Mentre monta l’ostilità occidentale guidata dagli USA contro Mosca, il nuovo governo di Vladimir Putin è destinato a essere un gabinetto di guerra.

Immediatamente dopo la sua inaugurazione officiale di lunedì, il presidente russo Vladimir Putin dovrebbe annunciare il nuovo governo. E una bomba è in preparazione. Il nuovo gabinetto è destinato a essere una Stavka [in inglese], cioè un gabinetto di guerra [qui, in italiano].

Nel contesto dell’interminabile saga del Russiagate, delle sempre più severe sanzioni americane, della farsa Skrypal (che, a proposito, è totalmente sparita dai notiziari occidentali) e della seria escalation in Siria, in contrasto con il tentativo nel processo di pace di Astana da parte di Russia, Iran e Turchia, questa è un’opzione praticamente inevitabile del Cremlino.

Già quattro anni fa l’ex ufficiale militare Yevgeny Krutikov, editorialista per Vzglyad, spiegava [in russo] ciò che per la Russia costituivano le linee rosse per Stati Uniti e NATO: Ucraina, Georgia, Finlandia, Svezia, “azioni non amichevoli di Lituania e Polonia” contro l’enclave di Kaliningrad e la navigazione nel Baltico, e ultimo ma non meno importante, l’Artico, “pressoché il posto ideale per tutte la basi disponibili per lanciare un primo attacco, sia con armi nucleari sia con armi strategiche ad alta precisione non nucleari”.

Eppure la nuova e assoluta linea rossa è la Siria, come delineato recentemente dal Ministro della Difesa russo: ad ogni attacco contro risorse e personale russo sarà data una risposta devastante.

Ancora più decisiva, la tecnologia missilistica russa all’avanguardia, come annunciato da Putin nel suo storico discorso del 1 marzo [in inglese], pone delle serie domande all’impero navale americano.

Le spese militari di Mosca sono scese del 20% a 66,3 miliardi di dollari nel 2017, secondo quanto riportato [in inglese] questa settimana dall’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma (SIPRI). Si tratta della prima riduzione annuale in quasi 20 anni.

Paragonatela alla spesa militare totale delle 29 nazioni NATO nel 2017: 201 miliardi di dollari.

Per non parlare della spesa militare americana, relativamente stabile, per il secondo anno consecutivo si attesta all’enorme cifra di 610 miliardi di dollari. Ma il SIPRI dice che è destinata a crescere, con riferimento alla “modernizzazione delle armi convenzionali e nucleari”.

Tuttavia il cuore della questione da ora in poi non è l’enorme discrepanza tra i budget militari della Russia e della NATO/America, ma il fatto che Mosca può produrre in serie missile ipersonici, veloci ed economici, rispetto alla capacità del Pentagono di costruire portaerei da molti miliardi di dollari.

Eurasiatisti contro Atlantisti

Gli analisti russi hanno confermato ad Asia Times che è in preparazione una “Stavka[in inglese], tradotta come una stretta, compatta e collettiva propensione nell’ideare soluzioni pragmatiche in un contesto di economia di guerra, su tutti fronti. Ciò implica un coordinamento estremamente stretto tra Cremlino, Ministero della Difesa, Stato Maggiore e tutte le agenzie dell’apparato di sicurezza e del complesso industriale militare russo.

L’attuale sindaco di Mosca, Sergey Sobyanin, ha possibilità piuttosto buone di diventare il prossimo Primo Ministro. L’ideale candidato per il complesso militare industriale sarebbe il Ministro della Difesa Sergey Shoigu o anche l’attuale Vice Primo Ministro Dmitry Rogozin. Ma è praticamente certo che Putin sceglierà Sobyanin, per complesse ragioni di competizione interna.

