Tre anni fa, ho detto a un professore americano della US Army War College di Washington, per quanto riguarda la campagna per restituire i posti di lavoro americani persi in Asia, che questi posti di lavoro non sarebbero mai tornati. Se n’erano andati per sempre.

Lui ha ribattuto che era precisamente così, ma che mi sfuggiva il punto, mi disse. L’America non si aspettava (o voleva) che tornasse la maggior parte di quei noiosi lavori del settore manifatturiero. Dovevano stare in Asia. Le élite, ha detto, volevano solo le “leve di comando” del settore tecnologico. Volevano la proprietà intellettuale, i protocolli, le metriche, il quadro regolatorio che avrebbero permesso all’America di definire ed espandere i successivi due decenni di evoluzione tecnologica mondiale.

Tuttavia, il vero dilemma – diceva – era: “Cosa si deve fare con il 20% della forza lavoro americana che non sarebbe più stata necessaria, quella cioè non più necessaria al funzionamento dell’economia americana guidata dalla tecnologia?”.

Di fatto, ciò che il professore ha detto non era altro che un fondamentale dilemma economico. Dagli anni ’70 e ’80 in poi, le aziende statunitensi sono state impegnate a trasferire i loro costi del lavoro in Asia. Era dovuto, in parte, al taglio dei costi e all’aumento della redditività (e ha funzionato), ma significava anche qualcosa di più profondo.

Gli Stati Uniti sono stati fin dall’inizio un impero espansionistico che ha sempre digerito nuove terre, nuovi popoli e le loro risorse umane e materiali. Il movimento in avanti, la continua espansione militare, commerciale e culturale è diventata la linfa vitale di Wall Street e della politica estera. Poiché, senza questa espansione inarrestabile, gli obblighi civili dell’unità americana vacillano. Un’America non in movimento non è America. E’ l’essenza stessa della leitkultur americana.

Ha, tuttavia, solo aggiunto ulteriori elementi al dilemma evidenziato dal mio amico di cui sopra. L’espansione è stata accompagnata da un’ondata di credito di Wall Street in tutto il mondo. E’ esploso l’indebitamento, ed è diventato sproporzionato e in equilibrio instabile sulla punta di spillo delle vere garanzie sottostanti.

E’ solo ora (per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale) che questo inarrestabile e strategico impulso espansionistico degli Stati Uniti è stato sfidato dall’asse Russia-Cina. Che hanno detto “basta”.

Tuttavia, c’è sempre un altro aspetto di questa dinamica della transizione strutturale dell’Occidente. Le sue basi, come suggeriva il professore, non risiedono più nel lavoro socialmente necessario intrinseco alla produzione di prodotti banali come macchine, telefoni o dentifrici. Il fulcro di tutto questo, invece, ora risiede [in inglese] per la maggior parte in speculazioni di indebitamento altamente infiammabili su asset finanziari come azioni, obbligazioni, future e, soprattutto, derivati, il cui valore è cartolarizzato a tempo indeterminato. In un contesto come questo, il 20% (o, forse più probabilmente, il 40%) della forza lavoro diventa semplicemente un esubero in questa economia altamente complessa, iper-finanziarizzata e interconnessa.

Ecco, quindi, il secondo dilemma: se la contrazione strutturale di un’economia basata sul lavoro gonfia il settore finanziario, la complessa volatilità di quest’ultimo può essere contenuta solo attraverso una logica di doping monetario infinito (cioè iniezioni di liquidità infinite), giustificata dalle emergenze globali che richiedono uno stimolo sempre più grande.

Come affrontare questo dilemma? Beh, non si torna indietro, non è un’opzione.

In un tale contesto, il regime pandemico diventa il sintomo di un mondo così tanto estraniato da ogni reale autosufficienza economica (adeguato a sostenere la sua forza lavoro esistente), che il dilemma può essere risolto (secondo il modo di vedere delle élite) solo agevolando la continua riduzione della vecchia economia, mentre gli asset finanziari devono essere alimentati con regolari apporti di liquidità.

