Nagorno-Karabakh Feature photo

Un uomo transenna la coda di un razzo dopo un bombardamento dell’artiglieria azera durante gli scontri a Şuşa, nei pressi di Stepanakert, nella regione separatista del Nagorno Karabakh.

Sperando di trarre profitto, proteggere un’importante fonte di petrolio e di provocare il vicino Iran, Israele vende droni e armi all’Azerbaigian, alimentando il conflitto in Nagorno Karabakh.

L’ultima iterazione del conflitto del Nagorno Karabakh, che ha già causato la morte di dozzine [in inglese] di persone, era stata in gran parte dimenticata dal mondo prima che le ostilità si riaccendessero a settembre. Solo il crollo dell’Unione Sovietica è stato in grado di portare alla fine dell’ultima guerra tra questi acerrimi nemici negli anni ‘80 e ‘90. Ora, quasi un quarto di secolo dopo, la regione ancora contesa, rivendicata secondo il diritto internazionale dall’Azerbaigian e de facto controllata dalla sua maggioranza etnica armena, è caduta in nuovo periodo di violenza grazie in gran parte ad attori esterni, in lizza per una guerra più ampia con un altro paese vicino: l’Iran.

Tre settimane fa, una disputa [in inglese] su un pezzo di territorio nelle montagne del Caucaso è scoppiata in una guerra calda tra le due ex repubbliche sovietiche di Azerbaigian e Armenia, costringendo i civili in Nagorno Karabakh a cercare riparo nei loro scantinati dagli attacchi aerei dei droni che fanno piovere morte e distruzione dall’alto.

In un video analizzato da Franceinfo, un drone “kamikazeOrbiter 1K [primo link in francese, secondo link in inglese] è stato trovato intatto per le strade dell’enclave etnicamente armena vicino al confine azero-armeno. Come suggerisce il suo soprannome, questa classe di veicoli aerei senza pilota (UAV) è così chiamata perché una volta che i suoi operatori agganciano un bersaglio a terra, l’UAV si tuffa su di essi con una carica esplosiva.

Il drone è stato sviluppato dalla principale compagnia israeliana di sistemi aerei senza pilota (UAS) Aeronautics Defense Systems, che ha uno stabilimento di produzione [entrambi i link in inglese] in Azerbaigian dal 2011. La scoperta dell’uso del drone da parte delle forze azere ha evidenziato il ruolo centrale, ma in gran parte sottostimato, che Israele sta giocando in questo conflitto, dando all’esercito azero un netto vantaggio [in inglese] contro gli armeni.

Inoltre, il chiaro sostegno della Turchia allo stato azero lascia sola la nazione a maggioranza Cristiana dell’Armenia contro le due maggiori potenze regionali oltre alla Russia, che cinque giorni fa ha invitato entrambe le parti in conflitto a rispettare un secondo accordo di cessate il fuoco [in inglese] mediato il 10 ottobre 2020 a Mosca. La tregua avrebbe dovuto entrare in vigore sabato, ma il fuoco di artiglieria pesante, missili e droni hanno continuato a cadere nella zona del conflitto domenica, con entrambe le parti [in inglese] che incolpavano l’altra per aver violato il tentativo di armistizio. La natura religiosa delle origini del conflitto aiuta a mascherare la partecipazione attiva di interessi esterni che intendono alimentarla per i propri scopi geopolitici.

Oro nero a Baku

Il controllo sulle risorse naturali è alla base praticamente di ogni singola conflagrazione militare nel ventesimo secolo, e molte di quelle che infuriano in tutto il mondo all’inizio del ventunesimo. L’escalation del conflitto nel Caucaso non fa eccezione, nonostante i motivi apparentemente religiosi che alcuni vorrebbero attribuire alle parti coinvolte.

Mentre l’Azerbaigian a maggioranza musulmana potrebbe sembrare un nemico naturale dell’Armenia a maggioranza cristiana, in fondo, il conflitto in corso nell’Eurasia settentrionale è quello che richiama il primo pozzo petrolifero scoperto nella capitale azera di Baku. Baku era il centro [in inglese] dell’universo dell’oro nero alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, prima ancora che Israele esistesse come stato vero e proprio e poco prima che Lord Balfour fosse sul punto di scrivere la famigerata Dichiarazione, che alla fine avrebbe portato alla sua creazione.

Oggi, lo stato che partica l’apartheid ottiene il 40% [in inglese] del suo petrolio da Baku, lasciando poco all’immaginazione sul suo interesse nel conflitto regionale. Per proteggere questi interessi, Israele è diventato uno dei maggiori fornitori di armi dell’Azerbaigian negli ultimi anni, fornendo lo scorso anno fino al 61% di tutte le importazioni di armi azere, secondo [entrambi i link in inglese] l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma.

Le affermazioni fatte la scorsa settimana da un aiutante del presidente azero hanno sminuito le condanne armene del ruolo di Israele, definite come “esagerate” dopo che il Ministero degli Esteri armeno ha richiamato [entrambi i link in inglese] il suo ambasciatore in Israele per la vendita di armi. Quasi a sottolineare la falsa dichiarazione del funzionario azero, un’alta corte israeliana ha respinto [in inglese] la richiesta dell’attivista per i diritti umani Elie Joseph di fermare la vendita di armi all’Azerbaigian due giorni dopo, citando la mancanza di prove.

Una polveriera

La situazione in Nagorno Karabakh potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra più ampia tra attori molto più potenti, come la Turchia e la Russia. Quest’ultima ha un trattato di difesa con l’Armenia, mentre il rapporto della prima con il più antico paese cristiano del mondo è afflitto dal suo storico rifiuto di riconoscere il genocidio armeno – l’omicidio di massa sistematico e l’espulsione degli armeni da quella che era ancora la capitale dell’Impero Ottomano durante e dopo la Prima Guerra Mondiale.

I segni che il conflitto sta andando nella direzione sbagliata stanno diventando più evidenti. Venerdì 16 ottobre, la Russia ha annunciato [in inglese] che la sua marina stava iniziando esercitazioni militari nel Mar Caspio, a nord di Baku. Nel frattempo, il presidente armeno Armen Sarkissian ha detto sabato che è pronto a recarsi al quartier generale europeo a Bruxelles per affrontare la NATO sulle azioni di Ankara, che includono il trasferimento [in inglese] di mercenari dalla Siria all’Azerbaigian.

Ancora più importante, anche l’Iran potrebbe essere trascinato in una guerra più ampia e potrebbe contenere la chiave per svelare la motivazione geopolitica di Israele per il suo significativo coinvolgimento nel conflitto del Nagorno Karabakh. L’Iran condivide un patrimonio culturale comune con l’Armenia, nonostante le differenze religiose, e considera la nazione Cristiana un partner strategico.

Un giorno prima che il secondo cessate il fuoco avrebbe dovuto entrare in vigore, il Ministero degli Esteri azero ha accusato [in inglese] le forze armene di lanciare attacchi missilistici nel territorio iraniano come provocazione, cosa che ha portato il Ministero degli Esteri iraniano a rilasciare una dichiarazione che chiarisce che “l’aggressione contro i territori del nostro paese da qualsiasi parte” nel conflitto non sarà tollerata.

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Articolo di Raul Diego pubblicato su Mint Press News il 19 ottobre 2020
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]


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