La Corea del Nord era ancora una volta sull’orlo di una guerra, e ancora una volta è riuscita ad allontanarla da sé. Mentre un’altra escalation della situazione nella Penisola Coreana si sta placando, la comunità globale sta pensando a cosa riservi il futuro e se c’è un modo per fermare uno sviluppo negativo degli eventi.
La leadership nordcoreana pensa di aver respinto un altro attacco alla sua sovranità. E questo non è del tutto falso. Anche se Kim Jong-un sta celebrando la vittoria tattica, sembra che la sua strategia stia sprofondando il paese nei problemi, perché punta su una continua escalation della situazione, che (come spera la Corea del Nord), ad un certo punto renderà il mondo consapevole del potenziale missilistico nucleare del paese. La Corea del Nord nutre anche speranze sul fatto che gli Stati Uniti alla fine riconsidereranno il loro comportamento e tratteranno il paese non come un nemico da distruggere, ma come un avversario la cui distruzione potrebbe essere troppo rischiosa.
Ma ogni nuova spirale di escalation mette ulteriore pressione sulle relazioni con Pechino e Mosca. Più la Corea del Nord “fa le bizze”, peggiori saranno le sue relazioni con i suddetti paesi. Nessuno sa quando la Russia e la Cina ne “avranno abbastanza”; quello che è chiaro, comunque, è che un giorno né la Russia né la Cina mostreranno un grande appoggio al regime nordcoreano, che viene percepito come scandaloso. Inoltre, la Corea del Nord viene considerata più un “nemico del nostro nemico” che un alleato o amico economico e ideologico. Questo è vero soprattutto per la Russia perché: (a) molti Russi pensano alla Corea come ad un paese estraneo e un po’ distante; (b) sia i sostenitori che gli oppositori del regime Sovietico basano il loro comportamento verso la Corea del Nord sulle relazioni tra Unione Sovietica e Corea del Nord, e giudicano le azioni della Corea del Nord da questa prospettiva.
I fatti summenzionati implicano il fatto che Mosca e Pechino continueranno ad “allinearsi con la comunità internazionale”. È anche altamente improbabile che uno dei due sostenga Pyongyang in caso di conflitto.
Anche se la Cina non darà una doccia fredda alla Corea del Nord in caso di conflitto, si assumerebbe decisamente il compito di organizzare una missione per assicurare la pace e la stabilità nel paese. In questo caso la Cina, molto probabilmente, manterrebbe l’integrità e la sovranità territoriale nordcoreana, impiantando in quel paese un regime pro-cinese, trasformando la Corea del Nord in uno stato vassallo.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, un attacco nucleare sulla sua parte continentale è questione di “vita o di morte”, e in quanto tale, è psicologicamente scoraggiante. Se la Corea riesce a sviluppare un missile capace di oltrepassare l’oceano, gli Americani potrebbero prenderla sul personale e giustificare un attacco preventivo.
Gli USA, che darebbero il benvenuto ad un cambiamento di regime in Corea del Nord, hanno scatenato una guerra mediatica sulla Corea del Nord, cercando di “strangolarla” economicamente nella speranza che il regime collassi su sé stesso, o con l'”aiuto” della Cina. Alcuni funzionari e analisti militari americani dotati di sangue freddo pensano che se c’è anche la minima probabilità che la Corea del Nord attacchi gli USA, questi ultimi devono fare tutto il possibile per impedirlo, dato che le conseguenze sarebbero devastanti. Il “riflesso protettivo” inerente alla sicurezza personale si accorda completamente con questa percezione.
E così, più la “tigre di carta” nordcoreana sembrerà una vera bestia dotata di zanne, più gli USA saranno inclini a “cavarle” le “zanne”. E gli USA possono sempre seguire l’esempio dato da Israele in Siria quando ha eseguito un attacco e ha distrutto tutte le strutture chiave siriane.
