Lavorare stanca recitava il titolo di una raccolta di poesie di Cesare Pavese. Non lavorare però, se non si è rentier, distrugge. Come è cambiato il mondo del lavoro dalla Grande Crisi del 2007/8 ad oggi nel nostro paese? E’ vero che il recupero dell’occupazione è stato pressoché totale? O quella frattura violenta ha lasciato segni indelebili nel mondo del lavoro, e quindi nella possibilità di costruirsi una vita di moltissime persone?

Tasso di Occupazione Italia 2004-2018

Partiamo dal tasso di occupazione, un dato che esprime quanti occupati vi sono sul totale della popolazione in età attiva (15/65 anni). Una piccola chiosa metodologica va fatta. Da standard internazionali è considerato “occupato” chi ha lavorato almeno un’ora a settimana. Ora, lasciamo stare ogni considerazione in merito perché non ci è utile nell’ osservare l’evoluzione della disoccupazione,  ma è comunque un’ informazione che va tenuta presente e su cui ognuno è legittimato a trarre le proprie conclusioni.

La percentuale di occupati sembrerebbe narrarci una storia di ripresa. Erano intorno al 59% del totale della popolazione attiva nel 2007; il dato è ritornato su quei valori oggi, dopo avere toccato minimi intorno al 55%  all’ inizio del 2013. Vi sarà capitato di sentire questo dato sbandierato da chi aveva interesse a “dimostrare” che ci stavamo “rimettendo in piedi”, che la crisi era questione di “percezione”, che il peggio era alle spalle. Peccato che le cose (andremo ad analizzarlo in seguito), non stiano proprio così. La crescita del numero degli occupati in rapporto alla popolazione attiva è un trend che si sta verificando in tutte le economie avanzate e, preso in sé, non è necessariamente indice di buona salute economica, nonostante i mantra ripetuti all’ infinito da FMI, OCSE, Banca Mondiale e tutta la tecnostruttura. Due stipendi da 800 €,  dopotutto, ne fanno uno da 1600.

E infatti già  il tasso di disoccupazione (il rapporto tra coloro che cercano lavoro e il totale della forza lavoro, quindi occupati più coloro in cerca) ci racconta una realtà differente.

Tasso di Disoccupazione Italia 2004 – 2018

Se nel 2007 avevamo un tasso di disoccupazione del 6% oggi, a 10 anni dalla crisi, il dato è al 10,3%. Il recupero c’è stato (rispetto ai momenti peggiori, in cui era arrivato al 13%) ma, a differenza del tasso di occupazione, è stato solo parziale. In conclusione possiamo dire che, rispetto al 2007, oggi c’è molta più gente che cerca lavoro e non lo trova.

Un indicatore particolarmente importante (e particolarmente odioso per le conseguenze sociali) è poi il tasso di disoccupazione di lungo periodo: chi cerca lavoro da almeno un anno e non lo trova.

Tasso di Disoccupazione di Lungo Periodo Italia (2004-2018)

Se nel 2007 eravamo intorno al 2% ora siamo al 6%. E il miglioramento dai massimi del 2013  (quando si era all’ 8%) è minimo e soprattutto stentato. Aumenta quindi il numero di coloro i quali sono espulsi dal mondo del lavoro e faticano a rientrarci o di quelli che proprio non riescono ad accedervi, rimanendo confinati nel limbo del “non lavora, non studia”. Facciamo ora un passo in più ed andiamo ad osservare le ore lavorate:

Ore Lavorate per Occupato, Italia 2004 – 2018

Salgono gli occupati, ma le ore lavorate non recuperano con il medesimo ritmo. Risultato? Il crollo di ore lavorate (trimestrali) per occupato che va dal 2008 al 2013 non viene riassorbito in alcun modo. Smette di peggiorare ma non migliora assolutamente. “Lavorare meno lavorare tutti” da slogan storico della sinistra (al tempo si aspirava ad un recupero del tempo di vita e un abbassamento della disoccupazione), diventa un orribile e beffarda realtà di sotto occupazione cronica nell’ era della precarietà.

Ma almeno come salari qualcosa sarà andato bene no? Se avete capito l’antifona la risposta non può che essere negativa.

Paesi UE che hanno conosciuto una caduta dei salari

Variazione salari Italia 1960 – 2012

Variazione salari Italia 2007-2017

In termini di salari reali (l’aumento nominale del salario depurato dall’ inflazione) nei momenti migliori siamo andati a pareggiare l’inflazione. Quando è andata male siamo finiti due punti sotto. Risultato? Dal 2010 al 2017 abbiamo perso circa 4 punti di potere di acquisto. E se guardate lo storico di lungo periodo, quelle sagaci battutine sulle “carriole di lirette”, sull’ “inflazione senza controllo” fanno meno ridere. Il salario reale, al tempo della lira, cresceva, e cresceva a tassi più che dignitosi.  Oggi l’inflazione è sotto controllo ora. Ma i vostri salari di più. Finiamo questa breve panoramica con un’analisi della situazione giovanile:

Disoccupazione Giovanile Italia 2004 – 2018

Reddito Giovani Italia 1990 – 2012

Reddito Giovani Italia 2006-2016

Qui vi è poco da commentare. La disoccupazione della fascia 15/24 (quella contrassegnata come disoccupazione giovanile) era al 20% prima della crisi, ora staziona sopra al 30% dopo avere toccato punte del 45%. Quello nella successiva (e fondamentale) fascia dei 25/34 anni rimane comunque intorno al 16%. C’è un’intera generazione che sta soffrendo da 10 anni.

Anche qui l’analisi del reddito lascia poco spazio a illusioni: crollo brutale fino al 2012, stabilizzazione ma senza ripresa successivamente. Poco lavoro per pochi soldi da ormai troppo tempo.

Un quadro quindi decisamente compromesso, con criticità molto pesanti nelle fasce giovanili che permangono a 10 anni dalla crisi.

E se, pur senza avere la presunzione di prevedere il futuro, possiamo ipotizzare una possibile crisi alle porte, questo quadro non è decisamente una posizione di forza da cui arrivarci. Nei prossimi anni ci giocheremo probabilmente il futuro di una o più generazioni.

Attrezzarsi per la crisi è ormai troppo tardi: dovremo prendere ciò che arriverà. Ma evitare la cura successiva (che già oggi, con metodica e lucida follia, la Commissione Europea vorrebbe imporci a fronte del rallentamento ormai in corso) diventa un imperativo categorico. Il panorama politico/sindacale non è certo confortante (tra liberismo diffuso, subalternità alla Commissione e assenza di reali punti di riferimento per i lavoratori, i quali a loro volta pur manifestando insofferenza, non sembrano avere chiara né la posta in gioco né eventuali vie di uscita). Ciononostante, dall’,analisi di questi numeri, la realtà è quella di un ubriaco sull’ orlo di un precipizio. Se non altro per spirito di autoconservazione sarebbe necessario muoversi prima di finirci completamente dentro.

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Articolo di Amos Pozzi per SakerItalia.it

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