Le persone sono arrabbiate con i loro governi. Dove? Praticamente quasi ovunque. Che cosa rende quindi così speciali gli scioperi in corso in Francia? Forse nulla, tranne una certa aspettativa secondo cui storicamente le rivolte francesi possono produrre importanti cambiamenti; oppure, in caso contrario, possono almeno aiutare a chiarire i temi dei conflitti sociali contemporanei.

Gli attuali disordini sociali in corso in Francia sembrano mettere in contrapposizione la maggioranza dei lavoratori con il presidente Emmanuel Macron. Ma dato che Macron è solo uno strumento tecnocratico del potere finanziario globale, il conflitto è essenzialmente una rivolta contro le politiche che antepongono le avide richieste dei mercati finanziari alle necessità delle persone. Questo conflitto fondamentale è all’origine delle manifestazioni settimanali dei Gilet Gialli, i quali da più di un anno protestano ogni sabato, malgrado la brutale repressione da parte della polizia. Adesso, i sindacalisti, i lavoratori del settore pubblico e i Gilet Gialli manifestano tutti insieme, mentre parziali interruzioni del lavoro continuano a turbare il trasporto pubblico.

Recentemente gli insegnanti delle scuole di Parigi si sono uniti alla rivolta. Anche il prestigioso liceo Louis le Grand ha aderito allo sciopero. Questo è significativo perché non esiste governo che non mostri alcuno scrupolo a schiacciare la testa del malcontento della classe lavoratrice, ma che non esiti a colpire i cervelli dell’elite del futuro.

 

Il sistema pensionistico

Per quanto generalizzato sia il malcontento, la causa diretta di ciò che è diventato il più lungo periodo di agitazione che si ricordi, è un singolo tema: la volontà del governo di riformare il sistema pensionistico nazionale di previdenza sociale. E’ solo un aspetto del programma anti-sociale di Macron, ma nessun altro come questo tocca così tanto le vite di tutti.

Le pensioni francesi sono finanziate nello stesso modo della previdenza sociale degli Stati Uniti. Gli impiegati e i datori di lavoro versano una parte delle retribuzioni in un fondo che paga le pensioni attuali, con la speranza che i lavoratori di domani pagheranno le pensioni di chi oggi sta lavorando.

L’attuale sistema è complesso, con 42 diversi regimi per specifiche professioni, ma funziona abbastanza bene. Allo stato attuale, e malgrado il crescente divario tra gli ultra-ricchi e quelli di modesta condizione, in Francia c’è meno tragica povertà tra gli anziani rispetto, per esempio, alla Germania.

Il piano di Macron di unificare e semplificare il sistema con un sistema universale a punteggio ha la pretesa di aumentare “l’uguaglianza”, ma lo fa con un livellamento verso il basso, non verso l’alto. L’orientamento generale della riforma è chiaramente quello di far lavorare le persone più a lungo per avere delle pensioni più basse. A poco a poco, l’input e l’output del sistema di previdenza sociale verranno compressi. E ridurrà ulteriormente la percentuale di PIL destinata ai salari e alle pensioni.

Il risultato previsto: dato che le persone temono la prospettiva di una vecchiaia senza un soldo, si sentiranno obbligate a versare i propri risparmi nei fondi pensionistici privati.


La solidarietà internazionale

Protesta dei Gilet Gialli a Bruxelles, dicembre 2018. (Pelle De Brabander, Flickr, CC BY 2.0, Wikimedia Commons)

In una rara dimostrazione di solidarietà internazionale della classe lavoratrice, i sindacati belgi hanno espresso apertamente il loro forte sostegno ai sindacati che in Francia si stanno opponendo alle riforme di Macron, offrendo persino un contributo economico a favore dello sciopero dei lavoratori francesi. Il sostegno dei lavoratori di un paese alla lotta dei lavoratori di un altro paese veniva una volta definito col termine di solidarietà internazionale. E’ un concetto ampiamente dimenticato dalla sinistra contemporanea, che tende a considerarla in termini di superamento dei confini nazionali. Cosa che riflette perfettamente le ambizioni del capitalismo globale.

La solidarietà internazionale del capitale finanziario è strutturale.

Macron è un consulente finanziario, la cui campagna elettorale è stata finanziata e promossa dai banchieri, inclusi degli investitori stranieri. Tali persone sono quelle che hanno contribuito allo spirito della sua politica, progettata completamente per rafforzare il potere della finanza internazionale e per indebolire il ruolo dello Stato.

Il loro obiettivo è portare lo Stato a cedere il potere decisionale al potere impersonale dei “mercati”, il cui criterio meccanico è il profitto rispetto alle considerazioni politiche soggettive del benessere sociale. E’ stata la tendenza in tutto l’Occidente a partire dagli anni ’80, e si sta semplicemente intensificando sotto il governo di Macron.

