Ok, lo ammetto, il titolo è piuttosto esagerato 😊 ma ecco cosa intendevo dire: ci sono segnali che la Russia stia intervenendo nella crisi bielorussa (finalmente!)

Prima di tutto, possiamo vedere un cambiamento veramente radicale nella politica di Lukashenko: se il suo istinto iniziale era quello di scatenare una repressione brutale sia sui rivoltosi violenti che sui dimostranti pacifici, ora ha fatto dietro front, e il risultato è piuttosto sorprendente: domenica ci sono stati grandi manifestazioni anti-Lukashenko, tuttavia non è stata arrestata neanche una persona. Nessuno. Ancora più sorprendente è questo: il canale Telegram Nexta gestito dalla Polonia (il mezzo di informazione principale utilizzato dall’Impero per rovesciare Lukashenko) inizialmente invitava ad una protesta pacifica, ma alla fine della giornata ha chiesto di provare a prendere il principale palazzo presidenziale. Quando i rivoltosi (a questo punto abbiamo a che fare con un tentativo illegale e violento di rovesciare lo Stato, quindi non li definisco manifestanti) sono arrivati al palazzo, si sono trovati di fronte ad un vero e proprio “muro” di poliziotti antisommossa in assetto completo: questa vista (davvero impressionante) è stata sufficiente per fermare i rivoltosi che sono rimasti lì per un po’, e poi sono dovuti andare via.

Lukashenko e il figlio

Secondo, Lukashenko ha fatto qualcosa di piuttosto strano ma che è perfettamente di buon senso nel contesto bielorusso: si è vestito in assetto di combattimento, ha afferrato un fucile d’assalto AKSU-74 e ha fatto vestire anche suo figlio (di soli 15 anni!) in assetto da combattimento (elmetto incluso) ed è volato con il suo elicottero sopra Minsk, quindi è atterrato al palazzo presidenziale. Si sono poi diretti verso i poliziotti antisommossa, e lì Lukashenko li ha calorosamente ringraziati, con il risultato che tutte le forze di polizia gli hanno tributato una standing ovation. A molti di noi questo comportamento potrebbe sembrare piuttosto stravagante, se non palesemente sciocco. Ma nel contesto della crisi bielorussa, che è una crisi che si combatte soprattutto nel regno dell’informazione, è perfettamente di buon senso.

  • La scorsa settimana Lukashenko ha detto che non ci saranno altre elezioni, tanto meno un colpo di Stato, fin quando lui sarà vivo.
  • Questa volta Lukashenko ha deciso di mostrare, simbolicamente, che è in carica e che lui morirà combattendo con suo figlio, se necessario.

Il messaggio qui è molto chiaro: “Non sono Yanukovych e, se necessario, morirò proprio come Allende”.

Inutile dire che la macchina della propaganda anglosionista ha immediatamente scritto che vedere Lukashenko con in mano un Kalashnikov era un chiaro segno di pazzia. Nel contesto occidentale, se fossimo, diciamo, in Lussemburgo o in Belgio, questa accusa di pazzia sarebbe azzeccata. Me nel contesto bielorusso, queste accuse hanno poca presa e, se vogliamo, fanno riferimento a differenze culturali.

Per capire quanto sia potente questo messaggio, dobbiamo tenere presente le due principali voci che l’operazione di guerra psicologica dell’Impero sta cercando di comunicare al popolo bielorusso:

  • Ci sono profonde differenze tra e all’interno delle élite al potere (specialmente i cosiddetti “siloviki”, cioè i “ministri potenti”, come gli Affari Interni e il KGB).
  • Lukashenko è già fuggito dal Paese o sta per lasciarlo (ogni volta che un elicottero vola su Minsk, la propaganda occidentale dice che si tratta di un video di Lukashenko che sta “fuggendo dal Paese”).

Ho il forte sospetto che ciò che è successo tra Putin e Lukashenko sia molto simile a ciò che è successo tra Putin e Assad: all’inizio, sia Assad che Lukashenko sembravano pensare che la violenza pura avrebbe risolto il problema. Questa convinzione, profondamente sbagliata, ha portato ad una situazione in cui le legittime autorità sono state quasi rovesciate (e questo è ancora possibile in Bielorussia). In entrambi i casi, i Russi hanno detto chiaramente qualcosa del tipo “noi ti aiuteremo, ma dovrai cambiare radicalmente i tuoi metodi”. Assad ha ascoltato. Sembra che lo abbia fatto anche Lukashenko, almeno in una certa misura (questo processo è appena cominciato).

La verità è che l’opposizione è in una situazione difficile: la maggior parte dei Bielorussi non vuole chiaramente un violento colpo di Stato, seguito da una sanguinosa guerra civile, una totale de-industrializzazione del Paese e una totale sottomissione all’Impero, non vogliono cioè seguire la “via ucraina”. Ma come rovesciare “legalmente” un governo, specialmente se questo governo ora manda il chiaro messaggio “noi moriremo prima di permettervi di prendere il potere”?

