– Ivan Lizan –

Il rifiuto Ucraino di cooperare con la Russia in campo militare, tecnico e scientifico sta già producendo i suoi frutti. Naturalmente i frutti che questa politica di Kiev ha servito ai cittadini dell’Ucraina sono avvelenati: disoccupazione, povertà e deindustrializzazione.

Grazie all’occidente per tutto questo! L’ obiettivo di questa interruzione della cooperazione, ispirata dai tutori occidentali di Kiev (il ruolo dei commentatori governativi si riduce ad annunciare le decisioni di Washington, dissimulate dallo slogan “nemmeno un ricambio agli occupanti !”) era in realtà scompaginare gli ordinativi del settore difesa della Federazione Russa. I “geni” del pensiero politico ucraino hanno annunciato l’intenzione di costringere Mosca alla capitolazione rifiutando la cooperazione e l’esportazione di componentistica. Ad esempio, Yuri Lutsenko, un “gigante” del pensiero politico, ha suggerito di usare la fabbrica Yuzhmash come strumento di pressione per ricattare la Russia. La mossa era davvero “letale”, ma, come si è scoperto in seguito, non per la Russia: “… tutti i missili nucleari russi possono essere allestiti solo con il contributo della nostra Yuzhmash. Senza questo servizio tutto il mondo canterà la-la-la-la [riferimento alla canzoncina volgarotta “Putin  Stronzo” così popolare fra gli Ucraini anti Russi]!” decalmava Lutsenko l’anno scorso, a metà luglio. Ma l’effetto della rottura di legami è quasi sempre vicendevole, e non immediato. E dunque all’improvviso è risultato che Yuzhmash, il colosso dell’ingegneria ucraina, la spina dorsale della missilistica ucraina,si trovava ad un passo dal fallimento. E nonostante ciò, per ragioni che sfuggono a Kiev, le società russe continuano a lavorare.

Oltre alla missilistica la Yuzhmash produce anche veicoli di trasporto merci e passegeri

Oltre alla missilistica la Yuzhmash produce anche veicoli di trasporto merci e passegeri

Come muore l’ammiraglia della missilistica. La fabbrica aveva già avuto problemi. Non critici, ma incancrenitisi negli anni. Gli americani sono stati i primi a rifiutare la cooperazione con Yuzhmash a causa dell’esplosione di un razzo Anthares. Formalmente gli Americani dovranno lavorare un anno per la soluzione dei problemi tecnici posti dal loro razzo, ma in sostanza la Yuzhmash per questo periodo resterà senza ordini. In realtà, anche se Washington deciderà di rinnovare la collaborazione, non troveranno più nessuno con cui parlare, visto che nel frattempo l’azienda sarà ridotta ad un ammasso di macchinari. L’ultimo chiodo sulla bara della fabbrica è stato il rifiuto della Federazione russa di ordinare veicoli di lancio Zenit, che saranno sostituiti dagli Angara (di fabbricazione russa).

Nell’ottobre del 2014 circa 50 dipendenti al giorno lasciavano la società. Si trattava dei tecnici più qualificati, impossibili da sostituire. La situazione era aggravata dalle “ondate di mortilizzazione” annunciate da Kiev nel contesto della guerra civile dell’est. Il numero di lavoratori mobilitati non è esattamente conosciuto, ma più dipendenti perderanno il lavoro, più saranno i richiamati nelle fila dell’esercito ucraino (e in questo modo non solo si migliora la difesa del paese ma… si “creano nuovi posti di lavoro”!). Di conseguenza il danno al capitale umano crescerà in maniera direttamente proporzionale alla durata della guerra e alle interruzioni forzate della produzione. La fine dell’azienda sta nei crudi fatti.

La situazione della società è ben fotografata da una intervista resa dal suo ex direttore Victor Shchyogol: qui ci limiteremo a esaminare i le circostanze e le conseguenze della chiusura dell’impianto.

– negli ultimi tre anni il volume della produzione dell’impianto è diminuito di quattro volte e il volume di contratti con la Russia di sessanta volte, calcolando i prezzi equivalenti in grivnie;

– la chiusura degli impianti provocherà la perdita di 50.000 posti di lavoro alla Yuzhmash e nell’indotto;

– circa il 70% della componentistica per il lancio dei veicoli Zenit era prodotta in cooperazione con la Russia;

– i contratti con i brasiliani e i servizi il mantenimento della collaborazione con gli Stati Uniti consentiranno di mantenere circa il 10% della forza lavoro della fabbrica;

– la collaborazione con la Russia è completamente cessata, e questo ha prodotto una perdita di circa l’80% degli introiti della fabbrica;

– sono sette mesi che i dipendenti non ricevono stipendi;

– già più di mille addetti, su settemila, hanno abbandonato la società;

– già due anni fa gli ordini dall’Ucraina si riducevano alla ridicola somma di 10 milioni di grivnie [al tempo poco più di un milione di dollari]: ora sono totalmente cessati.

