I colloqui di pace a sorpresa di questa settimana tra le delegazioni sud e nord coreane sono stati accolti da un benvenuto quasi unanime. Perfino il bellicoso presidente Trump ha messo da parte la sua infiammata retorica per avallare l’impegno diplomatico tra le due Coree divise, affermando “spero che ne venga fuori qualcosa di buono”.

Le due parti coreane si sono incontrate per 11 ore di discussioni [in inglese] nel “villaggio della pace” di Panmunjom, in prossimità della Zona Demilitarizzata che ha separato i due stati dai tempi della Guerra di Corea (1950-53). Le strette di mano cordiali e le parole amichevoli che sono state scambiate hanno fatto crescere le speranze che stia per avere luogo una svolta importante – dopo un anno di tensioni montanti e timori relativi allo scoppio di una guerra aperta nella Penisola Coreana.

Russia e Cina hanno lodato le aperture dei colloqui – i primi dopo un’impasse di circa due anni – dicendo che era esattamente quello che loro avevano richiesto negli ultimi mesi al fine di placare le crescenti tensioni. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha lodato [in inglese] il nuovo impegno a raffreddare il conflitto.

Forse ad essere sorprendente è stato proprio l’apparente benvenuto [in inglese] dato da Washington ai colloqui. Il Presidente Trump ha detto di essere “al 100 per cento” dietro l’iniziativa del Presidente Sud Coreano Moon Jae-in di invitare il Nord al dialogo.

In precedenza, Washington era stata inflessibile sul fatto che non ci sarebbero stati colloqui con la Corea del Nord comunista finché il suo leader Kim Jong-un non si fosse impegnato prima a mettere fine al programma di armamento nucleare del paese. Evidentemente, Washington sembra preparata al fatto che il suo alleato sud coreano proceda nei negoziati senza condizioni. Almeno per adesso.

Trump, secondo quanto riportato, [in inglese] ha acconsentito alla richiesta del leader della Corea del Sud di posticipo delle esercitazioni militari congiunte con le forze armate americane a dopo le Olimpiadi Invernali e le successive Paraolimpiadi che finiranno a marzo. Questa mossa è stata interpretata come un’importante concessione alla Corea del Nord, che per lungo tempo ha protestato contro queste esercitazioni, viste come un importante test finalizzato ad una futura guerra.

Al posticipo delle manovre militari di Stati Uniti e Corea del Sud, Pyongyang ha prontamente risposto accordando la propria partecipazione ai colloqui di questa settimana nella DMZ [Zona Demilitarizzata] con una delegazione da Seul.

Ancora una volta, questo è il genere di clima costruttivo che è stato sempre invocato da Russia e Cina. Sia Mosca che Pechino hanno mantenuto la propria posizione secondo cui il “congelamento” delle esercitazioni guidate dalle forze armate USA avrebbe potuto indurre la parte nordcoreana ad interrompere i test dei propri missili nucleari, il che a sua volta avrebbe contribuito a consolidare i negoziati per un accordo di pace finale per il pluridecennale conflitto coreano. L’anno scorso, Washington ha respinto la proposta da parte di Mosca e Pechino di un “congelamento congiunto”. Ma l’apertura dei colloqui con l’anno nuovo, giustifica quella proposta.

Il progresso ottenuto con i soli incontri di questa settimana è impressionante. Non solo la Corea del Nord ha accettato  [in inglese] di mandare propri atleti alle Olimpiadi Invernali ospitate dalla Corea del Sud il mese prossimo, eliminando con questo timori sulla sicurezza dell’evento; le due parti si sono spinte al punto di ristabilire dialogo tra le rispettive forze armate nel tentativo di ridurre le tensioni. Stanno pianificando anche di riprendere gli scambi di ricongiungimento tra le famiglie separate dalla Guerra di Corea.

Questo è esattamente il tipo di progresso diplomatico che può essere ottenuto se si consente reciproca benevolenza. Tutto ciò rinnega la bellicosità di Washington nelle sue minacce alla Corea del Nord, definita uno “stato canaglia”. L’amministrazione Trump, come le precedenti amministrazioni statunitensi, ha ripetutamente disdegnato la diplomazia con la Corea del Nord, preferendo invece usare minacce di guerra e di “distruzione totale”.

Trump si è auto-attribuito il credito per la sua dura retorica e la sua politica di “massima pressione” che avrebbero portato la Corea del Nord al tavolo dei negoziati questa settimana.

Ma un altro modo di guardare alla situazione è che la Corea del Nord si sente pronta a parlare con gli avversari perché ha ottenuto alla fine dello scorso anno la capacità di colpire gli USA con armi nucleari. Kim Jong-un ha affermato nel suo discorso per il nuovo anno di essere in grado di colpire il territorio americano. Lo ha affermato nello stesso discorso in cui ha teso il ramo d’olivo alla Corea del Sud per aprire negoziati di pace tra “popoli che condividono la stessa eredità nazionale”.

Segnatamente, questa settimana la delegazione nordcoreana ha avvisato [in inglese] che le loro armi nucleari sono puntate esclusivamente contro gli Stati Uniti, “non contro i nostri fratelli in Corea del Sud, né contro la Cina né contro la Russia”.