Poi c’è l’immenso problema con la Tikhanovskaia: se in pochi pensano che lei abbia ottenuto il 10% e Lukashenko l’80%, nessuno crede davvero che lei lo abbia battuto. Quindi, mentre l’Occidente vuole dipingere Lukashenko come il “prossimo Maduro”, è praticamente impossibile convincere qualcuno “che la Tikhanovskaia sia la prossima Guaido”.

Quindi, cosa succederà a questo punto?

Bene, Lukashenko non ha licenziato il Ministro degli Esteri Makei o il capo del KGB Vakulchik. A dire la verità, tendo ad essere d’accordo con qualche analista russo che afferma che il vero problema [in inglese] non sia Makei, e che il vero russofobo a Minsk sia lo stesso Lukashenko (solo un esempio: lui è stato colui che ha fatto rimuovere i quattro Sukhoi che la Russia aveva inviato per aiutare la Bielorussia a controllare lo spazio aereo). E’ piuttosto vero che Lukashenko gestisce tutti i suoi ministri con il pugno di ferro, e dire che Makei è cattivo e colpevole, mentre Lukashenko è una vittima pura e innocente, non è molto credibile. Ma anche se Makei e Vakulchik hanno solo eseguito gli ordini di Lukashenko, ora si devono immolare come segno di contrizione e riparazione verso la Russia. Tuttavia, i Russi indicheranno probabilmente a Lukashenko che il Cremlino non lavorerà con questi voltagabbana.

Poi ci sono le dichiarazioni pubbliche del Ministro della Difesa Bielorusso, Viktor Khrenin, il quale dice tutte cose giuste e sembra avere una linea molto dura contro quelle forze occidentali che stanno dietro all’ultimo tentativo di rivoluzione colorata. E’ ben noto in Russia che i diplomatici bielorussi sembrano invece, come posso dire, preferire i sorrisi ad una sostanziale collaborazione con la Russia. Il caso dell’esercito bielorusso è piuttosto differente: non solo gli eserciti russi e bielorussi si addestrano insieme, ma condividono anche l’intelligence in modo continuo, a quanto sappiamo. Inoltre, senza la Russia l’esercito bielorusso si ritroverebbe completamente isolato, incapace di procurarsi supporto tecnico o componenti, scollegato dai sistemi russi di allarme rapido ed estromesso dal supporto russo dell’intelligence.

L’esercito bielorusso è decisamente diverso da quello ucraino, che decenni fa ha praticamente perso la sua prontezza operativa, che poi è stato epurato da tutti i veri patrioti, ed è stato incredibilmente corrotto. Al contrario, il più piccolo a confronto esercito bielorusso è, a detta di tutti, molto ben addestrato, adeguatamente equipaggiato e comandato da ufficiali molto competenti. Penso che sia una scommessa sicura dire che le forze armate siano fedeli a Lukashenko, e che probabilmente vedrebbero positivamente una piena riunificazione con la Russia.

Per quanto riguarda lo stesso Lukashenko, per la prima volta ha permesso ad un partito apertamente filorusso di registrarsi (in passato, movimenti, organizzazioni e partiti filorussi venivano sistematicamente perseguitati e chiusi). Ha anche dichiarato in TV che “il suo amico Putin” lo ha consigliato su come reagire nei confronti dei manifestanti.

Sarà quindi la Bielorussia la prossima Siria?

Beh, no, certamente no, i due Paesi sono troppo diversi. Ma in un altro senso, ciò che è successo in Siria potrebbe succedere in Bielorussia: la Russia le fornirà pieno appoggio, ma solo in cambio di importanti riforme ad ogni livello. E sebbene Lukashenko ora dichiari che l’Occidente vuole distruggere la Bielorussia solo come prima fase della distruzione della Russia, io non credo che ci sia la possibilità di un conflitto militare, a meno che non accada una di queste tre cose:

  1. Qualche folle da entrambe le parti apra il fuoco e crei un incidente militare (e anche questo potrebbe non essere sufficiente)
  2. I Polacchi diventano davvero disperati e fanno qualcosa di incredibilmente stupido (la storia polacca dimostra che questa è una possibilità molto concreta)
  3. Lukashenko viene ucciso e segue il caos (neanche questo molto probabile)

Dobbiamo ricordare che quando la Russia è intervenuta in Siria, l’esercito siriano era un disastro, e in pratica era sconfitto. Questo non è affatto il caso della Bielorussia, che ha eccellenti forze armate (del tipo “pronte e operative”) e possono proteggere il loro Paese, specialmente se sostenute dalle forze del KGB e del Ministero degli Affari Interni.

Tuttavia, se Lukashenko potrebbe essere parte della soluzione nel breve periodo, nel lungo periodo deve andarsene ed essere sostituito da un leader affidabile di cui i Bielorussi e il Cremlino si possano davvero fidare, e il compito principale di quel leader dovrà essere reintegrare completamente la Bielorussia nella Russia. Di nuovo, una grande differenza con la Siria.

Il Saker

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Articolo del Saker pubblicato su The Saker il 24 agosto 2020
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.

[I commenti in questo formato sono del traduttore]


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