Avanti un altro?

Il prossimo candidato alla chiusura sono la Antonov ASTC [Aviation Science and Technology Complex] e altre aziende meccaniche. Il 30 gennaio la missione del Fondo Monetario Internazionale ha visitato la Antonov ASTC. Hanno studiato il lavoro dell’azienda ed hanno visitato i laboratori per i test statici, i centri studi di ingegneria e pilotaggio, l’addestratore AN 148, le linee di assemblaggio per le produzioni sperimentali e di serie, ed hanno raccolto informazioni sui progetti più promettenti.

L'aereo AN 225 è a tutt'oggi il più grande del mondo;

L’aereo AN 225 è a tutt’oggi il più grande del mondo;

Il reale fine della visita degli impiegati del Fondo Monetario Internazionale è sconosciuto, ma è dubbio che i pescecani del capitale occidentale siano interessati ad una ripresa veloce e allo sviluppo dell’ azienza. E’ più probabile che si vada verso la sua liquidazione. Probabilmente la chiusura di un certo numero di aziende ad alta tecnologia è una delle condizioni per i finanziamenti del Fondo. Va poi valutato che la Yuzhmash e la Antonov in agonia sono collegate da una cooperazione industriale: i telai degli aerei della famiglia Antonov sono prodotti a Dnepropetrovsk.

La situazione non è migliore nella settore della produzione di vagoni. Nella prima metà dell’anno passato, hanno assemblato solo 3.500 vetture circa a fronte di una capacità di 38.000. L’impianto di Kharkov della Electrotyzhmash ha perso 41 milioni di dollari a causa della cancellazione di ordini dalla Russia relativi alla fornitura di generatori a turbina, motori elettrici ed equipaggiamenti per le prospezioni minerarie. Le perditi per la Yuzhkabel ammontano a 12,4 milioni. Solo la Turboatom e la Motor Sich hanno trovato il modo di sopravvivere. Per il momento.

Alla prossima fermata ci sarà la morte della metallurgia, che giace in uno stato di depressione già da molti anni. La distruzione o la perdita dell’impianto di Avdeevka costringerà Kiev a ricorrere all’importazione di carbone, mentre il possibile passaggio di Mariupol sotto l’autorità della Repubblica Popolare di Donetsk porterebbe alla perdita del principale porto di esportazione di metallo laminato. Con la diminuzione della produzione di metallo, il bilancio statale perderà una gran parte delle sue entrate in valuta pregiata.

Nel contesto della guerra fra Kiev e Dnepropetrovsk, il settore delle leghe ferrose, che è controllato da Igor Kolomoisky, potrebbe a sua volta collassare. Gli impianti per la produzione di queste leghe non sono stati modernizzati, e si tratta di una industria che richiede una incredibile intensità di energia. Così gli unici fattori che possono salvare questa industria sono le forniture di energia dalla Russia e il desiderio di Kiev di non entrare in collisione con Kolomoisky.

Le prospettive delle industrie chimiche ed alimentari sono abbastanza vaghe: in ogni caso la situazione non è migliore che nelle altre aree dell’economia che stanno soffrendo le incursioni dei giovani riformisti e degli “ospiti guerrieri” del Baltico e degli Stati Uniti.

***

Si può dire con certezza che entro la fine della sua guerra civile l’Ucraina avrà completato il processo di deindustrializzazione e che tutto quello che resterà sarà la coltivazione di cereali. Le odierne infrastrutture sono irrilevanti per chi detiene il potere a Kiev, mentre i tecnici capaci di far funzionare gli impianti energetici e di produrre beni ad alto grediente tecnologico nelle fabbriche miracolosamente sopravvissute o moriranno al fronte (se non riusciranno ad evitare le ondate di “mortilizzazione”), o se ne andranno dal paese per sfuggire alla povertà. Si può anche affermare con certezza che gli amministratori sono totalmente inetti, il che è confermato dagli incidenti periodici agli impianti nucleari, che solo per un miracolo non hanno ripetuto il disastro di Chernobyl.

La bancarotta finanziaria, che Kiev dovrà inevitabilmente dichiarare, non farà che accelerare la morte dell’industria. Con il crollo della produzione, Kiev avrà un calo delle entrate in moneta pregiata, un declino degli introiti fiscali e, soprattutto, la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, non a causa della politica di Mosca, ma per il desiderio di Kiev stessa di suicidarsi per far dispetto alla Russia.

Ad ogni nuova chiusura di un impianto si avvicinerà l’inizio di una rivolta urbana su larga scala e crescerà il numero di persone che si oppongono al fallimentare progetto chiamato “Ucraina”.

In copertina: febbraio 2001: Putin e Kuchma in visita alla Yuzhmash

 

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