Secondo la stampa cinese, la visita di Vladimir Putin nella Repubblica Popolare Cinese [Avvenuta il 25 Giugno 2016, NdT] è stata “breve ma produttiva”. I leader dei due paesi si sono concentrati sul commercio e le relazioni economiche, ma è ovvio che qualsiasi summit tra la Russia e la Cina reca sempre con sé anche un significato geopolitico.
Non è difficile capire la preoccupazione dei due leader per i temi economici. Il declino dei costi dei materiali grezzi, e specialmente di quello del petrolio, che è cominciato nella seconda metà del 2014, ha condotto ad una riduzione del commercio mondiale nel 2015, che è crollato quasi del 13 per cento. Nei loro rapporti, gli esperti dell’Organizzazione Mondiale del Commercio hanno attualmente scelto di dare eccessivo peso alle stime del commercio mondiale di beni, la “crescita” del quale, secondo questi esperti, è rimasta “lenta” nel 2015. Ma questa crescita si è trasformata in un crollo dei volumi del commercio nel primo quadrimestre del 2016. Anche il commercio mondiale di servizi commerciali nel 2015 è crollato (del 6,4 per cento), il che naturalmente riduce alquanto la fiducia nella “crescita” globale.
La crisi della crescita del commercio mondiale ha colpito tutti quelli che ne sono stati coinvolti, ed è stata particolarmente devastante per i paesi esportatori di petrolio e materiali grezzi.
La Cina, comunque, ha continuato ad accrescere la sua presenza sui mercati stranieri nel 2015, e la sua quota nelle esportazioni mondiali è salita al 13,6 per cento (dal 12,3 per cento del 2014). La quota cinese di importazioni di merci è scesa al 10 per cento (dal 10,3 per cento), ma la Cina è diventato il primo paese in termini di crescita dell’importazione di servizi (con un aumento di quasi il 15 per cento).
Il crollo nel commercio tra Cina e Russia nel 2015 si è dimostrato essere nel complesso meno grave del declino del commercio estero della Russia. Come risultato, il ruolo della Cina come partner commerciale della Russia è cresciuto, mentre il ruolo della Russia come partner commerciale della Cina è diminuito (attualmente siamo intorno all’1,5 per cento di esportazioni in Cina e al 2 per cento di importazioni dalla Cina). Queste stime corrispondono più o meno alla quota di importazioni ed esportazioni globali della Russia oggi.
Perciò, è necessario stimolare gli scambi commerciali, portandoli allo stesso livello dichiarato in precedenza, e assicurando relazioni politiche ad alto livello o un potenziale costantemente senza fondo? Non ne sono così sicuro.
Prima di tutto, come indicano le statistiche per i primi mesi del 2016, c’è già un trend che va verso il ripristino degli indicatori quantitativi del commercio tra Russia e Cina. Mentre le esportazioni cinesi sono scese del 7,6 per cento tra gennaio e aprile, le esportazioni verso la Russia sono cresciute del 4,4 per cento. Le importazioni cinesi sono scese del 12,8 per cento, ma le importazioni dalla Russia sono scese solo del 2,8 per cento.
Secondo, ci sono alcuni sviluppi incoraggianti nei modelli commerciali: i consumatori cinesi, per esempio, hanno chiaramente sviluppato una preferenza per i prodotti alimentari russi. La quota di questi prodotti nelle esportazioni russe verso il mercato potenziale è aumentata del 7,4 per cento nel primo quarto del 2016, e il volume dei rifornimenti ha superato il mezzo miliardo di dollari. Anche la quota di macchinari ed equipaggiamenti nelle esportazioni russe è cresciuta, dal 2 per cento del 2015 al 4 per cento del primo quadrimestre del 2016.
Terzo, i numerosi formati di cooperazione bilaterale che sono emersi durante la svolta verso est della Russia possono produrre risultati pratici nel prossimo futuro.
E infine, è ora di cominciare a distinguere tra crescita del commercio estero estensiva e intensiva.
Tradizionalmente, l’importanza del commercio estero per la crescita economica della Russia viene sovrastimata. Al contrario, quando si tratta di diversificazione delle importazioni (che spesso riduciamo erroneamente alla sostituzione delle importazioni), incluse quelle di macchinari ed equipaggiamenti, le attuali e future possibilità della Cina vengono sottostimate.
Bisognerebbe notare che, diversamente da molti altri paesi, la Cina si sta muovendo persistentemente verso la creazione di una struttura tecnologica e industriale relativamente indipendente, sta continuando a ridurre i suoi acquisti di equipaggiamento straniero (le sue importazioni dall’UE sono calate del 15 per cento nel 2015), i suoi coinvolgimenti nelle catene dei valori globali e così via.
Ci sono spesso lamentele riguardo alla mancanza di investimenti cinesi in Russia, ma queste non sono del tutto giustificate.
Per quanto riguarda la fine del 2015, la Russia ha ammassato quasi 9 miliardi di dollari in investimenti diretti dalla Cina, il totale annuale ammonta a 560 miliardi di dollari – il 6,7 per cento in meno dell’anno precedente. La Russia ha investito 13 milioni di dollari in Cina (-8 per cento), portando il totale accumulato a quasi 950 milioni di dollari.
Gli investimenti diretti cinesi in Russia (intorno all’1 per cento dell’ammontare totale degli investimenti, inclusa Hong Kong come destinatario più grande) è attualmente comparabile con gli investimenti in altri paesi – sia dipendenti dalle materie prime che industrializzati. Solo USA, Australia e Regno Unito superano di molto la Russia in termini di ammontare degli investimenti diretti dalla Cina.
Ci sono anche prospettive per una crescita degli investimenti cinesi in Russia. Il fatto è che negli anni recenti c’è stata una ristrutturazione strutturale e istituzionale dei capitali esportati dalla cina. Il capitale privato sta giocando un ruolo crescente tra gli investitori (più del 40 per cento comparato col 10 per cento nel 2010), mentre i carburanti e i materiali grezzi dall’estero stanno perdendo il loro fascino. La maggior parte degli investimenti esteri attualmente viene fatta attraverso fusioni e acquisizioni e i Cinesi sono particolarmente attivi nell’acquisizione di compagnie con tecnologie moderne, marchi ben noti e servizi d’informazione. Anche gli investimenti immobiliari, l’acquisizione di terreni agricoli e così via sono popolari.
Il mega-progetto della Nuova Via della Seta e il suo legame con l’Unione Economica Eurasiatica danno ulteriori motivi d’ottimismo. C’è già stato un ravvisabile aumento dell’attività degli investitori cinesi nella regione del Volga come parte del mega-progetto, in particolare dove l’ambiente affaristico locale è favorevole per gli industriali.
Ci sono state affermazioni piuttosto autorevoli nella stampa cinese riguardo all’interesse cinese nel rinforzare la Russia. Sembra che la ripresa della crescita economica sia l’unico prerequisito importante per attrarre seri interessi da parte degli investitori cinesi. Qui, comunque, per il momento regna l’incertezza. Forse è arrivato il momento di identificare e discutere delle vie d’uscita da questa situazione.
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Articolo di Alexander Salitzki pubblicato su Strategic Culture Foundation il 2 luglio 2016.
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.it
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