Washington potrebbe anche essere convinta del fatto che la Corea del Nord non sarà abbastanza coraggiosa da scatenare una guerra su grande scala come risposta ad un attacco preventivo. Ovviamente, la Corea del Nord subirebbe un colpo doloroso, ma deve capire che firmerebbe una condanna a morte per sé stessa se rispondesse bombardando Seul. E qui sorge la domanda. Per quale tattica opterebbe Pyongyang? L’incapacità di rispondere al suddetto colpo implicherebbe una perdita di faccia e conseguenze negative per gli affari interni del paese. Ma che tutti i funzionari di Pyongyang siano pronti o meno ad un suicidio politico imbarcandosi in una “guerra all’America”, rimane una domanda senza risposta.
Inoltre, un’erosione deliberata della situazione, il nervosismo, la demonizzazione reciproca ecc., accrescono la probabilità di conflitti scatenati da un fattore irrazionale (un’altra “Guerra del Maiale”) [Episodio storico poco noto: nel 1859 Impero Britannico e USA rischiarono la guerra (così chiamata perché causata dall’uccisione di un maiale) per una disputa sul controllo delle San Juan Islands in Canada, NdT]. Creano anche terreno fertile per la presa di decisioni disastrose basate non sui fatti reali, ma piuttosto sulla propaganda e sui frutti di una fervida immaginazione.
Quel che è bene, comunque, è che a questo punto è probabile che nessuno di questi tre scenari prenda il via. Ma se la Cina continua a muoversi lungo questa linea di pensiero, anche le probabilità di materializzazione di questi scenari saranno in salita.
Aderendo a questa strategia, la Corea del Nord dovrà continuare ad intensificare le sue rivendicazioni dimostrando i progressi nello sviluppo del suo programma missilistico-nucleare, o “mostrando i denti” in qualche altro modo. Questo significa che prima o poi Pyongyang sarà costretta a fare un passo in avanti. Una volta che questo avverrà, arriverà una risposta sotto forma di nuove sanzioni.
L’intuito suggerisce che molto probabilmente verranno banditi i prodotti petroliferi (che in qualche modo finora non sono mai stati inclusi nella lista delle sanzioni). Ma chiamiamo le cose col loro nome: un embargo petrolifero innescherebbe inevitabilmente un conflitto militare. E se ci sarà un qualche rischio di caos politico, la Corea del Nord potrebbe prendere misure drastiche, incluso il bombardamento di Seul.
Forse Pyongyang nutre speranze sul fatto che il nuovo presidente americano riconsidererà la politica Coreano-Statunitense. Sia Bill Clinton che George W. Bush si sono dedicati ad una dura politica anti-nordcoreana all’inizio dei loro mandati. Ma anche se venisse eletto Donald Trump come nuovo presidente americano, ci sono poche speranze di dialogo. Questo significa che non ci sarà alcun disgelo nelle relazioni nel prossimo anno e mezzo. E pare che non ci sarà un cambiamento neanche dopo le elezioni.
C’è un modo per fermare o invertire il processo? Ci sono almeno tre ostacoli ad impedirne la sua inversione.
Primo, gli attuali leader della Corea del Nord e del Sud hanno già detto e fatto così tante cose meschine che un significativo disgelo nelle relazioni verrebbe interpretato come una netta (e inaccettabile) perdita di faccia. C’è, ovviamente, un modo per invertire il processo, se entrambe le parti accettano di fare concessioni reciproche. Finora, comunque, nessuna delle due sembra volersi piegare. Per quanto riguarda le proposte presentate dalle due parti, sono di natura demagogica. Per esempio, in teoria, l’idea nordcoreana di una “moratoria in cambio della cessazione delle esercitazioni militari” suona molto buona, ma in pratica gli USA e la Corea del Sud (o almeno la sua attuale leadership) non acconsentiranno mai ad essa. Così, sia Pyongyang che Washington si sono tirati fuori dai colloqui dicendo che le negoziazioni erano inappropriate. D’altro canto, tutte le parti in causa capiscono che fare pressioni sulla Corea del Nord non sarebbe una buona cosa.
