Ora che il presidente Xi Jinping è debitamente entrato nel pantheon del Partito Comunista Cinese assieme al Pensiero di Mao Zedong e alla Teoria di Deng Xiaoping, il mondo avrà molto tempo per capire il significato de “Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una Nuova Era”.

Xi stesso, nel suo discorso di 3 ore e mezza, all’inizio del 19° Congresso del Partito, ha puntato su una “democrazia socialista” piuttosto semplificata – esaltando le sue virtù come unico contro-modello della democrazia liberale occidentale. Economicamente, il dibattito su se questo sia in realtà un “neoliberalismo con caratteristiche cinesi” rimane aperto.

Tutte le pietre miliari per la Cina nel prossimo futuro sono state fissate.

Una “società moderatamente prospera” entro il 2020.

Una nazione fondamentalmente modernizzata entro il 2035.

Una nazione socialista ricca e potente entro il 2050.

Xi stesso, dal 2013, ha riassunto il processo in un solo mantra; il “sogno cinese”. Il sogno deve diventare realtà in poco più di tre decenni. L’inesorabile modernizzazione scatenata dalle riforme di Deng è durata poco meno di quattro decenni. La storia recente ci dice che non c’è ragione di credere che la fase 2 di questo colossale rinascimento cinese non sarà realizzata.

Xi ha sottolineato, “i sogni del popolo cinese e quelli di altri popoli in tutto il mondo sono strettamente legati. La realizzazione del sogno cinese non sarà possibile senza un ambiente internazionale prolifico e un ordine internazionale stabile”.

Ha menzionato solo brevemente la Nuova Via della Seta, alias l’Iniziativa della Zona e della Via (BRI), dicendo che ha “creato un ambiente favorevole per lo sviluppo globale del paese”. Non si è soffermato sulle ambizioni e sulla straordinaria ampiezza della BRI, come fa in ogni grande summit internazionale e come ha fatto a Davos all’inizio di quest’anno.

Ma era ancora implicito che per arrivare a ciò che Xi definisce come una “comunità di destino comune per l’umanità”, la BRI è lo strumento definitivo della Cina. La BRI, un commutatore geopolitico/geoeconomico, è di fatto il concetto che organizzerà e guiderà la politica estera di Xi – e della Cina – fino al 2050.

Xi ha chiaramente capito che la leadership globale implica essere un fornitore di primo piano, soprattutto per il sud del mondo, di connettività, finanziamenti per le infrastrutture, di assistenza tecnica completa, di materie prime per la costruzione e di innumerevoli altri legacci della “modernizzazione”.

Non è un male che questa pletora di commerci/scambi/investimenti aiuti ad internazionalizzare lo yuan.

È facile dimenticare che la BRI, un percorso di connettività multinazionale senza eguali per collegare economicamente tutti i punti dell’Asia all’Europa e all’Africa, è stata annunciata solo tre anni fa ad Astana (in Asia centrale) e a Giacarta (nel sud-est asiatico).

Quella che originariamente era conosciuta come Zona Economica della Via della Seta e la Via della Seta Marittima del 21° secolo, è stata approvata dal Terzo Plenum del 18° Comitato Centrale del Partito Comunista cinese nel novembre 2013. Solo nel marzo 2015, dopo la pubblicazione di un documento ufficiale, “Visioni e Azioni sulla Costruzione Congiunta della Zona Economica della Via della Seta e della Via della Seta Marittima del 21° Secolo”, l’intero progetto è stato infine chiamato BRI.

Secondo la cronaca ufficiale cinese, siamo solo all’inizio della fase 2. La fase 1, dal 2013 al 2016, è stata la “mobilitazione”. La “pianificazione”, dal 2016 al 2021, è a malapena iniziata (e questo spiega perché sono in corso solo alcuni progetti importanti). L’“attuazione” dovrebbe iniziare nel 2021, un anno prima che scada il nuovo mandato di Xi, e andrà avanti fino al 2049.

L’orizzonte, quindi, è il 2050, e coincide con il sogno di Xi di una “nazione socialista ricca e potente”. Non esiste semplicemente un altro programma di sviluppo sul mercato globale così comprensivo, inclusivo, di vasta portata e finanziariamente solido. Certamente non il Corridoio di Crescita Asia-Africa dell’India (AAGC).

