Credo che non sia stato per nulla casuale che a Valdai Vladimir Putin abbia cominciata a parlare del pericolo crescente di una guerra nucleare, che abbia ripetuto l’assioma che la Russia è pronta a portar via il mondo intero con se stessa, e che abbia discusso la titolarità del diritto ad un attacco preventivo.

Sull’ultimo argomento, gli esperti hanno dato il via ad una discussione in merito al fatto che il presidente della Russia abbia o meno voluto intendere un attacco preventivo nucleare e, se fosse così, come questo si colleghi alla sua dichiarazione in merito al fatto di non essere il primo a sparare il colpo nucleare.

Risponderemo brevemente.

In primo luogo, corrisponde: un attacco preventivo è infatti considerato dal diritto internazionale come una risposta ad una aggressione che è già diventata inevitabile. Si deve, comunque, provare che l’aggressione fosse inevitabile. E’ però improbabile che qualcuno sia interessato alle prove dopo una guerra nucleare. Chi vince sarà l’unico che sopravvive, e non molti sopravvivranno (sempre che sopravviva qualcuno): saranno individui e/o comunità, non stati o organizzazioni internazionali. Quindi, se la dirigenza russa riceve delle informazioni sull’inevitabilità di un massiccio attacco nel giro di poche ore contro la Russia, ha il diritto (e anche il dovere) di sparare un colpo nucleare preventivo, senza che questo significhi dover essere la prima ad usare un’arma nucleare.

In secondo luogo, non è affatto importante: anche se un colpo preventivo fosse sparato con armi convenzionali di precisione, sarebbe diretto contro le basi dove vengono schierati i vettori di armi nucleari e i sistemi di difesa anti-missilistici che minacciano la Russia. Dal punto di vista delle dottrine militari sia dell’Unione Sovietica che della Russia, un attacco massiccio di elementi nucleari strategici da parte di forze non-nucleari, equivale all’inizio di una guerra nucleare e garantisce il diritto ad una risposta nucleare. Gli Americani affrontano la questione nella stessa, esatta maniera.

Quindi, per principio non ha alcun senso discutere se Vladimir Putin intendesse o meno un attacco preventivo o esclusivamente reciproco, nucleare o non-nucleare, da parte della Russia. Ha evidenziato in maniera assolutamente chiara il forte incremento del livello di pericolo di un confronto nucleare. E questa è la cosa più importante perché “chi ha cominciato per primo” non avrà nessuna importanza, nessuno lo accerterà o lo saprà.

Perciò, la domanda che a noi interessa di più può essere: “Perché il presidente della Russia ha cominciato a parlare della minaccia di una catastrofe nucleare proprio ora, quando non stiamo attraversando il più profondo aggravarsi delle crisi in Siria e in Ucraina, e quando sulla penisola coreana Seul e Pyongyang mostrano un livello di cordialità senza precedenti, discutendo seriamente della denuclearizzazione della penisola nell’ambito dello sviluppo del dialogo inter-coreano e della cooperazione economica tra il Nord e il Sud?”

Sono sicuro che sia stata una risposta preventiva alla decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dal Trattato INF [in inglese, Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty], annunciata il giorno dopo.

Perché questa decisione ha causato un tale aspra reazione? Dopotutto, il Trattato INF firmato a Washington da Gorbachev e Reagan l’8 dicembre 1987, è entrato in vigore nel giugno 1988, ed è stato realizzato già nel giugno 1991. Cioè, tutti i sistemi che rientravano nel divieto erano stati distrutti sia dalla Russia che dagli Stati Uniti. Inoltre, lo sviluppo delle attrezzature militari in questi trent’anni permette di assegnare compiti che erano stati precedentemente risolti dai sistemi che sono stati distrutti per via dell’INF, ad altri sistemi che sono anche più efficaci, senza violare formalmente il Trattato stesso.