Come gestirlo? Con la graduale distruzione del lavoro tradizionale contenuto nelle merci (attraverso l’automazione o la delocalizzazione), le aziende hanno utilizzato l’ideologia woke per reinventarsi. Non producono più solo “cose” ma producono output sociali. Sono stakeholder della società, “producendo” risultati socialmente desiderabili: diversità, inclusione sociale, equilibrio di genere e governo responsabile del clima. Questa transizione ha già prodotto una cornucopia di liquidità ESG che scorre nelle arterie calcificate dell’economia.

E la pandemia, ovviamente, giustifica lo stimolo monetario, mentre si prepara la successiva emergenza della “salute” climatica per legittimare un ulteriore aumento del debito per il futuro.

L’analista finanziario Mauro Bottarelli ha così sintetizzato questa logica: “Uno stato di emergenza sanitaria semi-permanente è preferibile ad un crollo verticale del mercato, che trasformerebbe il ricordo del 2008 in una passeggiata nel parco”.

Il professore di teoria critica e di italiano all’Università di Cardiff, Fabio Vighi, ha osservato l’“incurabilità” di ciò che definisce la condizione “di covid lungo della Banca Centrale”: l’iniezione di uno stimolo monetario così enorme come abbiamo visto, era possibile solo spegnendo il motore dell’economia reale, poiché una tale cascata di liquidità (6 trilioni di dollari) non avrebbe mai avuto la possibilità di fluire disordinatamente nell’economia reale (secondo le banche centrali), poiché avrebbe causato uno tsunami inflazionistico tipo Repubblica di Weimar. Piuttosto, la sua principale spinta è servita a gonfiare ulteriormente il mondo virtuale di strumenti finanziari sempre più complessi.

Tuttavia, sommato ai colli di bottiglia della catena di approvvigionamento, il getto di liquidità ha inevitabilmente causato la crescita dell’inflazione nell’economia reale, e ha quindi imposto ulteriori danni sul campo. E’ fallito l’obiettivo di gestire la riduzione manifatturiera da un lato (lockdown delle piccole attività) mentre la liquidità fluiva liberamente alla sfera finanziarizzata (per posticipare un crollo del mercato). L’inflazione sta accelerando, i tassi di interesse cresceranno, e questo porterà ad avverse conseguenze sociali e politiche, cioè rabbia invece che disciplina.

Il centro della difficile situazione per coloro che gestiscono il sistema è che, se dovessero perdere il controllo della creazione della liquidità (a causa degli aumenti dei tassi di interesse o del crescente dissenso politico), la conseguente recessione smonterebbe l’intero tessuto socio-economico sottostante.

E ogni grave recessione devasterebbe probabilmente anche la leadership politica occidentale.

Hanno quindi scelto, invece, di sacrificare il quadro democratico per adottare  un regime monetario radicato nel culto di scienza & tecnologia nelle mani delle aziende, nella propaganda mediatica e nelle narrazioni del disastro, come mezzo per procedere verso una presa del potere di una “aristocrazia” tecnocratica sulla pelle delle persone. (Sì, in certi “circoli”, viene considerata come l’ascesa di una nuova aristocrazia del denaro).

Di nuovo [in inglese], il professor Vighi:

“Le conseguenze del capitalismo dell’emergenza sono decisamente biopolitiche. Riguardano l’amministrazione del surplus umano che sta diventando sempre più superfluo a causa di un modello riproduttivo largamente automatizzato, altamente finanziarizzato e implosivo. Questa è la ragione per cui virus, vaccino e pass covid sono la Santissima Trinità dell’ingegneria sociale.

I “passaporti del virus” hanno lo scopo di addestrare le moltitudini all’uso dei portafogli digitali che controllano l’accesso ai servizi pubblici e alla sussistenza personale. Le masse (espropriate e in esubero), insieme ai non-conformi, sono le prime ad essere disciplinate dai sistemi digitalizzati di gestione della povertà supervisionati direttamente dal capitale monopolistico. Il piano è quello di trasformare il comportamento umano in un gettone, e di inserirlo nei registri blockchain gestiti da algoritmi. E la diffusione della paura globale è il perfetto bastone ideologico per guidarci come un gregge verso questo risultato”.

