Traduzione a cura di Stanislao per sakeritalia.it
Articolo di Gunes Komurculer, apparso sul sito hurriyetdailynews il 10 Dicembre 2014.

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La Turchia si è posta traguardi molto ambiziosi per ridurre la sua dipendenza energetica, prevedendo l’aumento della produzione locale di energia, diventando un collettore (hub) di energia e diversificando le fonti di approvvigionamento energetico.
Per la verità, è un bene, per un paese affamato di energia, ricercare queste finalità;
comunque, la Turchia potrebbe fallire nel processo.

Dopo una serie di dolorosi, fatali incidenti nelle sue miniere, il paese è, recentemente, apparso esitare sulla priorità degli obiettivi riguardanti la produzione a livello locale di energia.
Il secondo, pertinente, obiettivo energetico -diventare un collettore energetico- è salito rapidamente in cima all’agenda.
Il presidente russo Vladimir Putin ha fatto un “sorprendente” annuncio il 1 dicembre durante la visita di un giorno ad Ankara che facilita il desiderio della Turchia di diventare un collettore di energia. Putin ha cancellato il progetto del gasdotto South Stream inteso a fornire gas al sud Europa evitando l’Ucraina. Citando l’EU e specificatamente le obiezioni Bulgare, Putin invece indica la Turchia come collaboratore preferito per un gasdotto alternativo, con la promessa di uno sconto energetico.
Sarò breve nei dettagli. Il gasdotto sottomarino proposto alla Turchia, con una capacità annuale di 63 miliardi di metri cubi (bcm), è pianificato per superare la frontiera Turco-Greca per fornire gas al sud Europa. Circa 14 bcm di questo ammontare è disponibile, in esclusiva, per la Turchia.
Facciamo un poco di matematica: la Turchia ha importato l’anno scorso circa 45 bcm di gas. Il 58% di questo gas proveniente dalla Russia. Dopo la Russia, l’Iran con il 19%, Azerbaijan ed Algeria con il 9% ognuno e Nigeria con il 3%. Il rimanente 2% delle sue necessità coperte dai mercati locali.
Sulla strada per diventare un collettore di energia, la Turchia ha recentemente fatto degli accordi internazionali. La pianificata Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline (TANAP) potrebbe essere il progetto più importante. Il TANAP si estenderebbe dalla frontiera Turco-Georgiana alle frontiere di Bulgaria e Grecia. TANAP prevede di trasportare 16 bnm di gas per anno dal campo Shah Deniz II del Mar Caspio dell’Azerbaijan dal lancio iniziale nel 2019. La sua capacità, è stabilito, aumenterà a 23 bnm per il 2023 e a 31 bnm per il 2026.
La Turchia prenderà 6 bnm di questo gas agli inizi, mentre 10 bnm saranno trasferiti all’Europa. Comunque se la Turchia sarà un paese di transito o un collettore in questi progetti non è chiaro. In un paese diventato collettore commerciale di energia, fornitori e consumatori si incontrano e si accordano in un mercato aperto e trasparente. Questo sarà possibile in Turchia dopo che la pianificata liberalizzazione del mercato del gas è portata a termine. E’ richiesta anche l’infrastruttura necessaria per trasportare ed immagazzinare gli idrocarburi. In ogni caso la Turchia ha una capacità limitata, alla partenza, di immagazzinamento ed il lancio di uno “gas stock exchange” è ancora in discussione.
Uno “stato transitante di energia” si riferisce ad uno stato dove le condotte connettono un produttore di energia ad un consumatore di energia. Vengono stipulati accordi tra i produttori di energia e lo stato transitante, in base al quale quest’ultimo incassa proventi permettendo il trasferimento nel suo territorio.
Questo solleva la questione del terzo traguardo, diversificare le provenienze energetiche, che ci potrebbero aiutare a trovare una risposta al problema posto nel titolo di testa.
La Turchia comprerà circa 40 bnm di gas dalla Russia al 2020, durante il quale le necessità del paese sono previste essere di 70 bcm; significa che la Turchia sarà ancora molto energeticamente dipendente dalla Russia.
Naturalmente tralascio il fatto che la Russia si impegna a costruire il primo impianto nucleare della Turchia ad una prossima discussione.

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