Mentre continuano l’inchiesta e la caccia all’autista del camion [Anis Amri è stato ucciso in una sparatoria con le forze dell’ordine a Sesto San Giovanni (MI) intorno alle 3:00 A.M. del 23 dicembre], ecco cinque cose da considerare.
1) La reazione della Merkel. Un orrendo attacco terroristico ad un mercatino di Natale a Berlino lunedì sera ha fatto 12 morti e 48 feriti, ma la Cancelliera Merkel si è rivolta al pubblico solo il giorno successivo, circa 15 ore dopo il tragico evento. Era “sconvolta, scioccata e profondamente triste per quello che è successo a Breitscheidplatz”. La Merkel ha ammesso che non aveva “una risposta semplice sul come possiamo vivere dopo quello che è successo”, e ha anche sottolineato che: “sarebbe particolarmente insopportabile per tutti noi se fosse confermato che un richiedente asilo abbia commesso questo crimine”.
Sembra che per lo stato sia più importante impedire eventuali opposizioni alla sua politica delle porte aperte ai rifugiati che garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Al momento di una tragedia simile ci si aspetta parole di rassicurazione e un messaggio chiaro che il governo prenderà tutte le misure possibili per proteggere i propri cittadini da possibili futuri atti di terrorismo, e invece la Merkel ha ancora una volta cercato di giustificare la sua politica sui rifugiati, e il suo tentativo è sembrato cinico nei confronti dei morti e feriti nell’attacco.
2) L’uomo “sbagliato”. Il primo sospetto, un richiedente asilo pakistano, Naved B., è stato arrestato dalla polizia dopo che un testimone oculare lo avrebbe visto correre dal camion, lo avrebbe seguito per un paio di chilometri e avrebbe informato la polizia. Naved è stato interrogato fino alla sera del giorno successivo, quando la polizia ha concluso che non c’erano prove sufficienti per tenerlo in carcere.
Secondo il giornale tedesco Tagesspiegel, Naved è stato arrestato in precedenza con l’accusa di violenza sessuale, ma rilasciato dalla polizia. Forse le violenze sessuali sulle donne non sono, in fin dei conti, una cosa grave per le autorità tedesche.
3) Un documento identificativo ben nascosto. Solo mercoledì mattina la polizia ha trovato un documento di un richiedente asilo tunisino 24enne, Anis Amri. Il documento trovato in un portafoglio sotto il sedile del conducente, un Duldung, afferma che Amri aveva chiesto asilo, ma che la sua domanda era stata respinta, rendendo Amri un soggetto idoneo per la deportazione, ma allora perché la polizia ci ha messo quasi 40 ore per scoprire quel portafoglio?
4) Una coincidenza? Anis Amri ha trascorso quattro anni in carcere in Italia per aver dato fuoco ad una scuola [trattasi del Centro di Identificazione ed Espulsione di Catania] prima di arrivare in Germania nell’estate 2015. Secondo lo Spiegel, Amri chiese asilo a Kleve, in Renania Settentrionale-Vestfalia, nel mese di aprile 2016. Nel mese di giugno 2016, la sua richiesta d’asilo venne respinta perché “priva di fondamento”. Proprio come altri 200.000 richiedenti asilo in Germania, le cui domande d’asilo sono state respinte, ha ricevuto un documento che gli confermava di essere un soggetto idoneo per la deportazione, ma poteva rimanere nel paese fino a quando non fosse avvenuta l’espulsione.
Un richiedente asilo respinto può essere espulso solo se ha un documento valido (passaporto o carta d’identità), e se il suo paese d’origine collabora con la deportazione, ed entrambi non erano il caso di Amri. Pare che la Tunisia non abbia ammesso per mesi che Amri fosse davvero un cittadino tunisino, invece in Germania Amri è stato registrato sotto varie identità diverse.
Mercoledì, due giorni dopo l’attacco terroristico, le autorità tedesche hanno finalmente ricevuto tutti i documenti richiesti alla Tunisia. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Düsseldorf mercoledì, Ralf Jäger, il Ministro dell’Interno della Renania Settentrionale-Vestfalia, si è rifiutato di commentare su questa tempistica che sembra essere davvero sorprendente.
5) Falle nella sicurezza. Anis Amri è stato nei radar della polizia per diversi mesi in qualità di simpatizzante dell’ISIS. Le autorità tedesche sapevano che Amri era connesso ad un noto reclutatore dell’ISIS, Abu Walaa, indicato come un alto rappresentante dell’ISIS in Germania. Amri ha cercato di acquistare armi automatiche e di reclutare un complice per un attacco terroristico. Come riporta il Süddeutsche Zeitung, gli investigatori erano informati del fatto che Amri aveva pianificato di combattere per l’ISIS in Siria e si era addestrato per prepararsi al combattimento, e nonostante tutto questo è comunque riuscito a rimanere in Germania.
Amri è stato associato ad un gruppo di simpatizzanti dell’ISIS la cui priorità era quella di compiere attentati terroristici in Germania, perciò il suo viaggio in Siria è stato ritardato. Uno dei progetti del gruppo era omicidi agenti di polizia con bombe a mano. Amri è stato identificato dalle autorità tedesche come “altamente pericoloso”, arrestato all’inizio di quest’anno e rilasciato di nuovo. Per diversi mesi Amri è stato in grado di muoversi liberamente in tutto il paese.
È rimasto in Renania Settentrionale-Vestfalia, sorvegliato dalla polizia, fino a febbraio 2016, e poi si è stabilito a Berlino da marzo a settembre di quest’anno, quando la polizia ha smesso di sorvegliarlo. Dato che Amri è ancora in libertà, il pericolo di un altro attacco terroristico resta molto elevato. Ciò che è piuttosto agghiacciante riguardo l’intera tragedia è la domanda: quanti altri terroristi, di cui la polizia è ben essere a conoscenza, sono in attesa del loro turno per attaccare persone innocenti?
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Articolo di Elena Trojanova pubblicato su The Duran il 23 dicembre 2016.
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[Le note in questo formato sono del traduttore]
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