Le sanzioni americane sono un fattore decisivo. Rogozin è stato colpito dalle sanzioni nel 2014. Sia Shoigu che Sobyanin non sono stati sanzionati, fino ad ora. Di conseguenza, sta tramontando la buona sorte dell’attuale Primo Ministro Dmitry Medvedev.

Non è un mistero che nei più alti circoli del potere in Russia stia da più di un decennio infuriando un’epica battaglia tra i Sovranisti Euroasiatici (che appoggiano Putin) e gli Integrazionisti Atlantici (che appoggiano Medvedev). La parte euroasiatica spinge verso un mondo multipolare e verso l’integrazione euroasiatica (Nuova Via della Seta, Unione Economica Euroasiatica); la parte atlantista spinge per far accettare la Russia come partner alla pari da parte dell’Occidente, al momento una prospettiva praticamente impossibile.

Gli atlantisti controllano completamente la finanza e le banche russe, inclusa la banca centrale.Per tutti gli scopi pratici l’economia russa è gestita dal “Washington consensus”. Dalla prospettiva dei sovranisti euroasiatici, questa è la più grande minaccia per il sistema nazionalista stabile con un Putin estremamente popolare al comando.

In pubblico Putin sostiene sempre la Banca Centrale russa e la squadra economica collegato a Medvedev. Non deve essere preso alla lettera. Gli analisti raccontano ad Asian Times di una recente raffica di serio biasimo contro di loro su tutti i maggiori canali tv russi.

Il test definitivo, quindi, dopo l’annuncio della Stavka, è se ci sarà una sorta di giro di vite politico sulla Banca Centrale e sugli alleati di Medvedev. Non è inverosimile dire che l’attesa sta crescendo così tanto come per la Coppa del Mondo di giugno.

Portalo sul ponte (di Crimea)

Parallelamente a Mosca che tiene stretto il suo gioco geopolitico, la spinta dell’integrazione euroasiatica non poteva che rimanere principalmente, come descritto dall’ultima discussione del Valdai Club [in inglese] alla fine di aprile a Shanghai, incentrata su come la Russia e la Cina coordineranno le loro strategia verso la costruzione di una “Eurasia più Grande”.

Ciò ovviamente comprende: bypassare il dollaro americano nel commercio bilaterale; rafforzare l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai; consolidare la simbiosi con la Cina, intesa come un cliente, e la Russia come produttrice di beni.

Gli analisti Sergey Karaganov e Yu Bin, per esempio, sono d’accordo su ciò che Karaganov ha definito [in inglese] come “la guerra unilaterale dell’Occidente contro la Cina e la Russia”. Sta emergendo un vasto consenso sul fatto che il momento cruciale per dare forma ad un nuovo mondo multipolare saranno i prossimi 10-15 anni.

Praticamente nello stesso tempo, e totalmente sotto il radar dell’informazione occidentale, i rappresentanti di non meno di 71 nazioni si sono incontrati in Crimea al quarto Forum Economico Internazionale che si svolge ogni anno a Yalta [in inglese].

E’ uno dei più importante meeting commerciali in Russia, insieme al Forum Economico Orientale di Vladivostok, al Forum degli Investimenti a Sochi e al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, che si terrà a fine maggio.

Nel febbraio del 1945, Winston Churchill, Franklin Roosevelt e Stalin si incontrarono a Yalta per definire il mondo post Seconda Guerra Mondiale, che finì per essere incorniciato nella Guerra Fredda. Oggi, in un contesto di Guerra Fredda 2.0, la Russia sta riposizionando la Crimea come snodo di dibattito sulla cooperazione globale, completa di un nuovissimo aeroporto internazionale costato molti miliardi e del ponte di Crimea, che si allunga per 19 km sullo stretto di Kerch e che sarà aperto al traffico a fine maggio, sei mesi in anticipo rispetto alla pianificazione.

Ecco come appare l’ “aggressione russa”.

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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Asia Times il 4 maggio 2018
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per SakerItalia.it

[le note in questo formato sono del traduttore]

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