Il presidente Emmanuel Macron che esulta per la vittoria della Francia sulla Croazia nella finale della Coppa del Mondo del 2018 a Mosca. (Cremlino)

L’Unione Europea è diventata il principale cane da guardia di tale trasformazione. Totalmente influenzata da esperti non eletti, ogni due anni la Commissione Europea emana le “raccomandazioni sulla politica economica” (in francese le GOPÉ, Grandes Orientations des Politiques Économiques), che devono essere rispettate dagli stati membri. Le GOPÉ di maggio 2018 per la Francia “raccomandavano” (questo è un ordine!) una serie di “riforme”, tra cui la “uniformazione” dei regimi pensionistici, con l’apparente finalità di migliorare la “trasparenza”, l’“equità”, la mobilità del lavoro e – ultimo ma sicuramente non meno importante – “un migliore controllo della spesa pubblica”. In breve, tagli al bilancio del governo.

La politica di riforma economica di Macron è stata sostanzialmente definita a Bruxelles.

Ma anche Wall Street è interessata. Nel gruppo di esperti incaricati dal primo ministro Edouard Philippe per ideare le riforme economiche dell’amministrazione, c’è Jean-François Cirelli, capo della filiale francese della Black Rock, società di investimento del valore di 7 trilioni di dollari con sede a New York. Circa i due terzi del capitale della Black Rock provengono da fondi pensione di tutto il mondo.

Nel giungo 2017 Larry Fink, amministratore delegato americano di questa mostruosa montagna di soldi, è stato gradito ospite all’Eliseo, poco dopo l’elezione di Macron. Due settimane dopo, il ministro dell’Economia Bruno Le Maire è andato a New York per consultarsi con Larry Fink. Poi, nell’ottobre 2017, Fink ha guidato una delegazione di Wall Street a Parigi per un incontro confidenziale (rivelato dal settimanale Le Canard Enchaîné) con Macron e cinque importanti ministri di Gabinetto per discutere su come rendere la Francia particolarmente attrattiva per gli investimenti stranieri.

Larry Fink ha un ovvio interesse nelle riforme di Macron. Attraverso il graduale impoverimento della previdenza sociale, il nuovo sistema è strutturato per spronare il boom dei regimi pensionistici privati, un campo dominato dalla Black Rock. A questi regimi manca la garanzia della previdenza sociale pubblica. Le pensioni private dipendono dall’andamento del mercato azionario e, se c’è un crollo, perdi la tua pensione. Nel frattempo, i gestori dei fondi giocano con i tuoi risparmi e si prendono la loro quota, qualsiasi cosa accada.

Non c’è alcun complottismo in questo. E’ semplicemente come lavora la finanza internazionale. Macron e i suoi ministri sono ansiosi di veder investire Black Rock in Francia. Per loro, così è come funziona il mondo.

Larry Fink (il terzo da destra) riceve il premio Woodrow Wilson nell’aprile 2010. (Wilson Center, CC BY-SA 3.0, Wikimedia Commons)

Il pretesto più cinico usato da Macron per la riforma delle pensioni è che l’unificazione di tutti i diversi regimi professionali in un sistema universale a punti favorisce l’“uguaglianza”, anche se aumenta il crescente divario tra salariati e super-ricchi, che non hanno bisogno della pensione.

Ma le professioni sono diverse. A Natale, i ballerini in sciopero hanno illustrato questo fatto eseguendo una parte del Lago dei Cigni sulle fredde pietre dell’ingresso dell’Opera Garnier di Parigi. Hanno richiamato la pubblica attenzione sul fatto che non ci si può aspettare che continuino a ballare fino a sessant’anni, cosa che vale per altre professioni che richiedono un estremo sforzo fisico.

Le differenze dell’attuale sistema pensionistico francese svolgono una funziona sociale. Alcune professioni, come l’insegnamento e l’assistenza sanitaria, sono essenziali per la società, ma gli stipendi tendono ad essere inferiori rispetto al settore privato. Tali professioni possono rigenerarsi grazie alla sicurezza di un lavoro stabile e alla promessa di una pensione confortevole. Se gli togli i loro “privilegi”, assumere insegnanti e infermieri competenti sarà ancora più difficile di quanto lo sia già ora. Attualmente, il personale medico sta minacciando le dimissioni di massa, in quanto le condizioni negli ospedali stanno diventando insostenibili a causa dei tagli drastici al personale e al budget.

 

Esiste un’alternativa?

Il vero tema è la scelta dei sistemi: precisamente, la globalizzazione economica rispetto alla sovranità nazionale.

Per ragioni legate alla loro storia, molti francesi non condividono l’intensa fede che gli inglesi e gli americani hanno nella benevolenza della mano invisibile del mercato. C’è una propensione nazionale verso un’economia mista, in cui lo Stato gioca un ruolo forte e determinante. I francesi non credono facilmente che la privatizzazione sia migliore, soprattutto quando vedono che tutto sta peggiorando.

