Il discorso di Vladimir Putin, che ha partecipato da remoto al forum annuale di Davos, viene già molto paragonato al suo discorso di Monaco del 2007.

Ebbene, c’è qualcosa che hanno in comune. E’ la stessa cosa della frase di Stalin “Fratelli e Sorelle!” del 1941 e il brindisi “Al grande popolo russo” del 1945.

Il discorso di Monaco del 2007 affermava l’accettazione da parte della Russia della sfida posta dall’Occidente. Noi non abbiamo attaccato ma siamo stati attaccati. Noi abbiamo offerto la pace ma il nemico ha scelto la guerra. Noi non capitoleremo e vinceremo la guerra. Noi vi suggeriamo, prima che sia troppo tardi, di rinsavire e fermare l’aggressione. L’imperatore Alessandro I, detto il Beato, fece recapitare parole simili a Napoleone attraverso l’aiutante generale Balashov nel giugno 1812, aggiungendo che, se necessario, si sarebbe ritirato in Kamchatka ma che non avrebbe deposto le armi finché anche solo un nemico sarebbe stato sul suolo russo.

Il discorso di Monaco di Putin è, quindi, la prova dell’ingresso della Russia in una nuova (ibrida e informatica) Guerra Patriottica. E ora c’è il suo discorso di Davos, che riassume i risultati di questa guerra. E’ una sorta di nuova Yalta (anche la Conferenza di Yalta si svolse prima che della capitolazione finale della Germania).

Le persone che hanno ideato questa mossa e hanno lavorato per organizzare il discorso del Presidente della Russia al Forum di Davos nel 2021 dovrebbero essere decorate a pieno titolo come eroi della Russia. Gli dovrebbero erigere anche un monumento. Grazie ai loro sforzi, a differenza che a Yalta nel 1945, oggi la Russia si è ritrovata all’origine di un nuovo mondo post-bellico da sola, senza alcun alleato o concorrente. Allo stesso tempo, la Cina stessa non può essere offesa, nessuno l’ha rimossa. In qualche modo è appena successo, e i suoi interessi non vengono violati.

Esaminiamo il discorso di Davos dal punto di vista dell’arte diplomatica.

Tutti sanno che il forum di Davos è un raduno delle élite mondiali della finanza e dell’industria, persone che hanno una significativa – e talvolta decisiva – influenza sulla politica dei loro Stati (e qualche volta di quelli vicini). Qui i politici, anche i più importanti, servono solo come condimento. La loro presenza è la prova dell’importanza della parte non-politica degli ospiti. Quelli che parlano dal palco hanno molta meno importanza di chi sta in silenzio e ascolta in disparte. In più, in termini di informazione, ogni discorso sarà bloccato da un’altra dozzina, essendo fissati in un dibattito. I giornalisti presenti al forum sono più interessati a mostrare la propria importanza intervistando almeno un oligarca minore (un ucraino, per esempio, anno dopo anno discute del colore dei ravioli e della grandezza delle porzioni all’evento “Colazione ucraina” di Pinchuk, senza farsi distrarre da nient’altro). In generale, è quasi impossibile dare un tono appropriato in termini politici e di informazione a un discorso tenuto su questa piattaforma.

E’ la ragione per cui Putin non è andato a Davos per 12 anni. Non ce n’era bisogno.

E poi arrivò la pandemia di coronavirus, che ha costretto lo svolgimento del forum con modalità a distanza. Di conseguenza, è rimasto a casa un numero enorme di pavoni narcisisti, che prima sfoggiavano con orgoglio le loro code brillanti ai margini del forum. Su Skype non puoi farti una foto con qualcuno dei potenti del mondo sullo sfondo, e non puoi scambiare due parole con qualcuno durante un coffee break. Il forum è stato quasi dimenticato.

Ma non è morto. I suoi organizzatori non volevano uccidere la loro gallina dalle uova d’oro per colpa di una pandemia. Se non c’è più il variopinto entourage che creava il quadro, e se ci sono solo poche dozzine di persone che prendono davvero delle serie decisioni, allora il problema risiede solamente nell’oggetto che deve attirare tutti così tanto da mettere al centro dell’agenda dell’informazione mondiale un forum svolto via Skype.

Per risolvere il problema, non ci poteva essere nulla di meglio che un discorso di Putin.

In primo luogo, come conseguenza della crisi degli Stati Uniti, è diventato ovvio anche ai più scettici che Washington ha perso la sua leadership nel mondo moderno. In più, il colpo di Stato di Biden ha reso gli Stati Uniti un pilastro della sinistra liberale e una minaccia alle forze conservatrici di destra di tutto il mondo. Il conservatore tradizionalista di destra Donald Trump, considerato dai conservatori occidentali come un leader potenziale, è stato buttato fuori dalla politica per molto tempo a venire, se non per sempre. Nella migliore delle ipotesi, sarà in grado di tornare alla politica americana tra un po’ di tempo, ma è ben lontano dal tornare alla politica mondiale.

In secondo luogo, non c’è alcun leader tra i politici europei capace di guidare la resistenza conservatrice di destra rispetto ai globalisti liberali di sinistra. La stessa Merkel è una liberale (se pur pragmatica) e anche lei si sta ritirando. Macron è ambizioso, ma lavora in stile “sia il vostro che il nostro” e non ci si può fidare, può spostarsi da una parte all’altra in qualsiasi momento. Gli altri, o non si notano per calibro, o i paesi che rappresentano non possono considerarsi dei leader.

In terzo luogo, Xi Jinping in Cina è certamente un leader conservatore in Asia ma, a causa delle enormi differenze culturali e storiche, non può reclamare una posizione di leadership in Europa.

