Una Siria pacificata è la chiave per l’integrazione economica dell’Eurasia attraverso l’energia e le connessioni di trasporto .
Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan e Hassan Rouhani terranno un summit questo mercoledì [il 22 novembre 2017] a Sochi per discutere di Siria. Russia, Turchia e Iran sono i tre potenti protagonisti nei negoziati di Astana, dove molteplici cessate il fuoco, pur così difficili da attuare come sono, almeno si evolvono, lentamente ma inesorabilmente, verso l’obiettivo finale: una soluzione politica.
Una Siria stabile è fondamentale per tutte le parti coinvolte nell’integrazione dell’Eurasia. Come riportato [in inglese] da Asia Times, la Cina ha chiarito che una Siria pacificata, alla fine, diventerà uno snodo delle Nuove Vie della Seta, nota come la Belt and Road Initiative (BRI), basandosi sul precedente ben di Dio affaristico delle legioni di piccoli commercianti che facevano la spola tra Yiwu e il Levante.
Lontano da problemi intrattabili di guerra e di pace, è ancora più illuminante osservare come la Turchia, l’Iran e la Russia stiano giocando le loro versioni sovrapposte dell’integrazione economica dell’Eurasia e/o degli affari legati al BRI.
Molto ha a che fare con la connettività energetica e di trasporto tra le reti ferroviarie – e, più avanti, la ferrovia ad alta velocità – e ciò che ho descritto, dall’inizio degli anni 2000, come Pipelineistan.
Il gasdotto Baku-Tblisi-Ceyhan (BTC), un accordo negoziato di persona a Baku dal defunto dott. Zbigniew “Grand Chessboard” Brzezinski, è stato un colpo grosso energetico e geopolitico dell’amministrazione Clinton, che ha disposto un cordone ombelicale di acciaio tra l’Azerbaigian, la Georgia e la Turchia.
Ora arriva la ferrovia Baku-Tblisi-Kars (BTK), inaugurata con grande clamore da Erdogan al fianco del Presidente azero Ilham Aliyev e dal Primo Ministro georgiano Giorgi Kvirikashvili, ma, da sottolineare, anche dal Premier Kazhy Bakhytzhan Sagintayev e dal Primo Ministro uzbeko Abdulla Aripov. Dopotutto, si tratta dell’integrazione del Caucaso con l’Asia centrale.
Erdogan in realtà è andato [in inglese] oltre: BTK è “una catena importante nella Nuova Via della Seta, che mira a collegare Asia, Africa ed Europa”. Il nuovo corridoio di trasporto è configurato come un importante snodo eurasiatico che collega non solo il Caucaso con l’Asia centrale ma anche, nel quadro generale, l’UE con la Cina occidentale.
BTK è solo l’inizio, considerando la strategia a lungo termine della ferrovia ad alta velocità costruita in Cina dallo Xinjiang attraverso l’Asia centrale fino all’Iran, in Turchia, e, naturalmente, la destinazione dei sogni: l’UE. Erdogan può vedere chiaramente come la Turchia sia strategicamente posizionata per trarne profitto.
Naturalmente, BTK non è una panacea. Cresceranno altri punti di connettività tra Iran e Turchia, e altri importanti nodi di interconnessione BRI prenderanno il via nei prossimi anni, come il ponte di terra eurasiatico attraverso la rinnovata Transiberiana e una versione di ghiaccio della Via della Seta Marittima: la via del Mare del Nord attraverso l’Artico.
Ciò che è particolarmente interessante nel caso BTK è l’interconnessione Pipelineistan con il gasdotto trans-anatolico [in inglese] (TANAP), che porta il gas naturale dal massiccio giacimento di gas azero Shah Deniz-2 in Turchia e infine nella UE.
L’analista turco Cemil Ertem sottolinea che “proprio come il TANAP, la BTK Railway non solo collega tre paesi, ma è anche una delle principali rotte commerciali e di trasporto in Asia e in Europa, e in particolare nei porti del Kazakistan e del Turkmenistan. Collega l’Asia Centrale alla Turchia con il progetto Marmaray a Istanbul e attraverso la regione del Caspio. Insieme al Corridoio Sud del Gas, che costituisce la spina dorsale di TANAP, collegherà anche i porti del Mar Cinese Meridionale all’Europa attraverso la Turchia”.