I media statunitensi tendono a leggere i colloqui di pace con motivazioni ciniche. In un servizio [in inglese] del New York Times, intitolato ‘La Corea del Nord si muove verso la distensione con Seul’ è stato lasciato cadere con un certo cinismo questo commento editoriale: “Pochi a Seul o a Washington credono che Kim, sebbene sia un grande appassionato di sport, sia motivato esclusivamente dallo spirito olimpico. I Giochi Invernali gli presentano un’opportunità ideale per un’azione di disturbo nei confronti delle minacce del presidente Trump di azioni militari se la Corea del Nord non accetta di rinunciare al proprio programma nucleare.”

Pertanto, i media americani hanno adottato un punto di vista piuttosto contorto sui colloqui, insinuando che la Corea del Nord si sia impegnata nei colloqui solo per trovare sollievo dalle “pesanti sanzioni economiche” al fine di perseguire ulteriormente il proprio programma nucleare.

L’assunto implicito fa trasparire un’attitudine condiscendente nei confronti del leader della Corea del Sud Moon Jae-in, come se egli sia “troppo stupido” o “credulone” nel trattare con i “traditori” Nordcoreani.

Da parte sua, il Presidente Moon ha affermato, in seguito ai colloqui, di essere preparato a incontrare la propria controparte nordcoreana in futuro quando “ci saranno le giuste condizioni”. Moon ha anche detto che la denuclearizzazione pacifica della Penisola Coreana è la priorità principale della sua amministrazione.

Non ci sono indizi, nonostante tutto quello che i media statunitensi possono insinuare, che la Corea del Sud sia troppo cedevole o che la Corea del Nord si stia comportando con ambiguità. Entrambe le parti sembrano sinceramente desiderare la pace, e la riconciliazione a lungo termine per la riunificazione dei due stati.

Di sicuro, il problema fondamentale è che entrambe le parti consentano ad aprire un dialogo allo scopo di trovare un accomodamento pacifico per la loro patria comune – la Penisola Coreana. Entrambe le parti necessitano che vengano loro dati la libertà e lo spazio per costruire fiducia al fine di arrivare alla pace. Russia e Cina comprendono la delicata dinamica richiesta ed entrambe hanno avallato l’impegno al dialogo pacifico per una denuclearizzazione finale.

Washington avrà fatto risuonare il suo benvenuto all’apertura di questi colloqui questa settimana, ma è ancora in grado di affondarli.

Un portavoce del Dipartimento di Stato ha descritto [in inglese] il meeting Nord-Sud come uno “sviluppo positivo”, ma poi ha impetuosamente aggiunto che Washington desidera che “abbiano luogo colloqui riguardanti il programma nucleare”. Tutto ciò suona come se Washington cerchi nuovamente di imporre la propria pre-condizione che Pyongyang debba essere disarmata prima che colloqui di pace sostanziali abbiano corso. E questa concessione unilaterale che gli Stati Uniti pretendono da parte di Pyongyang non ci sarà.

Questa settimana, la delegazione nordcoreana ha fermamente dichiarato di non essere pronta a cedere le proprie armi atomiche. Ha affermato che a questo stadio (delle discussioni) non avrebbe neanche toccato l’argomento. Pyongyang mantiene la propria posizione secondo cui le armi nucleari sono l’unica garanzia che la Corea del Nord ha, di non essere attaccata dagli Stati Uniti. L’implicazione è che il Nord non sta escludendo nessuna opzione di ricomposizione pacifica nella penisola denuclearizzata. Ma solo dopo aver avuto la salvaguardia della propria sicurezza – magari con la firma da parte degli USA di un trattato di pace e la rimozione delle proprie forze dalla regione.

Il miglior modo di procedere è mediante colloqui e scambi per costruire gradualmente un’atmosfera di mutua reciprocità, con il fine ultimo della pace. Entrambe le parti coreane hanno mostrato di bramare la pace e la riunificazione finale del proprio popolo diviso.

Washington potrebbe affondare questo processo così urgente e delicato se insiste nelle sue arroganti e bellicose pretese che la Corea del Nord “si arrenda” e nel trattare Pyongyang come un paria. Il problema è che le ambizioni egemoniche statunitensi nella regione del Pacifico asiatico vanno oltre il puro desiderio di avere un presidio militare in Sud Corea. Washington ha bisogno di un pretesto per la propria presenza militare nella regione a causa del suo maggior antagonismo geopolitico nei confronti di Russia e Cina, come il recente documento di Strategia di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti pubblicato [in inglese] il mese scorso ha chiaramente delineato.

A causa di questa fondamentale ragione strategica, Washington è incline a respingere un reale accordo di pace in Corea.

I colloqui riaperti questa settimana tra Corea del Nord e Corea del Sud rappresentano uno sviluppo molto ben visto. Ma un pericolo si nasconde: che Washington li affondi avanzando pretese provocatorie e non realistiche basate sui propri calcoli strategici.

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Articolo di Finian Cunningham  pubblicato il 12 gennaio 2018 su Strategic Culture

Traduzione in italiano a cura di Mario B. per Sakeritalia.it

[Le note in questo formato sono del traduttore]

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