Il Trattato vieta la produzione e il dispiegamento di razzi terrestri con gittata dai 500 e i 5000 chilometri. Oggi però la Russia ha nel suo arsenale il sistema “Iskander” (con gittata fino ai 500 Km) e ha dispiegato i missili da crociera terra-aria “Kalibr” (non ricadono nell’ambito delle restrizioni del Trattato, cosa su cui in passato hanno insistito gli Americani). La gittata dichiarata di questi missili può raggiungere i 1500 chilometri. Allo stesso tempo alcune fonti parlano di 2000-2500 chilometri. La gittata del “Kinzhal” (inclusa la portata del vettore) collocato su un Tu-22M3, raggiunge i 3000 chilometri, se però teniamo presente il raggio di combattimento dell’aereo a livello supersonico. In un regime misto (usando sia il subsonico che il supersonico) il raggio di combattimento dell’aereo passa, rispettivamente, da 1500 a 2500 chilometri, così il raggio del missile insieme al razzo può raggiungere i 4000 chilometri.

Cioè: senza violare formalmente l’INF, con l’aiuto degli ultimi sviluppi, la Russia è in grado di raggiungere degli obiettivi che nel secolo scorso erano raggiungibili solo da missili a medio raggio. In più, le recenti novità tecnologiche che impatteranno le truppe nei prossimi 10-12 anni, hanno in generale una portata arbitraria, cioè in principio non ci sono per loro obiettivi inarrivabili sulla Terra.

Ricorderò anche che la Russia ha in passato dichiarato la possibilità di ritirarsi dal Trattato INF, in caso gli Americani si ritirassero dal Trattato ABM [Il trattato anti missili balistici]. Penso che un ritiro non sia effettivamente avvenuto, perché era più efficace sviluppare e adottare nuove armi di alta precisione che permettessero di non violare il Trattato, e allo stesso tempo di non essere particolarmente legati da un punto di vista strategico.

In 30 anni la Russia ha semplicemente capovolto la situazione. Al tempo in cui è stato firmato l’INF, gli Stati Uniti avevano un enorme vantaggio nelle armi di precisione non-nucleari, che già allora erano in grado di colpire i missili strategici sovietici (e più tardi, russi) con il primo attacco non-nucleare di annientamento. L’Unione Sovietica ha risposto a queste classi di missili americani (incluso il missile da crociera “Tomahawks”) con i suoi missili a medio-raggio, nella cui produzione aveva un vantaggio tecnologico. Gli Stati Uniti hanno ritirato dal Trattato i missili da crociera lanciabili dal mare e dal cielo (avendo promesso che sarebbero stati solo una parte degli armamenti dell’equipaggiamento non-nucleare), ma allo stesso tempo hanno completamente privato l’Unione Sovietica/Russia di un’intera classe di armamenti strategici in cambio dell’eliminazione delle loro analoghe forze nucleari a medio raggio, che per loro non erano importanti.

Ossia: in quel momento gli Stati Uniti potevano risolvere problemi strategici senza usare missili a medio raggio, ma la Russia no, quindi Washington era favorevole a distruggere questo tipo di missili. Ora, con grande dispiacere per gli Americani, è diventato chiaro che per quanto riguarda le armi ad alta precisione (tra cui i missili da crociera e balistici), la Russia li ha seriamente superati, e questa superiorità crescerà nel prossimo futuro. In più, Mosca può farlo senza formalmente violare l’INF.

Washington aveva quindi bisogno di risanare gli armamenti solo nella classe di missili a medio raggio, in modo tale che il suo ritardo tecnologico rispetto a Mosca non si trasformasse in un fattore di impotenza strategica. Dopo tutto, chiunque capisce che il carrarmato T-90 può distruggere un T-34 anche senza arrivare nella traiettoria di fuoco della sua torretta (per non parlare dei colpi effettivi). Questo si applica anche ai missili. Non è importante solo il missile, sono importanti anche i suoi dati tecnici e tattici.

Ma proprio come un carrarmato obsoleto può distruggere una sua moderna controparte se risulta essere piuttosto vicino per essere colpito in maniera efficace, il punto debole di un’arma missilistica può essere compensata dalla prossimità alla sua posizione.