Macron è un ardente devoto della mano invisibile. Sembra che si aspetti che, dirottando i risparmi francesi in un gigante internazionale degli investimenti come la Black Rock, la stessa Black Rock ricambi facendo investimenti nel progresso tecnologico e industriale della Francia.

Non c’è nulla di meno certo. In questo periodo in Occidente ci sono molti crediti a basso interesse e molti debiti, ma gli investimenti sono raramente creativi. I soldi vengono utilizzati in gran parte per comprare ciò che esiste già: società, fusioni, azioni (moltissimo negli Stati Uniti) e, per i privati, abitazioni. La maggior parte degli investimenti stranieri in Francia si orienta verso i vigneti e le infrastrutture sicure come porti, aeroporti e autostrade. Quando la General Electric comprò la Alstom, ha presto smentito la promessa di mantenere i posti di lavoro e ha cominciato a tagliare. Sta inoltre privando la Francia del controllo di un aspetto essenziale della sua indipendenza nazionale, cioè l’energia nucleare.

In breve, gli investimenti stranieri possono indebolire la nazione in maniera strutturale. In un’economia mista, le attività redditizie come le autostrade possono aumentare la capacità del governo di compensare, tra le altre cose, i deficit periodici della previdenza nazionale. Con la privatizzazione, gli azionisti stranieri devono avere il loro guadagno.

Negli Stati Uniti, nonostante la loro devozione ideologica alla mano invisibile, lo Stato dà di fatto un forte supporto al settore industriale militare, che dipende dagli stanziamenti del Congresso, dai contratti col Pentagono, dalla legislazione favorevole e dalla pressione sugli “alleati” a comprare armamenti made in USA. Di fatto è una forma di economia programmata, che non risponde affatto ai bisogni sociali.

Manifestazione a Montpellier, Francia, 8 dicembre 2018. (Valerian Guillot/Flickr)

Le regole dell’Unione Europea proibiscono ad uno stato membro come la Francia di sviluppare una propria politica industriale orientata al sociale, dal momento che tutto deve essere aperto alla concorrenza internazionale e non avere ostacoli. Utenze, servizi e infrastrutture devono essere tutte accessibili a proprietari stranieri. Gli investitori stranieri potrebbero non avere alcuna inibizione nel prendere i propri profitti e lasciare che tali servizi pubblici si deteriorino.

Gli attuali disagi alla vita quotidiana sembrano forzare il governo di Macron a fare delle minori concessioni. Ma nulla può cambiare gli obiettivi di base di questa presidenza.

Allo stesso tempo, l’arroganza e la brutale repressione del regime di Macron fanno aumentare le richieste di un radicale cambiamento politico. Il movimento dei Gilet Gialli ha ampiamente adottato la richiesta formulata da Etienne Chouard di una nuova Costituzione, che ammetta i referendum di iniziativa popolare, in poche parole, una pacifica rivoluzione democratica.

Ma come arrivarci? Rovesciare un monarca è una cosa, rovesciare il potere della finanza internazionale è un’altra, specialmente in una nazione vincolata alla UE e alla NATO. La personale ostilità verso Macron tende a proteggere l’Unione Europea da una dura critica sulla sua maggiore responsabilità.

Una pacifica rivoluzione elettorale ha bisogno di leader popolari con un chiaro programma. François Asselineau continua a diffondere tra gli intellettuali la sua critica radicale all’Europa senza il suo partito, l’Unione Popolare Repubblicana, che ha guadagnato una significativa forza elettorale. Il leader di sinistra Jean-Luc Mélenchon ha il piglio oratorio per guidare una rivoluzione, ma la sua popolarità sembra aver risentito degli attacchi anche più violenti di quelli lanciati contro Jeremy Corbyn in Inghilterra o contro Bernie Sanders negli Stati Uniti. Con un Mélenchon debole e nessun’altra forte personalità all’orizzonte, Marine Le Pen si è auto-riconosciuta come la principale sfidante di Macron nelle elezioni presidenziali del 2022, con il rischio per gli elettori di avere la stessa scelta che hanno avuto nel 2017.

L’analisi di Asselineau, la massa strategica dei Gilet Gialli, l’oratoria di Mélenchon, le riforme istituzionali di Chouard sono elementi che potrebbero in teoria convergere (con altri elementi ancora non noti) e dar vita ad una rivoluzione pacifica. Ma unire delle componenti politiche è una difficile alchimia, specialmente in una Francia individualista. Senza alcune grandi sorprese, la Francia sembra essere diretta non verso una rivoluzione ma verso un scontro congelato per molto tempo.

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Articolo di Diana Johnstone pubblicato su Consortium News il 17 gennaio
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per
Saker Italia.


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