Non c’è da meravigliarsi se la BTK ha ricevuto un’accoglienza estatica in tutta la Turchia o, dovremmo dire, quella che era conosciuta come Asia Minore. Spiega chiaramente la rotazione di Ankara verso est (come lo fa il crescente commercio con la Cina) e rappresenta un nuovo passo nella estremamente complessa interdipendenza strategica tra Ankara e Mosca; gli “stans” centro-asiatici, dopo tutto, cadono nella sfera storica di influenza della Russia.
Aggiungete a questo la (potenziale) vendita russa del sistema di difesa missilistica S-400 ad Ankara, e l’interesse russo e cinese ad avere la Turchia come membro a pieno titolo della Shanghai Cooperation Organization (SCO).
Da IPI a IP e poi II
Confrontiamo ora il colpo di mano di BTK con una delle soap opera di Pipelineistan; l’IPI (Iran-Pakistan-India), precedentemente soprannominato “il gasdotto della pace”.
In origine l’IPI avrebbe dovuto collegare l’Iran sud-orientale con l’India del nord attraverso il Balochistan, attraverso il porto pakistano di Gwadar (ora un centro chiave del corridoio economico Cina-Pakistan, CPEC). Le amministrazioni Bush e Obama hanno fatto di tutto per evitare che IPI venisse costruita, scommettendo invece sul TAPI rivale (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) – che in realtà avrebbe attraversato una zona di guerra ad est di Herat, in Afghanistan.
Il TAPI potrebbe finalmente essere costruito – anche se ai Talebani è stata negata la loro fetta (questa era esattamente la contesa 20 anni fa con la prima amministrazione Clinton: i diritti di transito). Ultimamente, la Russia ha intensificato il suo gioco, con Gazprom che ha sedotto l’India diventando partner nella costruzione del TAPI.
Ma poi è arrivato il recente annuncio del ministro dell’Energia russo Aleksandr Novak: Mosca e Teheran firmeranno un memorandum d’intesa per costruire un gasdotto di 1.200 km dall’Iran all’India; definito il II. E Gazprom, in parallelo, investirà in inesplorati giacimenti di gas iraniani lungo il percorso.
Oltre al fatto di essere una vittoria importante per Gazprom – espande il suo raggio di azione verso l’Asia meridionale – l’argomento decisivo è che il progetto non sarà l’IPI originale (in realtà IP), per cui l’Iran ha già costruito il tratto fino al confine e offerto aiuto ad Islamabad per costruire il proprio tratto; una mossa che sarebbe stata ostacolata dalle sanzioni statunitensi. Il progetto di Gazprom sarà un oleodotto sottomarino dal Golfo Persico all’Oceano Indiano.
Dal punto di vista di Nuova Delhi, questa è l’ultima contesa ad armi pari. Il TAPI rimane una proposta da incubo e l’India ha bisogno di tutto il gas che può ottenere, in fretta. Supponendo che la nuova retorica dell’amministrazione Trump “Indo-Pacifico” regga, New Delhi è fiduciosa che non sarà colpita dalle sanzioni perché sta facendo affari sia con l’Iran che con la Russia.
E poi c’è stato un altro sviluppo chiave della recente visita di Putin a Teheran: l’idea – direttamente dalla BRI – di costruire un collegamento ferroviario tra San Pietroburgo (sul Baltico) e il porto di Chabahar vicino al Golfo Persico. Chabahar è il fulcro della risposta dell’India alle BRI: un collegamento commerciale marittimo con l’Afghanistan e l’Asia centrale che aggiri il Pakistan e collegato al Corridoio di trasporto Nord-Sud (INSTC), di cui Iran, India e Russia sono membri chiave insieme al Caucaso e le nazioni dell’Asia Centrale.
Non c’è bisogno di un meteorologo per vedere da che parte soffi il vento attraverso l’Eurasia; integrazione, ovunque.
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Articolo di Pepe Escobar apparso su The Saker il 22 novembre 2017
Traduzione in italiano di Cinzia Palmacci per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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