Cominciamo con il contesto essenziale del meeting che si è svolto martedì 26 marzo a Parigi tra il presidente cinese Xi Jimping e tre pezzi grossi europei, il presidente francese Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker.
Per quanto imperfette possano essere queste cifre, la crescita economica degli ultimi 10 anni, dopo la crisi finanziaria del 2008 – che è stata un fenomeno “prodotto in Occidente” – racconta una storia illuminante.
Crescita della Cina, 139%; crescita dell’India, 96%; crescita degli Stati Uniti, 34%; crescita dell’Unione Europea, in negativo del 2%.
I media del mainstream francese, controllati da un gruppo di raffinati oligarchi, hanno fatto circolare la storia ridicola che Macron “abbia imposto” questo meeting a quattro a Xi per fargli pressione sulla nuova strategia europea, che punta a “chiarire” l’ambiguità cinese in relazione alla Nuova Via della Seta.
Come ho già raccontato [in inglese] in precedenza, ora l’Unione Europea marchia la Cina come “rivale sistemica”, e sembra aver compreso che Pechino sia “un competitor economico in cerca della leadership tecnologica”. Tradotto: una minaccia alle norme e ai valori europei.
Xi era appena arrivato da Roma, dove la populista ed euroscettica coalizione di governo Lega-M5S è diventata la prima nazione del G7 a firmare una partnership con la Nuova Via della Seta, soffiando sul fuoco della paura atlantista.
Quindi, alla fine, che reazione abbiamo ottenuto dalla cancelliera Angela Merkel mentre l’Unione Europea affrontava un processo che le elite francesi descrivono come sino-globalizzazione?
Abbiamo ottenuto realpolitik. La Merkel ha sottolineato che la Nuova Via della Seta era un progetto “importante”: “Come europei, vogliamo essere parte attiva: questo deve portare ad una certa reciprocità, e noi ci stiamo ancora un po’ discutendo”. Ha aggiunto: “stiamo vedendo il progetto come una buona rappresentazione di interazione, interrelazione e interdipendenza”.
La Merkel stava essenzialmente riportando la posizione delle elite imprenditoriali tedesche: in quanto potenza commerciale, il futuro della Germania sta nel business a crescita veloce dell’Asia e soprattutto della Cina.
Berlino quindi, invece di demonizzare Roma, prenderà in pratica la stessa strada. Dopo tutto, Duisburg, nella valle della Ruhr, è già de facto il terminal della Nuova Via della Seta in Nord Europa.
Xi e i suoi partner europei non hanno mancato di sottolineare il multilateralismo. Non c’è un più lampante contrasto con la versione dell’amministrazione di Trump, che definisce la Cina una minaccia e la Nuova Via della Seta una “vanità” cinese. Junker ha provato anche a disinnescare la tensione “sistemica”: “Comprendiamo che alla Cina non piaccia il termine ‘rivale’, ma è un complimento che descrive le nostre ambizioni condivise”.
Aggiungeteci che Xi ha anche sentito il bisogno di ricordare l’ovvio alla leadership europea. La Cina continuerà ad “aprirsi”, essendo riuscita in solo 40 anni a realizzare ciò che l’Europa ha fatto nell’arco di una intera rivoluzione industriale.
Nuova Via Aerea della Seta, interessa a qualcuno?
Sul fronte – sotto attacco – di Macron, la Nuova Via della Seta sembra che sia più de facto la Nuova Via Aerea della Seta.
Nessuno, tranne Boeing, questiona sui 30 miliardi di euro e più della commessa cinese per comprare 300 Airbus. Ed è solo l’inizio. Il fatto che Pechino userà la tecnologia Airbus per rafforzare la sua capacità aerea [in inglese] sotto il cappello del “Made in China 2025”, è tutta un’altra questione.
Parigi quindi potrebbe non essere diventata, come Roma, un partner ufficiale della Nuova Via della Seta. Non ancora almeno. Ma le promesse sono piuttosto indicative su tre fronti:
- Enfasi sul multilateralismo “forte ed efficiente”. Non è esattamente la retorica stile Trump.
- Azione congiunta con Pechino sul cambiamento climatico e la biodiversità
- Partnership economica e commerciale che rispetti gli interessi reciproci. Questa è, di fatto, la politica ufficiale della Nuova Via della Seta fin dall’inizio, nel 2013.
Quindi, quando mettiamo a confronto le differenti strategie di Roma e Pechino, Xi ne è venuto fuori con un vantaggio per tutti.
Come prevedibile, la Merkel è stata cauta nel pararsi: “la triangolazione tra Europa, Cina e Stati Uniti è molto importante. Senza gli Stati Uniti non saremo in grado di avere multilateralismo”.
Nello stesso tempo, ha sottolineato che la guerra tra USA e Cina stava “colpendo la nostra economia tedesca”.
Per quanto riguarda il Team Macron, con il proprio leader ossessionato dal porsi come il salvatore dell’Unione Europea prima delle elezioni del Parlamento europeo di maggio, non ha potuto fare a meno di seguire la direzione di Roma.
Secondo un accolito di Macron: “in Europa c’è questa brutta abitudine di avere 28 diverse politiche, con dei paesi che competono gli uni contro gli altri per attrarre gli investimenti. Dobbiamo parlare con una voce comune, se vogliamo esistere. Abbiamo lo stesso approccio sul tema del 5G: evitare 28 diverse decisioni”.
Il Gran Prix 5G di Monaco
Il che ci porta al caso del Principato di Monaco (non esattamente un premio squallido), puntualmente visitato da Xi, il quale ha ricevuto un’accoglienza letteralmente regale.
Il Principato è assolutamente bramoso di divorare il mercato cinese a rapida crescita del turismo di lusso. E questo spiega perché Monaco abbia già firmato un accordo con Huawei per essere il primo paese ad essere completamente coperto dalla rete 5G entro la fine del 2019.
Parigi, a proposito, non ha escluso di usare gli apparati Huawei. E come candelina sulla torta, indovinate quale città ha scelto Huawei per la presentazione mondiale della sua spettacolare nuova serie di smartphone P30? Parigi.
Non fatevi trarre in inganno: per Pechino, in termini di relazioni commerciali ed economiche, Berlino è molto più importante di Parigi. Ma tutte queste tre città – Berlino, Parigi, Roma – hanno ruoli importanti da giocare.
La Nuova Via della Seta, riconnessa all’Italia dopo mezzo millennio, accelererà l’integrazione euro-asiatica e avrà anche, a lungo termine, più influenza sia sull’Unione EuroAsiatica sia sull’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai.
Le imprese europee, e anche i politici eurocrati, stanno cominciando a capire che l’Europa non può permettersi di diventare un campo di battaglia della Guerra fredda 2.0 tra Stati Uniti e Russia, non può permettersi di diventare un ostaggio di Washington che viola il diritto internazionale (per esempio, la distruzione dell’accordo sul nucleare iraniano e il riconoscimento delle alture del Golan come parte di Israele) e non può permettersi di diventare una vittima dei capricci commerciali di Washington.
Non meraviglia quanto lentamente, ma con sicurezza, l’Unione Europea sta spostando le sue priorità verso Oriente, anche verso la sua “rivale sistemica”.
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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su TheSaker il 28 marzo 2019
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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