Come uno dei maggiori attivisti al mondo contro il regime di Putin, non avevo scelta: dovevo esserci a via Tverskaya, per combattere per la vostra- e la mia- libertà.
Come immaginavo, la partecipazione non è stata particolarmente alta [in inglese]. Sebbene l’area intorno al monumento di Pushkin [mappa di Google] fosse gremita, la folla si estendeva solo per mezzo isolato in ogni direzione. Un “lealista” del regime con cui ero stimava circa 5.000 persone. Un uomo con una spilla con la bandiera ucraina a cui ho chiesto la sua opinione, ha detto che erano 10.000. Fare una media tra la cifre riportate dai sostenitori e dai detrattori era stata una buona strategia per la stima dei partecipanti nel 2011-12, e la cifra finale di 7.500 persone coincideva infatti perfettamente con la stima di 7.000-8.000 dimostranti fornita dalla polizia [in russo]. Non è complessivamente poco, ma è piuttosto poco significativo in una città di 12 milioni di abitanti.
Certamente, questa era una protesta non autorizzata e, come avevo indicato precedentemente [in inglese], molto del “plancton” impiegatizio – che forma la maggior parte dei sostenitori di Navalny – è contrario a correre rischi e non si presenta a questo tipo di proteste. Non vogliono correre il rischio di essere arrestati, non quando potrebbe avere effetti sul proprio posto di lavoro. Tuttavia, in questa manifestazione c’era un terzo dei partecipanti rispetto al 2012 nella ridicola, e anch’essa non autorizzata, “Marcia dei Milioni” del 6 maggio, con circa 25.000 partecipanti [in inglese].
Con l’assenza degli impiegati, la composizione demografica dei partecipanti era fortemente sbilanciata verso i giovani e gli studenti universitari, anche se c’erano un po’ di persone più anziane con quel certo look da intellighenzia sovietica.
Sicuramente c’erano molti sostenitori di Euromaidan: a parte il tipo con la spilla con la bandiera ucraina, c’era un altro uomo che aveva il look di un veterano della protesta e che intratteneva una piccola folla con i suoi racconti delle avventure contro la polizia a Khabarovsk, a Kiev in 2014 e successivamente a Kharkov (la polizia locale lì era ostile, e dovettero quindi aspettare parecchio per avere rinforzi da Poltava e da più oriente; mettendo insieme le cose, lui era uno di quelle persone che avevano ostacolato la formazione della Repubblica Popolare di Kharkov). Comunque, la “ucrainofilia” non era rilevante come a Ekaterinburg, dove la folla cantava “Chi non salta è Dimon” (uno slogan fatto sulla falsariga di “chi non salta è un Moskal [dispregiativo per “russo”]”, il grido di battaglia della folla di “Gloria all’Ucraina”).
(Detto per inciso, questa è una delle ragioni per cui le proteste in Russia non sono così partecipate: durante Euromaidan gli Ucraini, almeno, sono arrivati a sparare per nazionalismo; diversamente, i Russi pro-Ucraina in queste proteste sono come dei “molestatori” per il nazionalismo altrui. Ripensandoci, richiamare i partecipanti alla prossima protesta urlando “Gloria alla Russia” potrebbe essere una buona idea).
Ovviamente c’erano molti giornalisti. Molti di loro erano di media locali. Ne ho osservati un paio del canale tv di opposizione Dozhd, e un gruppo della tv di Stato. Detto per inciso, diversamente da alcune versioni diffuse, la protesta è stata riportata dai media di stato, sia in russo che in inglese [in inglese]. Non mi sembra ci fossero molto giornalisti stranieri (forse è ancora un po’ presto per questa fase politica). Comunque, uno di loro, Alec Luhn di The Guardian, ha fatto in modo di farsi arrestare [in inglese] e accusare di infrazione amministrativa, e ovviamente ha protestato. D’altro canto, questa mano pesante non è esclusiva della Russia (per esempio, sei giornalisti di Russia Today sono stati accusati [in inglese] di aver documentato gli episodi di violenza durante l’insediamento di Trump).
Dopo 30 minuti dall’avvio della marcia, la polizia e l’OMON [Unità Speciale Mobile della Polizia] hanno cominciato ad arrestare le persone, insinuandosi in mezzo alla folla e trascinando le persone verso i mezzi della polizia parcheggiati. Anche Navalny è stato arrestato prima che riuscisse ad arrivare al monumento di Pushkin (figuriamoci se arrivava al Cremlino, che era la sua destinazione).
Gli arresti sono stati effettuati in gran parte senza violenza, anche se sono state fermate centinaia di persone e un poliziotto è stato ricoverato per un trauma cranico [in russo] causata da un calcio di un contestatore.
Anche se sono piuttosto poco preoccupato sulle conseguenze di un mio arresto (sono un convinto NEET [in italiano] quindi non devo temere alcuna ripercussione sul mio lavoro o sulle mie prospettive educative, anzi un arresto sarebbe un nuovo interessante argomento), di certo non volevo che il mio primo arresto in Russia avvenisse durante una dimostrazione del c***o di Nalvalny, e ho quindi cominciato ad allontanarmi appena sono cominciati gli arresti. Ho passato le successive due ore bevendo in un bar con il mio amico “lealista”.
Verso sera sono tornato a piazza Pushkin. C’era molta meno gente ma le persone continuavano a discutere i fatti del giorno, mentre la polizia ogni tanto piombava sulla folla per chiedere se stessero manifestando, e ad intessere dibattiti filosofici con la polizia sulla semantica dell’espressione “gruppo di discussione” e “gruppo di protesta”, e sul punto esatto in cui uno si trasformasse nell’altro.
Sono quindi andato a prendere la metropolitana.
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Articolo di Anatoly Karlin pubblicato da The Unz Review il 26 marzo 2017
Traduzione in Italiano a cura di Elvia per SakerItalia.it
Servi stupidi dell’Occidente.