New Eastern Outlook ha riportato [in inglese] in numerose occasioni che la sfera economica e commerciale è al centro del confronto globale, che si svolge su molti fronti, tra le due potenze mondiali (USA e Repubblica Popolare Cinese). Al momento, lo stato di questo conflitto viene descritto come una “guerra commerciale”.
Le conseguenze negative di questa guerra commerciale USA-Cina non sono più limitate ai legami bilaterali delle nazioni, ma hanno iniziato ad influenzare l’intera economia globale. Ciò ha indotto le più alte sfere [della politica e finanza mondiale] ad appellarsi a Washington e a Pechino, esortandoli a trovare un compromesso ai problemi irrisolti.
Simili appelli sono stati ascoltati anche durante l’incontro tra i leader delle due nazioni, che si è svolto a margine del più recente summit del G20 a Buenos Aires. I protagonisti di questa guerra commerciale hanno concordato una tregua di 90 giorni. Durante questo periodo si terranno negoziati fra delle delegazioni speciali. In un’intervista con il canale televisivo [in inglese] dell’agenzia Bloomberg, il Segretario del Tesoro Steven Mnuchin riteneva che questi negoziati potrebbero riprendere all’inizio di gennaio 2019. Vale la pena ricordare ai lettori che simili incontri di negoziazione hanno avuto luogo in primavera ed estate del 2018, ma nessuno di questi ha portato alcun risultato.
Tuttavia, non c’erano ancora state simili “pause del conflitto” in altri settori del corrente confronto Cina-USA. E, in queste aree, il ramo legislativo del governo federale degli Stati Uniti è stato particolarmente attivo. In meno di tre mesi dall’inizio di quest’anno, il Congresso ha approvato tre leggi, che direttamente o indirettamente sono rivolte contro Pechino.
La prima di queste è chiamata Uyghur Human Rights Policy Act del 2018 ed è stata approvata [in inglese] dal Senato degli Stati Uniti il 14 novembre. Questa legge è il risultato del lavoro intrapreso dalla Commissione Parlamentare-Governativa precedentemente insediata. Un risultato intermedio del suddetto lavoro è stato un appello per privare la Cina del diritto di ospitare i Giochi olimpici invernali nel 2026.
Tutti questi sviluppi ricordano quelli che recentemente hanno riguardato la Federazione Russa. Ora ci aspettiamo che la WADA faccia la sua comparsa nell’arena politica, e accusi gli atleti cinesi di aver utilizzato il doping.
Un giornale di tutto rispetto, il Times of India, ha posto un’interessante domanda [in inglese] in merito alla legge precedentemente menzionata: “Perché il Pakistan tace sulla piaga dei correligionari musulmani [gli Uiguri] in Cina?”.
La risposta è ovvia e, secondo lo stesso giornale, equivale ad un motivo di convenienza [in inglese] politica ed economica, la cui presenza, potremmo aggiungere, ha attraversato tutta la storia della civiltà umana. Ad esempio, durante la Guerra dei Trent’anni, il cardinale Richelieu ha combattuto contro altri credenti cattolici, aiutando di conseguenza i protestanti “eretici”.
La stessa convenienza politica spiega la comparsa al Congresso degli Stati Uniti del documento precedentemente citato. È improbabile che le autorità statunitensi emanino leggi simili in risposta ad alcune azioni di Nuova Delhi nello stato di Jammu e Kashmir, di Madrid in Catalogna e del governo francese a Parigi.
Il secondo documento menzionato è la legge sull’Accesso Reciproco al Tibet Act [in inglese] del 2018. Nella sezione 2.1 si afferma che le relazioni Cina-USA mancano di reciprocità, in quanto l’accesso a determinate regioni di entrambi i paesi non sono concesse a diplomatici, funzionari, giornalisti e a determinati cittadini.
La sezione successiva 2.2. dichiara che la regione in questione è il Tibet. L’accesso a quest’area, secondo il parere dei legislatori, è limitato nonostante le dichiarazioni, fatte dal premier cinese Li Keqiang nell’agosto 2015, sull’obiettivo del governo di trasformare il Tibet in uno dei centri del turismo mondiale.
Per fornire esempi di tali limitazioni, il documento cita dei fatti, come ad esempio l’approvazione di solo 4 delle 39 richieste fatte da diplomatici statunitensi di poter visitare la Regione autonoma del Tibet (TAR) dal 2011 al 2015, i problemi riscontrati dai rappresentanti del Consolato Generale degli Stati Uniti durante l’accesso in Tibet quando nell’ottobre 2013 un autobus con turisti americani è stato protagonista di un incidente e molti altri.
La sezione 3.0, intitolata “Definizioni”, è particolarmente degna di nota. Secondo i promotori della legge, Tibet non si riferisce solo al Tibet, ma anche ad alcune province cinesi adiacenti che comprendono aree con nomi che derivano dalla parola Tibet. È interessante notare che la questione della definizione dei “confini storici” del Tibet non è solo interessante da un punto di vista accademico ma anche da un punto di vista politico pratico. Questo problema è rilevante per il governo tibetano in esilio, con sede in India, che rivendica la metà del territorio della Cina moderna.
Il terzo documento degno di menzione, approvato dal Senato il 19 dicembre, è il disegno di legge intitolato [in inglese] Asia Reassurance Initiative Act del 2018 , che “conferma “ il fatto che gli interessi degli Stati Uniti nell’area Indo-Pacifica sono cambiati. Ciò deriva dal fatto che oltre il 50% della popolazione mondiale vive in questa regione, che ospita le economie con la crescita più dinamica. È anche il luogo in cui si originano le principali minacce alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, alla stabilità regionale e alla pace globale.