Ed è proprio qui che sta il pericolo. Se gli Stati Uniti non hanno ancora perso tecnologia di produzione di quei missili a medio raggio che erano operativi negli arsenali negli anni ’80, possono piuttosto velocemente produrre in serie centinaia di missili del tipo “Pershing II”. La domanda successiva è: dove sarebbero installati? Non possono raggiungere il territorio russo dal territorio americano. Ci sono tre opzioni: Europa, Giappone e Corea del Sud. Non è scontato che Seul sia d’accordo di partecipare ad un nuovo turno della corsa agli armamenti, tenendo presente la luna di miele con Pyongyang e la paura reale di essere messa dagli Stati Uniti sulla linea di fuoco degli attacchi missilistici ritorsivi di Corea del Nord e Cina. Dalla penisola coreana e dalle isole giapponesi è possibile lanciare solo verso l’estremo oriente, dove gli obiettivi dei missili sono, parlando francamente, pochi, distanti tra loro e molto ben nascosti.

L’ultima volta, i luoghi principali in cui sono stati installati i missili a medio-raggio statunitensi sono stati nell’Europa occidentale (Germania, Gran Bretagna, Italia, Danimarca). All’epoca il tempo di volo di un Pershing per Smolensk era di 6 minuti, e di 10 per Mosca. Questo ha fortemente ridotto il tempo per prendere le decisioni in una situazione di crisi, e ha aumentato la probabilità di un conflitto accidentale. E’ precisamente per questa ragione che la leadership sovietica dell’epoca, come quella attuale russa, metteva in guardia sul fatto che gli Stati Uniti avevano cominciato un gioco pericoloso che rischiava di finire in un conflitto incontrollato, tale da diventare istantaneamente una guerra nucleare su larga scala.

Ora è lontano dall’essere un fatto che gli Americani riescano a mettere i missili negli stessi paesi in cui li avevano messi nello scorso secolo. Finora è solo la Gran Bretagna che ha sostenuto gli Stati Uniti in maniera evidente, avendo dichiarato che non si considera più legata al Trattato INF. Germania e Italia non sarebbero entusiaste di ricevere tale proposta. Oltre a questo, Trump ha cominciato una guerra economica contro l’Unione Europea, la cui parte principale è rivolta proprio contro la Vecchia Europa.

Ma c’è una Nuova Europa. Chi può garantire che la Polonia e i Paesi Baltici, a cui si è aggiunta l’Ucraina, discuteranno a lungo dopo avere ricevuto dagli Stati Uniti la proposta di installare i Pershing (o qualcosa di simile) sul loro territorio?  Ma, dopo tutto, in quel momento il tempo di volo dei missili verso Mosca sarà di non più 3-4 minuti, e di 1 minuto per San Pietroburgo.

E’ davvero una situazione in cui ogni avvenimento fortuito può provocare un attacco preventivo. In più, in una situazione in cui un attacco si applica ai siti di lancio di missili nucleari americani, è possibile senza fare filosofia lanciare immediatamente dei missili intercontinentali anche su Washington. Comunque, l’escalation del conflitto a conflitto nucleare globale sarà una questione di pochi minuti, o nel caso migliore, di diverse ore.

E questo è ciò di cui ha parlato Putin a Valdai, quando ha promesso agli aggressori che noi andremo in paradiso e loro semplicemente moriranno.

Il sistema di trattati internazionali volti ad assicurare la stabilità nucleare faceva affidamento sul Trattato di Non Proliferazione Missilistica [MTCR, Missile Technology Control Regime], sul Trattato di Non Proliferazione [NPT, Non-Proliferation Treaty], sul Trattato Anti Missili Balistici [ABMT, Anti-Ballistic Missile Treaty], sugli accordi SALT I e SALT II [Strategic Arms Limitation Talks], sui trattati START I e START II [Strategic Arms Reduction Treaty], sul Trattato di Mosca [SORT, Strategic Offensive Reductions Treaty], su START III e sul Trattato INF. [tutti i link in inglese].

Il Trattato MTCR e quello di Non Proliferazione sono diventati praticamente inutili pezzi di carta. Dopo averci sputato sopra, India e Pakistan si sono dotate di armi nucleari. Anche se Israele è informalmente una potenza nucleare, con una capacità stimata di 100-200 testate nucleari tattiche, il “mondo civilizzato” fa finta di non essere a conoscenza che un paese in guerra permanente sta violando questo Trattato. Bene: dopo che la Repubblica Democratica di Corea non solo non è riuscita a realizzare il suo programma nucleare, ma ha anche ricevuto aiuto tecnologico dall’Ucraina, in modo da essere in grado di fare tutti i tipi di classe di missili, tra cui quelli intercontinentali, non ha senso parlare di efficienza dei trattati MTCR e di Non Proliferazione. Chiunque abbia un peso internazionale leggermente superiore a quello dello Swaziland o del Lesotho, sarà in grado di fare ciò che Kim Jong-un è riuscito a fare. Come è noto, gli Stati Uniti si sono ritirati dal Trattato sui Missili Anti-balistici.

