Il Primo Ministro israeliano Netanyahu è arrivato in Ucraina in visita ufficiale. Gran parte degli esperti afferma che la visita sia motivata da due ragioni: Israele ha notato che l’Ucraina è l’unico stato al mondo, a parte lo stesso Israele, in cui il primo ministro e il presidente sono ebrei, e che Netanyahu ha le elezioni il 17 settembre e in Israele risiedono molte persone provenienti dall’Ucraina.

Io credo che entrambe le ragioni della visita siano sbagliate. Ma anche i motivi addotti dallo stesso Netanyahu possono difficilmente essere considerati veri. A quanto pare, lui doveva firmare un accordo per una zona di libero commercio e risolvere i problemi umanitari (ai Banderisti hanno cominciato a negare l’accesso in Israele su larga scala, e l’Ucraina periodicamente rimanda indietro degli Ebrei, impedendogli l’ingresso) e, in più, Zelensky lo ha invitato un paio di mesi fa.

Cominciamo con le spiegazioni del Primo Ministro israeliano. Non è necessario avere una conoscenza approfondita delle relazioni internazionali per capire che un invito non è lontanamente una ragione per una visita, per di più così affrettata. Zelensky è presidente da neanche un anno, non ha ancora nominato il suo governo, invita tutti quelli che può, ma Netanyahu è il primo leader ad onorarlo della sua attenzione.

Anche altre ragioni addotte da Netanyahu non sono sufficienti per il Primo Ministro israeliano (uno dei più importanti player del Medio Oriente e in tutto lo scenario mondiale) per precipitarsi in Ucraina in un momento in cui il suo paese è in difficoltà per questioni di politica interna ed estera. Un accordo per una zona di libero commercio potrebbe essere firmato anche dall’ambasciatore, e il problema del non accesso degli Ucraini in Israele (e viceversa) è stato formalmente risolto grazie dalla Dichiarazione sulla intensificazione degli scambi commerciali, che è stata firmata dai ministri dell’Interno dei due paesi il 12 luglio.

Nel complesso, Netanyahu non ha chiaramente alcuna ragione per stare a Kiev. Ha persino deposto fiori al monumento di Babi Yar [in inglese] in memoria delle vittime dei Nazisti e dei Banderisti, predecessori dell’attuale governo ucraino che erano in carica durante la sua visita precedente, 20 anni fa, nel 1999.

A proposito, quella visita si svolse poco tempo prima delle elezioni in Israele, che Netanyahy comunque perse. Quindi, anche l’ipotesi degli esperti secondo cui sta provando in questo modo a guadagnare voti aggiuntivi, non regge. Inoltre, se nel 1999 una visita in Ucraina poteva comunque avere un impatto positivo sulle prospettive elettorali del partito del primo ministro, oggi invece è più che discutibile. Molti ex cittadini ucraini vivono in Israele ma là i Banderisti non piacciono, per usare un eufemismo. E lo stesso Netanyahu mostra con fervore i suoi poster con Vladimir Putin. Se voleva puntare sui patrioti ucraini in Israele, questa mossa pubblica avrebbe avuto un effetto negativo, perché loro (i patrioti ucraini) sono ostili alla Russia e al suo presidente. In più, come già detto, durante la visita non ci si aspettano grandi svolte nelle relazioni bilaterali, quindi in Israele pochi ci stanno facendo attenzione, e se ne dimenticheranno prima delle elezioni.

E due ebrei in carica in Ucraina non sono una ragione per una visita. Comunque, uno di loro (Zelensky) vuole sbarazzarsi del secondo (Groisman) [in inglese] e il terzo (Kolomoisky) [in inglese] governa il paese. Bene: visto che le autorità ucraine di solito chiedono qualcosa ai colleghi stranieri, allora se Netanyahu voleva dargli supporto, non gli avrebbe portato un accordo di libero commercio (che dopo la firma deve essere ancora essere ratificato) ma soldi e armi (almeno un po’).

Quindi lo scopo della visita è senza dubbio un altro. Non ci sbaglieremmo se determinassimo che questo scopo è direttamente correlato alla Russia e alla situazione in Medio Oriente. Lasciate che vi ricordi che lo scorso anno Netanyahu è andato in visita da Vladimir Putin come se stesse semplicemente andando al lavoro, e che quest’anno si sono incontrati due volte (per inciso, alla vigilia delle elezioni israeliane di aprile).