Sebbene un paragrafo separato sia dedicato alle relazioni con la PRC, i problemi che affliggono direttamente o indirettamente i rapporti USA-Cina pervadono l’intera legge. Essa è un documento sulle alleanze militari e politiche, attuali e previste, in cui sono coinvolti gli Stati Uniti, riguarda alcuni accordi multilaterali nel settore della cooperazione economica o promuove i valori americani nella regione?
Tre punti di questo disegno di legge meritano di essere evidenziati a causa del fatto che due di essi sono inclusi nel documento, mentre il terzo è marcatamente assente da esso. L’India è menzionata nel contesto di un partenariato strategico bilaterale con gli Stati Uniti e del Quadrilateral Security Dialogue.
New Eastern Outlook ha riferito regolarmente sullo stato attuale di un’iniziativa di lunga data per istituire un Quad militare e politico (comprendente Stati Uniti, Giappone, India e Australia), considerato da Washington come una misura (potenzialmente) chiave per contenere la Cina nella regione. Tuttavia, il problema sta nel fatto che tutti e tre i partner di Washington non hanno chiaramente fretta di passare dalla fase del dialogo a un’alleanza vincolante.
Ci siamo anche concentrati ripetutamente sul ruolo crescente di Taiwan nel quadro delle relazioni Cina-USA. Questa idea trova supporto nella sezione del disegno di legge intitolata “Impegno per Taiwan”. Elenca tutti gli impegni degli Stati Uniti in relazione a Taiwan ricavati da documenti precedentemente approvati.
La sezione include una disposizione chiave del primo di questi documenti (il Taiwan Relations Act del 1979), in cui si afferma che è la politica degli Stati Uniti è quella di “contrastare gli sforzi per cambiare lo status quo e sostenere una risoluzione pacifica accettabile per entrambe le parti dello Stretto di Taiwan” .Vale la pena sottolineare che se qualcuno (a parte Washington) può sentire un desiderio sadico di infliggere un colpo doloroso a Pechino, un mezzo sicuro per raggiungere questo obiettivo è designare Taiwan “parte in causa nel conflitto dello Stretto di Taiwan”.
Tra i numerosi punti relativi a tutto ciò che riguarda il commercio regionale e la cooperazione economica inclusi nel documento, spicca l’assenza di qualsiasi menzione del Partenariato Transpacifico (TPP). È come se l’iniziativa fosse scomparsa dalla regione.
Nel frattempo, il TPP (soprannominato con un nuovo nome) entrerà in vigore dal 1 ° gennaio 2019. Questo è, senza dubbio, uno degli eventi più importanti nel processo che plasma la mappa politica dell’Indo-Pacifico. Di conseguenza, il ruolo del Giappone aumenterà bruscamente di importanza, poiché questa nazione ha risuscitato questa collaborazione quando era sull’orlo del collasso dopo che gli Stati Uniti l’avevano abbandonata. Un certo numero di paesi, tra cui la Gran Bretagna, hanno già espresso interesse per questa iniziativa.
Apparentemente, gli Stati Uniti non hanno ancora un’opinione su come coopererà con il TPP. Fino a poco tempo fa le informazioni che circolavano, indicavano che Washington non era contraria alla possibilità di una partecipazione part-time all’interno del partenariato, ad esempio, nel formato di una sorta di “associazione”.
Infine, sembra opportuno commentare, in particolare, l’aspetto dei diritti umani della politica statunitense nei confronti della Cina, alla quale il Congresso degli Stati Uniti si è nuovamente concentrato. Vorremmo ricordare ai nostri lettori che durante l’apertura della prevista sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite alla fine di settembre, Donald Trump ha parlato del fatto che gli Stati Uniti non erano più disposti ad “insegnare” agli altri paesi “come vivere”.
Tuttavia, è esattamente ciò che l’élite politica degli Stati Uniti (soprannominata la “palude di Washington” da Donald Trump), sotto il controllo del Congresso, continua a fare.
Quando il resto del mondo si imbatte in questa immagine frammentaria della potenza mondiale, risulta molto più difficile per gli Stati Uniti collaborare con altri attori chiave del moderno gioco di scacchi geopolitico. Inoltre, la previsione di come si svilupperà questo gioco diventa sempre più difficile. È impossibile dire qualcosa di definitivo sul rapporto futuro tra le due potenze mondiali, una volta conclusa la tregua concordata.
Le attività legislative del Congresso, descritte in questo articolo, non sono assolutamente favorevoli alla creazione di un ambiente che possa favorire sviluppi positivi nelle relazioni USA-Cina.
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Articolo di Vladimir Terehov apparso su New Eastern Outlook il 7 gennaio 2019
Traduzione in italiano di Diego per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
gli americani si stanno rendendo conto che gli interessi delle multinazionali hanno messo in serio pericolo la loro leader-ship globale non solo economica ma anche e soprattutto militare, al punto che la sua potente e immensa industria delle armi rischia oramai di dipendere da fornitori stranieri e su tutti proprio il competitore più importante e cioè la cina–
https://reseauinternational.net/la-guerre-commerciale-de-trump-cache-en-fait-un-agenda-militaro-industriel/
per cui tutte le stupidaggini sul tibet,su taiwan sugli uiguri sulla democrazia e i diritti umani possono solo celare con un sottile velo la realtà dei fatti, e cioè che gli usa con l’ordoliberismo delle sue multinazionali non ha solo decentrato la manodopera e la conoscenza manifatturiera ma ha messo a serio rischio la sua leader-ship economico militare.