L’accordo SALT I ha limitato gli arsenali strategici ai livelli raggiunti alla fine del 1972 (cioè, decine di migliaia di vettori). SALT II non è entrato in vigore perché il senato americano ha bloccato la sua ratifica in concomitanza con l’ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan. START I e il Trattato di Mosca non sono effettivi, perché sono stati sostituiti da START III, che ha leggermente ridotto il numero totale di vettori dispiegati, in paragone al Trattato di Mosca. START II (che ha proibito l’equipaggiamento dei missili con testate separabili a guida individuale) è stato firmato nel 1993 e ratificato dalla Duma di Stato nel 2000: nel 2002 la Russia si è ritirata dall’accordo in concomitanza con il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato dei Missili Anti-balistici.

Così, dopo che oggi gli Stati Uniti hanno dichiarato di ritirarsi dal Trattato INF, cioè dall’intero sistema di trattati internazionali che regolano il sistema dei potenziali strategici, solo START III di fatto è effettivo, ma è poca cosa nel contesto della corsa agli armamenti.

Gli Stati Uniti forse vogliono ripetere il fruttuoso tentativo di ricatto che è avvenuto negli anni ’80, che ha costretto l’Unione Sovietica a fare concessioni e alla fine ha aiutato il suo collasso finale. Ma la situazione ora è radicalmente diversa. Primo, la Russia ha un’esperienza equivalente, e sa che deve considerare la parola data e i contratti firmati per quello che sono. Secondo, se la Russia finora si è mossa lungo una linea ascendente sia in politica che in economia, per gli Stati Uniti nel migliore dei casi possiamo quindi parlare di stagnazione. Ma Trump preferisce parlare di una crisi che vuole superare e “rendere di nuovo grande l’America”. Terzo, rispetto alle tecnologie militari, durante l’ultimo secolo l’Unione Sovietica rincorreva gli Stati Uniti, ma ora sono gli Stati Uniti che giocano a rincorrere. Quarto, le storie sui caccia di quinta generazione, così come gli ultimi cacciatorpediniere e navi da superficie, dimostrano la spudorata inefficienza del complesso militare e industriale degli Stati Uniti, dopo che è stata spesa una enorme quantità di soldi e non ci sono risultati. Quinto, nel secolo scorso tutti i centri di forza mondiali (USA, Europa, Cina e Giappone) erano in contrapposizione con l’Unione Sovietica, che era costretta a spalmare le scarse risorse militari, politiche, finanziarie, economiche e diplomatiche per coprire lo stallo complessivo. Ora anche il Giappone non sostiene in maniera assoluta e incondizionata gli Stati Uniti. In Europa, l’America ha solo la Gran Bretagna, che è lacerata da contraddizioni interne, e da alcuni paesi poveri limitrofi. Lo scontro che gli Stati Uniti hanno con la Cina è più duro di quello che hanno con la Russia, e ora l’America comincia a parlare di sanzioni anche contro l’India.

In generale, se la conseguenza delle azioni americane è un tentativo di ricatto, allora questo tentativo è condannato a fallire. Ma questo non cancella il pericolo militare di questo gioco. Se si frigge un kebab su un barile di polvere da sparo, prima o poi ci sarà un’esplosione. Quindi sarà obbligatorio sviluppare un nuovo sistema di trattati internazionali con la finalità di restringere, ridurre e, idealmente, smaltire gli arsenali nucleari. Ma per cominciare gli Stati Uniti hanno bisogno di rendersi conto del loro posto nel mondo, e di accettarlo.

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Articolo di Rostislav Ishchenko pubblicato su The Saker il 23 ottobre 2018
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per SakerItalia.it

[le note in questo formato sono del traduttore]

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