-Perché la Banca Centrale ha alzato il tasso di interesse e lasciato il rublo libero di fluttuare?

 

Un altro aumento del tasso base di interessi sui prestiti emessi dalla Banca di Russia, con lo scopo di rifinanziare le banche commerciali, hanno reso i prestiti completamente inaccessibili per la maggioranza delle imprese del vero, reale, settore dell’economia. Quando la media di profitto per la maggioranza dell’industria manifatturiera è del 7,5-8%, il credito emesso al 10% o più non può essere usato per la maggioranza degli affari, sia per gli investimenti sia per ripianare il capitale di lavoro. Queste decisioni escludono l’economia reale, ad eccezione di alcuni settori dell’olio, del gas, di settori della metallurgia chimica, dal credito emesso dallo Stato.

Ancora prima l’esplosione dei prestiti al consumatore ha guidato milioni di cittadini a contrarre un debito di 10 trilioni di rubli e l’economia reale ha perso i risparmi della popolazione, diventando un debitore netto. In più il governo ha ritirato i fondi pensione dall’economia. Le sanzioni imposte dai paesi della NATO privano l’economia della maggioranza del credito estero. Molte imprese hanno solo i propri fondi per finanziare il capitale da lavoro e gli investimenti, che risultano chiaramente insufficienti a provvedere anche al semplice ciclo riproduttivo, figurarsi una espansione. L’ammontare dei profitti delle imprese quest’anno (tenendo in acconto la caduta dei prezzi delle merci esportabili) non sarà maggiore del 10% della quantità di richiesti investimenti, 25-30%, del GDP. Non è una sorpresa che quest’anno per il risultato di queste decisioni, nel mezzo di una ripresa economica in quasi tutti i paesi del mondo, la Russia stia attraversando un inaspettato declino degli investimenti e della produzione.

Secondo il rapporto della Banca Centrale, sul tasso base di interesse della Banca Russa Ottobre 31 2014, la decisione di alzare i tassi di interesse è stata presa in considerazione di condizioni esterne: in settembre-ottobre l’ambiente esterno è cambiato in modo significativo; il prezzo del petrolio è sceso in modo visibile mentre c’è stato una aumento delle sanzioni imposte da singoli paesi verso un numero significativo di grandi imprese russe. Il rublo si è indebolito in questa situazione, in ritorno alle restrizioni alle importazioni di Agosto di alcuni prodotti alimentari, si è avuta una crescita accelerata dei prezzi al consumatore. In supporto alle precedenti decisioni di alzare il tasso di interesse, la Banca Centrale ragionava che “i rischi di inflazione erano aumentati, incluse le tensioni geopolitiche ed il loro possibile impatto sulle dinamiche della moneta nazionale, come pure per le tasse e le politiche tariffarie”. Nello stesso comunicato, la Banca Centrale ha spiegato la decisione di alzare il tasso di interesse per via di “una dinamica del volume di scambi dei prezzi al consumo più massiccia di quella immaginata, l’aspettativa di un aumento dell’inflazione ed anche un sfavorevole tendenza nei mercati per certi tipi di merce”.

Questo ragionamento non regge ad una critica seria.

Ogni imprenditore che tratta con l’economia reale e non con gli utopistici modelli dell’equilibrio di mercato dirà che l’aumento del tasso di interesse porta all’aumento del costo del credito. Questo porta ad un incremento dei costi dei prestiti alle aziende e, di conseguenza, a prezzi più alti per i loro prodotti. L’incremento della percentuale in eccesso al rateo di ritorno sugli assetti non ha senso per gli investimenti finanziari, nemmeno l’eccesso di profitto dei prodotti lavorati hanno senso per il capitale di lavoro. Ridotta produzione è il risultato, che di ritorno causa un aumento dei costi per unità di produzione ed un ulteriore incremento dei loro prezzi. L’inabilità di accedere ai prestiti per investimenti priva le aziende delle opportunità di ridurre i costi attraverso l’incremento di scala ed i miglioramenti tecnologici della produzione, che, a sua volta, chiudono la strada principale alla riduzione dei prezzi.

Tutto quanto detto finora è stato provato molte volte teoricamente e confermato nella pratica. Un aumento del tasso di interesse accompagnato dalla contrazione della disponibilità monetaria ha portato le stesse conseguenze in tutti i paesi – il declino in investimenti e produzione da un lato e un aumento dei costi dall’altro.

Il risultato è stato il drammatico fallimento di molte aziende poste di fronte all’impossibilità di rifinanziare i loro processi produttivi. Oggi, come nel 1990, questa politica porta l’economia in una trappola di stagflazione e la priva delle opportunità di sviluppo.