Entra nella BRI, viaggerai

Si inizia con Hong Kong. Quando Xi ha detto: “Continueremo a fare in modo che Hong Kong e Macao integrino il loro sviluppo nello sviluppo globale del paese”, intendeva dire che Hong Kong si configurerà come importante centro finanziario della BRI – il suo nuovo ruolo dopo un recente passato di mediatore degli affari tra la Cina e l’Occidente.

Hong Kong ha ciò che serve; una moneta convertibile; una mobilità totale del capitale; principi di legalità; nessuna imposta sugli interessi, sui dividendi e sulle plusvalenze; l’accesso totale al mercato dei capitali/dei risparmi cinese; e, ultimo ma non meno importante, il sostegno di Pechino.

Poi c’è il sogno di una miriade di pacchetti di finanziamento (pubblico-privato; debito azionario; obbligazioni a breve termine). Il ruolo di Hong Kong nella BRI sarà di centro finanziario internazionale tutto compreso (capitale di rischio; uguaglianza privata; offerta di titoli e obbligazioni; operazioni di investimento bancarie; fusioni e acquisizioni; riassicurazione) interconnesso con la zona della Grande Area della Baia – le 11 città (tra cui Canton e Shenzhen) del Delta del Fiume delle Perle (che garantiscono produzione leggera/pesante; capitalisti delle imprese dell’hi-tech, start-up e investitori; importanti università di ricerca).

Ciò è legato all’enfasi di Xi sull’innovazione; “Rafforzeremo le ricerche di base sulle scienze applicate, lanceremo importanti progetti scientifici e tecnologici nazionali, e privilegeremo l’innovazione in tecnologie chiave generiche, tecnologie di frontiera all’avanguardia, tecnologie di ingegneria moderne e tecnologie dirompenti”.

L’integrazione del Delta del Fiume delle Perle è destinata a ispirare, alimentare e, in alcuni casi, anche modellare alcuni dei progetti chiave della BRI. Il Ponte di Terra eurasiatico dallo Xinjiang alla Russia occidentale (Cina e Kazakistan stanno attivamente super-potenziando la loro zona di libero scambio a Khorgas). Il corridoio economico Cina-Mongolia-Russia. Il collegamento degli “stan” dall’Asia centrale all’Asia occidentale – Iran e Turchia. Il Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC) dallo Xinjiang fino a Gwadar, nel Mar Arabico – in grado di scatenare una “rivoluzione economica”, secondo Islamabad. Il corridoio Cina-Indocina da Kunming a Singapore. Il Corridoio Bangladesh-Cina-India-Myanmar (BCIM) (supponendo che l’India non lo boicotti). La Via della Seta Marittima dalla costa della Cina sudorientale fino al Mediterraneo, dal Pireo a Venezia.

I treni merci Yiwu-Londra, i treni merci Shanghai-Teheran, gli oleodotti dal Turkmenistan allo Xinjiang – sono tutte realtà sul terreno. Lungo il cammino, le tecnologie e gli strumenti di connettività infrastrutturale – applicati alle reti ferroviarie ad alta velocità, alle centrali elettriche, alle centrali solari, alle autostrade, ai ponti, ai porti e agli oleodotti – saranno strettamente legati al finanziamento dell’AIIB (Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture) e agli imperativi sulla cooperazione per la sicurezza e l’economia dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) per costruire la nuova Eurasia da Shanghai a Rotterdam. Oppure, per evocare la visione originaria di Vladimir Putin, prima ancora che la BRI venisse lanciata, “da Lisbona a Vladivostok”.

Xi non lo ha precisato, ma Pechino farà di tutto per rimanere il più possibile indipendente dal sistema bancario occidentale, e la Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) verrà evitata il più possibile negli accordi commerciali, per beneficiare le transazioni basate sullo yuan o lo scambio immediato. Il petrodollaro verrà sempre più bypassato (sta già succedendo tra Cina e Iran, e presto Pechino chiederà di farlo anche all’Arabia Saudita).

Il risultato finale, entro il 2050, sarà, a scanso di inevitabili e complesse difficoltà, un mercato integrato di 4,5 miliardi di persone che utilizzano prevalentemente monete locali per il commercio bilaterale e multilaterale, o un paniere di valute (yuan-rublo-riyal-yen-rupia).

Xi ha messo le carte – e il percorso – della Cina in tavola. Per quanto riguarda il sogno cinese, è ormai chiaro; entra nella BRI, viaggerai.

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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Counterpunch il 25 ottobre 2017.

Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

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