Bisogna tenere in mente che la Corea del Nord deve intraprendere passi radicali e irreversibili per fare la sua parte nella risoluzione della crisi nucleare. Tutte le altre parti, invece, non devono sacrificare molto. Qualsiasi accordo può essere firmato e poi fatto decadere. Lo stesso si può dire per le esercitazioni militari. Funziona allo stesso modo con la fornitura di energia: si può dire “OK” ad essa, e la si può fermare in qualsiasi momento usando qualche futile motivo. Considerando i risultati dell’accordo quadro del 2005 e le affermazioni congiunte, la Corea del Nord ha le basi per trarre la ragionevole conclusione che se qualcuno decide di violare certe clausole di un accordo, lo farà in un momento “appropriato”.
Secondo, le parti devono cominciare ad agire in modo ragionevole, devono sviluppare un certo livello di fiducia, e questo non accade dalla sera alla mattina. Ma Corea del Nord e del Sud potrebbero far presente di essere state ingannate dalla parte avversa più di una volta e che per quel motivo non temono solo il fuoco (e il bambino che si è scottato), ma anche i fiammiferi. Bisogna ammettere che la Corea del Nord ha l’abitudine di “mettere i suoi partner alla prova”, e che di solito lo fa in un modo rozzo e quasi provocatorio.
Aggiungete a tutto ciò la mancanza generale di consapevolezza. I politologi russi, rispetto ai loro pari occidentali e perfino a quelli sudcoreani, hanno una migliore comprensione della situazione in Corea del Nord. Forse anche i Cinesi. Per quanto riguarda gli esperti occidentali e sudcoreani, dimostrano un livello di conoscenza incredibilmente basso. Prendete, ad esempio, i tentativi degli “esperti” sudcoreani, che hanno cercato di convincere il mondo che le sanzioni anti-nordcoreane hanno avuto effetto. La Corea del Nord è sull’orlo della carestia, e una “primavera nordcoreana” è proprio dietro l’angolo. Alcuni paesi, guidati da questa propaganda potrebbero prendere decisioni sbagliate riguardo la loro politica nordcoreana.
La Corea del Nord, apparentemente, cade nella stessa trappola quando valuta le azioni dei suoi avversari occidentali. La distorsione delle informazioni e la deformazione della verità sono, infatti, problemi universali. Pertanto, potrebbe benissimo accadere che ad un giovane generale vengano dette bugie solo perché nessuno vuole sconvolgerlo con la verità. È piuttosto probabile che gli esperti nordcoreani abbiano interpretato i risultati dell’ultima elezione in Corea del Sud come “una disfatta totale del regime conservatore filo-americano, che sta per essere rovesciato dalla popolazione stanca”.
Terzo, la politica di qualsiasi paese è sempre influenzata dai trend politici globali. Nel caso della Corea del Nord, il trend politico globale la costringe a seguire il corso che ha lo scopo della protezione della sua sovranità. Se la situazione politica globale cambierà, la Corea del Nord, molto probabilmente, cesserà di brandire la sua arma nucleare. Una volta che Pyongyang si sentirà al sicuro, potrebbe cambiare la sua politica. Come dovrebbe cambiare la situazione la situazione per la Corea del Nord se non si sentisse intimidita? Come si allineerebbe un cambiamento del genere con i trend globali e, in modo specifico, con i trend in Asia orientale? Apparentemente, non lo farà, perché sembra che il trend sia diretto verso l’escalation delle incomprensioni e la crescita di ambizioni di sovranità dimostrate da Stati Uniti, Cina e Giappone. Qualcosa potrebbe cambiare se i Democratici vincessero in Corea del Sud e gli Isolazionisti (che credono che gli USA dovrebbero concentrarsi sugli affari interni e lasciare i problemi dell’est all’Asia orientale) si insediassero negli USA. Poi il problema riguardante il programma nucleare nordcoreano potrebbe essere risolto attraverso l’applicazione di mezzi politici e diplomatici. Finora, comunque, questo scenario non sembra essere probabile.
Ecco perché la situazione si sta lentamente ma sicuramente deteriorando.
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Articolo di Konstantin Asmolov pubblicato su New Eastern Outlook il 2 Luglio 2016
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.it
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