Apparentemente, i capi della Banca Centrale sono guidati dalle fantasie racimolate dai testi per studenti di macroeconomia. In alcuni di questi, per facilitargliene la comprensione, i meccanismi di mercato sono semplificati a primitivi modelli matematici di equilibrio, introdotte, nella scienza economica, dalla meccanica classica, circa un secolo fa. L’economia in questi modelli meccanicisti è presentata come una serie di agenti economici orientati alla massimizzazione dei profitti, avendo una conoscenza completa (della materia trattata; NdT), lavorando in condizioni di competizione perfetta ed avendo un istantaneo accesso alle risorse.

Secondo questi modelli, un incremento della disponibilità monetaria, come per ogni altro prodotto, porta a prezzi minori che equivale ad una maggiore inflazione. Vice versa, un incremento del prezzo della moneta (tasso di interesse) comporta la sua riduzione e riduce dell’inflazione. Su queste basi, un’equazione di uno stimato monetarista, l’identità di Fisher, postula una relazione direttamente proporzionale tra la crescita della moneta ed i prezzi. Malgrado il fatto che non è statisticamente confermato, i sostenitori di questa teoria continuano indefessamente a professare il dogma di una relazione lineare tra la crescita di disponibilità monetaria e inflazione ed, in accordo, la relazione inversa tra inflazione e tasso di interesse. Ingenui, nella loro semplicità, credono sia ovvio e lo impongono alla pubblica opinione. E’ l’equivalente di cercare di curare tutte le malattie attraverso il salasso, una pratica dei dottori medioevali verso i loro fiduciosi pazienti.

Nella realtà, nessuna di queste assunzioni prese come assiomi (verità assoluta; NdT) viene osservata nei modelli equilibrati. In politica economica farsi guidare da questi assiomi e come costruire il socialismo guidati dal Manifesto Comunista di Marx ed Engels, senza tenere in conto la diversità delle popolazioni e le istituzioni da loro costruite, senza distinzione tra imprese, industrie e tecnologie, senza meccanismi di sviluppo. Queste teorie economiche degenerano nello scolasticismo, non adatto per l’uso pratico. Quindi, nella realtà, nessuno dei direttori di azienda dei paesi sviluppati usano la teoria dell’equilibrio. Invece sono guidati nell’estrarre profitto da situazioni squilibrate e sviluppare economie complesse. Il meccanicismo dell’equilibrio economico rimane per gli amatori; è usato per convincerli della inutilità dell’intervento del governo nell’economia. Questa teoria è inculcata con una tenacità inconsueta nella coscienza pubblica dei paesi emergenti con lo scopo di privarli dell’abilità di sviluppare in modo creativo le loro istituzioni, che sono rimpiazzate dalle forze del “libero mercato” ed utilizzate dai monopoli dei paesi capitalisti sviluppati. Sfortunatamente, le nostre autorità monetarie aderiscono volontariamente a questa mitologia senza capire il significato di base di come funziona il credito in una economia moderna. Questo significato deve essere spiegato.

La nascita del capitalismo moderno è associata all’invenzione della moneta pubblica come sorgente illimitata di credito attraverso l’emissione della valuta nazionale di una istituzione speciale, la Banca Centrale. L’emissione di moneta corrente è, essenzialmente, un meccanismo per incrementare la crescita economica ed è usato nell’interesse privato e pubblico. Nel primo caso, di cui la Federal Reserve degli US, è un esempio, l’emissione di moneta è subordinata agli interessi dei proprietari della Banca Centrale che ne ricava un’enorme capacità di manipolazione del mercato. Dalle esperienze delle crisi finanziarie, queste manipolazioni sono condotte non solo per ricevere introiti dalle emissioni ma anche per appropriarsi della ricchezza nazionale.

Abbassando i tassi di interesse ed espandendo la fornitura di moneta, la Banca Centrale stimola la crescita della produzione ed investimenti. Aumentando i tassi di interesse, provoca la bancarotta di imprese che dipendono dai prestiti a basso costo. I patrimoni di queste imprese vengono trasferiti alle banche vicine alla Banca Centrale, alle quali viene fornito un accesso illimitato ai prestiti emessi.

Quando la Banca Centrale è un monopolio di stato, come è il caso per la maggior parte dei paesi, il suo diritto di emettere moneta può essere usato per assicurare lo sviluppo e la crescita dell’economia nazionale provvedendo l’ammontare di prestito necessario. Ciò avviene in Giappone, Cina, India, Brasile, l’Eurozona, Iran, Turchia.

In altri casi il diritto di emettere moneta potrebbe non essere usato se il paese non è indipendente e trasferisce il controllo della sua Banca Centrale ad un direttorio esterno. Questo è tipico di molte ex-colonie dove le élite hanno interessi strettamente legati ai padroni coloniali, che ne controllano ancora la politica monetaria.

Nel periodo del dopoguerra molti paesi emergenti sono stati catturati dalla trappola del debito quando cercavano di finanziare il loro sviluppo attraverso prestiti esteri.

