashenko pensa di poter perseguire delle relazioni con l’UE e rimanere nel fraterno Stato Riunito con la Russia, oppure persino continuare a rimanere al potere, forse è meglio che si ricreda. Sono decadi che l’UE sogna il regime change in Bielorussia. Utilizzano Lukashenko quando si comporta come una specie di mediatore tra i fascisti ucraini e la Russia (è successo durante gli inutili Accordi di Minsk), ma nella realtà lo divorerebbero molto più velocemente e furiosamente di come fecero con Gheddafi, se solo ne avessero l’occasione.
Lukashenko ha una scelta da fare, può ergersi a favore dei suoi concittadini e del loro unico vero alleato, oppure può imitare Gheddafi e andare incontro alla medesima sorte. Può anche scegliere di essere un codardo come Viktor Yanukovyc e rifiutarsi di chiamare in soccorso il suo alleato nel momento del bisogno, prima della fuga durante la notte – ma questo sarebbe controproducente per il suo ego, vero?
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Articolo di Adam Garrie pubblicato su The Duran il 26 marzo 2017
Traduzione in italiano a cura di Francesco Pastoressa per Sakeritalia.it
Ancor più che con Gheddafi, Alexander Lukashenko mi pare avere molto in comune con Ceaușescu.