Il punto del professor Vighi è chiaro. La campagna vaccinale e il sistema del Green Pass non sono misure sanitarie fine a se stesse. Non riguardano “la scienza”, non hanno neanche la pretesa di avere senso. Sono strutturalmente connesse al dilemma economico delle élite e servono anche da strumento politico, con cui una nuova deroga monetaria può destituire una democrazia. Il Presidente Macron ha parlato ad alta voce di ciò che non si può dire, quando ha detto “Per quanto riguarda i non-vaccinati, io voglio davvero levarmeli dalle palle. E continueremo a farlo, fino alla fine. Questa è la strategia”.

Il Presidente del Consiglio Draghi ha in maniera simile intensificato gli attacchi ai non-vaccinati, rendendo i vaccini obbligatori per gli over 50 e imponendo significative restrizioni a chi ha più di 12 anni. Di nuovo, sebbene il mantra sia “seguire la scienza”, queste misure non hanno senso: la variante Omicron infetta prevalentemente [in inglese] chi si è vaccinato due volte, non i non vaccinati.

Due giorni fa, l’eminente vincitore del Premio Nobel, il virologo Montagnier, e un collega hanno confermato questo aspetto “obsoleto” dell’obbligo vaccinale. Scrivono sul Wall Street Journal [in inglese]:

“L’obbligo vaccinale per fermare la diffusione di una malattia richiede la prova che i vaccini preservino dall’infezione o dalla trasmissione (piuttosto che l’efficacia sugli esiti gravi come l’ospedalizzazione o la morte). Come afferma [in inglese] l’OMS ‘se l’obbligo vaccinale è considerato necessario per interrompere la catena trasmissiva o per evitare di danneggiare altre persone, ci dovrebbero esserci prove sufficienti che il vaccino sia efficace nel prevenire gravi infezioni e/o trasmissione’. Per Omicron, ancora non c’è questa prova.

I pochi dati che abbiamo, suggeriscono il contrario. Uno studio preliminare [in inglese] ha rilevato che dopo 30 giorni i vaccini Moderna e Pfeizer [in inglese] non hanno più alcun effetto positivo statisticamente rilevante contro l’infezione da Omicron, e dopo 90 giorni il loro effetto è negativo, cioè le persone vaccinate sono molto più soggette all’infezione da Omicron. A conferma di questa conclusione di efficacia negativa, i dati dalla Danimarca e della provincia canadese dell’Ontario indicano che le persone vaccinate hanno i tassi da infezione da Omicron più alti delle persone non vaccinate”.

 

L’ammissione è più unica che rara. Sia Macron che Draghi sono disperati: hanno bisogno di “liquefare” le loro economia, e di farlo presto.

In effetti, il Dottor Malone, eminente padre americano dei vaccini mRNA, scriveva così in un tweet piuttosto profetico [in inglese] (proprio due mesi prima che il suo account Twitter fosse sospeso) di coloro che sottolineano tali incongruenze e la mancanza di logica:

“Lo dirò senza mezzi termini. I medici che parlano apertamente vengono attivamente perseguitati dalle commissioni mediche e dalla stampa. Stanno tentando di delegittimarci ed eliminarci, uno a uno.
Non è una teoria del complotto ma un fatto. Per favore, svegliamoci. Sta succedendo in tutto il mondo”.

Come ha osservato il Telegraph, gli scienziati britannici di un comitato che incoraggiava l’uso della paura per controllare il comportamento delle persone durante la pandemia di covid, hanno ammesso [in inglese] che il loro lavoro era “non etico” e “totalitario”. A marzo 2021 gli scienziati segnalavano che i ministri del Regno Unito dovevano far aumentare “il livello percepito di minaccia personale” del Covid-19 perché “un numero considerevole di persone non si sentiva ancora sufficiente minacciato in prima persona”. Gavin Morgan, uno psicologo del team, ha detto: “Ovviamente, l’utilizzo della paura come mezzo di controllo non è etico. Usare la paura puzza di totalitarismo”.