A Davos Putin ha raggiunto una posizione popolare in condizioni di completa mancanza di concorrenti. E’ stato progettato per le élite mondiale della finanza e dell’industria, era l’unica offerta di un “futuro radioso” che dovrebbe arrivare dopo la demolizione finale del sistema america-centrico (e per questa ragione si è rivelato essere il tema numero uno dell’informazione di questa settimana che nessuno può ignorare).

Con poche cifre Putin ha elegantemente illustrato l’inevitabilità della disintegrazione finale: se negli ultimi 15-20 anni negli Stati Uniti il numero dei poveri (coloro che vivono con meno di 5 dollari al giorno) è aumentato di 1.5 volte, in Cina il numero è diminuito di 4 volte e in Russia di 12. Allo stesso tempo, oggi in Russia il numero delle persone che vivono con meno di 5 dollari al giorno è già inferiore a quello degli Stati Uniti.

Per le persone abituate a comprare e vendere, che conoscono molto bene cosa sia il potere d’acquisto della popolazione, che sono capaci di valutare i processi nelle loro dinamiche, questi dati sono un verdetto per gli Stati Uniti. In più, sanno che in ambito militare la Russia ha già superato per sempre l’Occidente. Gli Stati Uniti e l’Europa non hanno la tecnologia per essere al passo con Mosca nel campo delle armi, e non ci sono risorse per sviluppare tali tecnologie nei prossimi dieci anni.

Vale a dire che, sugli schermi dei computer di circa 100 delle persone più influenti del pianeta, il Presidente della Russia offre e si mostra come un modello di mondo post-americano senza un’alternativa (in assenza di almeno qualche concorrente). Putin avverte che la diffusa sinistra liberale rappresenta una minaccia per qualsiasi Stato, e accenna con delicatezza e discrezione che la Russia non solo la combatterà, ma è anche pronta a guidare un’alleanza di sane forze conservatrici in tutto il mondo, assicurando la protezione dello Stato nazionale rispetto agli sconfinamenti delle imprese internazionali.

Anticipando la risposta prima che gli venisse posta l’ovvia domanda, Putin spiega che nessuno demolirà completamente il sistema: proprio durante una grave crisi sistemica deve essere rafforzato il ruolo dello Stato nella vita economica. Lo Stato non si sostituirà all’iniziativa privata, ma si occuperà soltanto di smussare gli angoli grezzi e di assicurare che la ricerca privata della massimizzazione dei profitti non vada in conflitto con gli interessi pubblici e i valori tradizionali. Ciò che rimane non detto, è che è lo Stato russo a dover diventare garante e leader di questo processo.

All’altra domanda non fatta, e cioè “come sconfiggere i liberali di sinistra, distruttori dello Stato, nell’interesse dell’oligarchia finanziaria transnazionale?”, è stata data risposta il 23 gennaio e nei giorni a seguire nelle strade delle città russe. Senza violenza eccessiva, senza proibizioni totalitarie, ma anche senza liberalismo con vandalismo totale. Con coloro con cui si poteva negoziare, è stato fatto un accordo. E quelli che perderanno il pelo ma non il vizio, saranno imprigionati (ma vivi). In generale, rispetto a quanto sta succedendo nel mondo (dalla Bielorussia agli Stati Uniti), le misure russe di protezione sono davvero le più morbide ma allo stesso tempo le più efficaci.

In generale, al denaro mondiale che vuole davvero muoversi nel quadro di una classica economia di mercato, che non vuole aspettare che il “miliardo d’oro” si trasformi in un “milione d’oro” e poi in un “migliaio d’oro” e poi in una banda di banchieri impazziti che combattono sulle rovine del pianeta, Putin ha proposto una via di uscita dalla crisi, ha delineato i contorni del “mondo post-Yalta” (garantito dalla forza russa) e ha suggerito di iniziare a discutere il formato finale.

E, guarda un po’, 80 persone tra le più influenti al mondo non hanno riso in faccia a Putin, come successe nel 2007 a Monaco, e immediatamente dopo il suo aperto discorso si sono segnate senza tanto clamore a una conferenza a porte chiuse con lui.

Onesti liberali e normali pazzi urbani posso ridere in modo piuttosto sincero e gratuito alle dichiarazioni (e alle prove) del potere e dell’autorità mondiale della Russia. Questa fila per un incontro privato con Putin, fatta da coloro che gestiscono l’economia mondiale, è la migliore evidenza che ciò che sembrava incredibile ieri è diventato ovvio oggi. La Russia ha messo sul tavolo i termini del nuovo mondo, e il mondo ha aperto un dialogo per discutere queste condizioni.

Infine, ancora una volta, voglio richiamare la vostra attenzione a quanto fatto senza dare nell’occhio dalle persone che hanno preparato questo discorso di Putin. In termini di portata e impatto sui processi storici, è più considerevole delle battaglie di Stalingrado e Kursk messe insieme. In più, è stata raggiunta la vittoria con poco spargimento di sangue, e su territorio straniero. L’effetto esplosivo della bomba coglie di sorpresa. Questa è già l’identità specifica della Russia. Il discorso di Putin a Monaco è stato improvviso, ed è stata improvvisa la schiacciante sconfitta dell’arrogante regime di Saakashvili nell’agosto 2008. Il ritorno della Crimea è stato improvviso. E ora la stessa cosa, un improvviso Davos.

Il defunto Viktor Stepanovich Chernomyrdin avrebbe commentato con soddisfazione: “Non è mai accaduto prima, ed eccolo di nuovo!”.

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Articolo di Rostislav Ishchenko pubblicato su Stalker Zone il 29 gennaio 2021
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.


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