Sotto minaccia di bancarotta furono forzate a cedere il controllo della loro politica monetaria ai creditori, il cui interesse collettivo era rappresentato dal Fondo Monetario Internazionale. Questi interessi erano legati principalmente all’apertura delle economie nazionali alla libera circolazione del capitale straniero; condizioni al quale la politica del fondo monetario era subordinata. Quest’ultima include la libera convertibilità della valuta nazionale, la rimozione di ogni restrizione agli investimenti stranieri ed alla fuoruscita dei capitali ed il legare la valuta nazionale alla crescita delle riserve estere di scambio, che erano denominate nelle valute dei paesi creditori. Così le economie dei paesi debitori erano subordinate agli interessi del capitale dei paesi creditori, capo assoluto di questi erano gli Stati Uniti, che imposero l’uso del dollaro come valuta di riserva nel mondo capitalistico.

La Russia, accollandosi le responsabilità esterne della ex Unione Sovietica, si trovò precisamente nelle condizioni di stato coloniale, catturata dalla trappola del debito. In più, pur avendo ora pagato tutti quei debiti, la Banca Centrale dello stato russo si mantiene subordinata agli interessi del capitale internazionale.

Come risultato, le autorità fiscali si rifiutano di implementare i controlli dei capitali, subordinando la politica fiscale e particolarmente lo stimolo all’emissione di moneta solo alla crescita delle riserve di valuta straniera, lasciando alle agenzie americane di rating la determinazione del grado di rischio del credito.

Queste politiche sono giustificate con l’aspettativa di attrarre l’ingresso di investimenti e che il motore principale della crescita economica sia appunto l’investimento estero.

Effettivamente l’aspettativa, di un ingresso di capitali esteri, ha comportato l’effetto opposto –una colossale fuga di capitali-. La Russia è diventata una delle maggiori donatrici del sistema mondiale finanziario, dando praticamente in credito gratuito, agli USA e alle economie del G7, riserve contanti per almeno 100 miliardi di dollari annui. Quale risultato diretto di queste politiche al servizio del capitale internazionale notiamo un’ulteriore degradazione di un’economia basata sul basso valore aggiunto delle industrie estrattive la cui produzione è venduta nei mercati denominati in USD ed EURO. Sotto queste condizioni il capitale estero estrae, quale risultato di queste politiche finanziarie, enormi profitti che ancora artificialmente sgonfiano i mercati finanziari domestici.

E’ chiara l’evidenza che per ogni dollaro speso in speculazione sui voucher e securities emessi quale risultato delle privatizzazioni avute tra il 1993 e il 1996 gli “investitori” hanno ricevuto fino a cinque dollari di profitto. L’espansione della speculazione quale risultato dell’emissioni statali dei bond a breve termine (GKOs), tra il 1996 ed il 1998 ha raddoppiato il profitto. Gli investitori internazionali hanno quindi rimpatriato il capitale dalla Russia e la risultante destabilizzazione dei mercati finanziari portò lo stato alla bancarotta che, di ritorno permise la svalutazione fino ad un decimo del valore iniziale. Gli investitori internazionali quindi ritornarono e rastrellarono le securities a prezzi stracciati creando una nuova scossa nel mercato, raddoppiando ancora una volta il capitale e quindi, in modo prevedibile, ritirando il tutto appena prima della crisi globale del 2007.

Fu precisamente in questo modo che la subordinazione della politica fiscale nazionale al capitale internazionale diede, agli investitori internazionali, un ritorno di duecento dollari per ogni dollaro investito. La grande maggioranza di questo profitto fu semplicemente portato fuori dal paese. Questi profitti furono mietuti dentro lo stato e la popolazione russa. La quota di questi profitti traslati in investimenti diretti nell’industria produttiva o in securities vere fu insignificante.

Ne consegue che i russi che collaborarono con questi “investitori” non furono lasciati al freddo. Molti di loro diventarono genuini pionieri dello “offshoring” dell’economia russa, costituendo la nuova casta –la casta degli Oligarchi offshore”.

La commissione temporanea della Federazione Russa incaricata di investigare le ragioni, le circostanze e conseguenze della bancarotta del 1998 trovarono evidenti collusioni tra i rappresentanti dei capitali internazionali e l’intero pantheon “dei Grandi e Buoni” nella Banca Centrale e nel governo russo. Alcuni di questi individui, malgrado le raccomandazioni del consiglio federale, occupano ancora posti influenti all’interno dello stato. Quoto “Assicurarsi che le persone coinvolte nella preparazione e nelle decisioni del 17 Agosto, non dovrebbero mantenere nessuna posizione nel pubblico servizio o in organizzazioni dove è presente la proprietà statale”.

 

– Fine prima parte –
Traduzione a cura di Stanislao per sakeritalia.it

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