Un altro membro dello SPI-B [Independent Scientific Pandemic Insights Group on Behaviours, Gruppo indipendente di approfondimento scientifico della pandemia sui comportamenti] ha dichiarato: “Lo potremmo chiamare ‘controllo mentale’ psicologico. E’ quello che facciamo… ovviamente cerchiamo di farlo in maniera positiva, ma in passato è stato usato in maniera nefasta”. Un altro collega ha avvertito che “le persone usano la pandemia per prendere il potere e arrivare a cose che non potrebbero altrimenti accadere… dobbiamo stare molto attenti all’autoritarismo che si sta insinuando”.

Il problema, tuttavia, va ben oltre una piccola “spintarella psicologica”. Nel 2019 la BBC ha istituito la Trusted News Initiative (TNI), una partnership che ora comprende molti media main-stream. La TNI è stata palesemente progettata per contrastare l’influenza della narrazione straniera durante il periodo elettorale, ma si è ampliata alla sincronizzazione di tutti gli elementi di messaggistica ed eliminare le deviazioni in tutto l’ampio regno dei media e delle piattaforme tecnologiche.

Queste “scalette” sincronizzate sono molto più potenti (e insidiose) di qualsiasi ideologia, perché funzionano non come sistema di credenze o ethos, ma come “scienza”. Non si può mettere in discussione o non ci si può opporre alla Scienza (con la S maiuscola). La Scienza non ha rivali politici. Coloro che la sfidano vengono etichettati come “complottisti”, “no-vax”, “negazionisti del Covid”, “estremisti”, eccetera. Così, la “patologizzata” narrativa della Nuova Normalità “patologizza[in inglese] anche i suoi rivali politici, spogliandoli di ogni legittimità politica. L’obiettivo, ovviamente, è la loro forzata obbedienza. Macron lo ha chiarito.

Distinguere la popolazione sulla base dello stato vaccinale è un evento epocale. Se la resistenza viene repressa, può essere introdotto un ID digitale obbligatorio per registrare la “correttezza” del nostro comportamento e regolare l’accesso alla società. Il Covid è stato il perfetto cavallo di Troia per questa svolta. Un sistema globale di identità digitale basata sulla tecnologia blockchain è stato pianificato a lungo dal programma ID2020 [in inglese], appoggiato da giganti come Accenture, Microsoft, Fondazione Rockefeller, MasterCard, IBM, Facebook e l’onnipresente GAVI di Bill Gates. Da qui, è probabile che il passaggio al controllo monetario sia relativamente facile. La CBDC [Central Bank Digital Currency, valuta digitale di una banca centrale] permetterà alle banche centrali, non solo di tracciare ogni transazione, ma soprattutto di disattivare l’accesso alla liquidità, per qualsiasi ragione considerata legittima.

Il tallone di Achille di tutti questo, comunque, è la dimostrazione di genuina resistenza popolare alla soppressione di ogni opzione di dissenso (per quanto la fonte sia qualificata) attraverso le piattaforme tecnologiche, attraverso il rifiuto di permettere alle persone una scelta informata sul proprio trattamento medico e attraverso le restrizioni arbitrarie che possano comportare la perdita di mezzi di sussistenza imposte per decreto, e sostenute da leggi di emergenza che limitano la protesta popolare.

Ma più significativamente e paradossalmente, la variante Omicron potrebbe tagliare le gambe a quei leader politici che vogliono insistere. E’ del tutto possibile che questa mite (poco letale) ma altamente contagiosa variante possa essere il “vaccino” della Natura, dandoci un’ampia misura di immunità, evidentemente migliore di quella offerta dai “vaccini” della Scienza!

Già osserviamo gli Stati europei che sono confusi e in disaccordo reciproco, prendendo linee politiche diametralmente opposte: alcuni eliminando le restrizioni e altri le aumentano sempre di più; altri Paesi, come Israele, stanno riducendo le restrizioni e stanno passando ad una politica di immunità di gregge [in inglese].

Ovviamente, il corollario al crollo dell’iniziativa tecnocratica per liquefare l’economia sovra-indebitata potrebbe essere la recessione. Questa è, sfortunatamente, la logica della situazione.

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Articolo di Alastaire Crooke pubblicato su Strategic Culture il 10 gennaio 2022
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.

[I commenti in questo formato sono del traduttore]


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