Non è difficile indovinare che, se il primo ministro israeliano avesse risolto un problema collegato alla Russia, avrebbe smesso di precipitarsi a Mosca. Ma finora non è stato in grado di risolverlo e ha esaurito le argomentazioni in suo possesso.

E’ anche chiaro quale sia questo problema. Mosca è attivamente coinvolta nella soluzione della crisi in Siria. Non solo sostiene Damasco nella sua lotta contro i ribelli (gli Islamisti) e gli interventisti occidentali, ma è stata anche capace di costruire una coalizione sufficientemente solida – sebbene legata alle circostanze – composta da Russia, Siria, Turchia e Iran, cioè la coalizione che determina oggi l’equilibrio del potere in Medio Oriente. Allo stesso tempo, l’Iran è un nemico di lunga data di Israele, e le relazioni tra la Turchia e lo Stato ebraico si sono deteriorate seriamente da quando le forze speciali israeliane hanno attaccato la “Freedom Flotilla” che era accorsa per spezzare il blocco di Gaza nel maggio 2010: negli scontri con l’equipaggio e i passeggeri della nave Mavi Marmara, otto cittadini turchi rimasero uccisi e uno disperso. Il conflitto di Israele con la Siria è proseguito dalla guerra dei Sei Giorni del 1967, quando Tel Aviv occupò, e poi annesse nel 1981, le alture del Golan. Damasco non ha riconosciuto l’annessione. Non l’hanno fatto neanche le Nazioni Unite.

In vista del cambiamento nell’equilibrio generale delle forze in Medio Oriente, Israele, che ha avuto parte attiva nel fomentare la guerra civile in Siria e nel sostenere le bande islamiste che hanno terrorizzato il paese, si è trovato difronte alla prospettiva di un conflitto militare. La Siria ha tutte le ragioni nel prossimo futuro (dopo che sarà ripristinato il controllo su Idlib e sulle regioni curde) di provare a riprendersi le Alture del Golan, che Israele ha usato per compiere atti di aggressione contro quel paese.

In sette anni di guerra civile, l’esercito siriano ha acquisito una preziosissima esperienza di combattimento, sostenuta dai gruppi pro-Iran con base in Libano. Damasco ha ricevuto dalla Russia i più avanzati veicoli blindati, sistemi di artiglieria e di difesa aerea, e gli specialisti militari russi hanno addestrato i siriani ad utilizzare questo equipaggiamento. In Siria, le basi navali e aeree russe sono dislocate in maniera permanente, rendendo la sconfitta militare di quel paese impossibile per principio. Teheran sarà pronta a fornire tutta l’assistenza possibile a Damasco, e la Turchia rispetterà la neutralità. Dato che l’esercito israeliano non ha vinto nelle due ultime guerre con il Libano (1982 e 2006), la situazione nel suo complesso è scoraggiante per Tel Aviv.

La leadership israeliana capisce che la sua via di uscita è di coinvolgere la Russia come intermediario. Ma allo stesso tempo Israele non vuole sacrificare nulla, assumendo una posizione inflessibile e rifiutando di cercare un compromesso (che potrebbe essere la restituzione volontaria alla Siria delle Alture del Golan, mentre la Russia garantirebbe la sua demilitarizzazione). Mosca è pronta a cercare un accordo di pace con Damasco e Teheran sulla base di un compromesso, ma assolutamente non sulla base di concessioni a Israele.

Convinto che non potrà essere così facile far inclinare Mosca verso il suo lato, Netanyahu sta cercando nuovi argomenti. Lui sa che la Russia è sensibile alla crisi ucraina, e si mostra pronto per lavorare attivamente verso questa direzione al fine di interessare Mosca.

Lo scopo principale di questa visita è di farsi un’idea delle abilità e delle capacità dei partner ucraini, e di capire quanto effettiva possa essere l’interazione con loro.

Io credo che una profonda delusione attenda Netanyahu.

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Articolo di Rostislav Ishchenko pubblicato su Stalker Zone il 19 agosto 2019
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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