La conferenza dell’SPD sostiene senza entusiasmo i colloqui per una grande coalizione con la Merkel

Il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz parla alla Cancelliera tedesca Angela Merkel durante un summit dei leader dell’Unione Europea a Bruxelles il 23 ottobre 2014. Giovedì 25 gennaio i leader dell’EU mirano a trovare un accordo su un nuovo decennio di politica energetica che dimezzi le emissioni di gas serra entro il 2030, ma le aspre differenze sulla divisione dei costi renderanno difficile un accordo. (Foto di François Lenoir/Reuters).

Le elezioni parlamentari tedesche dello scorso settembre hanno reso evidente la crescente disillusione di sempre più tedeschi nei confronti del governo stagnante presieduto dal Cancelliere tedesco perpetuo, Angela Merkel.

I due partiti che costituivano il governo della Merkel – la CDU/CSU e l’SPD – hanno ottenuto i peggiori risultati mai visti dalla Seconda Guerra Mondiale.

Un nuovo partito – l’AfD – ha guadagnato risalto, al punto che i due partiti tedeschi “non di sistema” – l’AfD e il partito di sinistra Die Linke, che è l’erede della molto antica e molto forte tradizione comunista e di sinistra della Germania – ora si spartiscono tra loro circa un quinto dei voti.

L’esito giusto per un risultato del genere sarebbe stato che i due leader di partito che hanno presieduto questa sconfitta – Angela Merkel e Martin Schulz dell’SPD – se ne fossero andati, dando spazio ad alcuni dei politici più giovani e dotati che si trovano in entrambi i rispettivi partiti.

Nel caso si fosse ancora dimostrato impossibile costruire un governo dopo le dimissioni dei due leader, si sarebbero dovute convocare nuove elezioni, come accade regolarmente in tutte le altre democrazie mature.

Certamente non c’era motivo di trattare la situazione come una crisi, ed era assurdo considerare il risultato come univoco.

Invece la Merkel e Schulz sono ancora lì, e nonostante precedenti promesse che affermavano il contrario, Schulz si è trovato costretto a negoziare con la Merkel per ricostituire quello che, nonostante le smentite, è in effetti lo stesso governo che ha avuto risultati così brutti alle elezioni di settembre, così da evitare una “crisi” la cui minaccia non è mai esistita.

Il paradosso è che proprio questo corso – intrapreso presumibilmente per evitare una crisi che non c’è mai stata – potrebbe potenzialmente creare una crisi in Germania.

Va detto chiaramente che in effetti negare il verdetto delle elezioni è la peggiore risposta possibile alle elezioni di settembre. Inevitabilmente e giustamente, verrebbe visto da gran parte della popolazione tedesca – compresi molti membri della base dell’SPD – come una decisione contro gli elettori, in un momento in cui gli elettori si arrabbiano sempre di più e sono disillusi.

Lungi dal portare stabilità in Germania, un governo ricostruito in tal modo sarebbe destinato ad essere debole e impopolare, e difficilmente sopravvivrà a lungo.

In effetti, cercando di prolungare l’esistenza del governo della “grande coalizione” della Merkel al di là della sua scadenza naturale, l’establishment politico tedesco sta minando la stessa stabilità politica in Germania che afferma di consolidare.

Il risultato sarà un totale e incerto scioglimento finale, che porterà a nuove elezioni, che si tradurranno in un ulteriore aumento significativo dei voti per Die Linke e l’AfD, il che renderà la formazione di un governo da parte dei tradizionali partiti “di sistema” – la CDU/CSU, l’SDP e il Partito Liberale Democratico – molto più difficile, preparando la scena per una vera crisi in Germania.

Le colpe principali di questa situazione infelice sono della Merkel e della corrente conservatrice dell’SPD.

Nel caso della Merkel, i risultati delle elezioni di settembre e la successiva mancata creazione di una coalizione “Giamaica” con i liberali democratici e i verdi avrebbero dovuto chiarire ciò che era evidente secondo qualsiasi analisi oggettiva: che il suo tempo come cancelliera tedesca – come tutte le cose – è finito, e che dovrebbe andarsene. Era il momento in cui avrebbe dovuto farsi da parte e fare spazio a qualcun altro.

Nel caso della corrente conservatrice dell’SPD – che include il presidente della nazione Frank-Walter Steinmeier – avrebbe dovuto essere ovvio che il loro partito aveva bisogno di un nuovo modo di pensare e di una nuova leadership, che avrebbe potuto ottenere con successo solo andando all’opposizione.

Invece la Merkel – cosa fin troppo caratteristica da parte sua – ha scelto di provare a resistere, anche se le elezioni di settembre hanno rivelato il grado in cui ha perso sostegno e che ormai è priva di idee, mentre, nonostante le pretese contrarie di Schulz, la corrente conservatrice dell’SPD si trova fin troppo a suo agio nel governo, e molto più vicina ideologicamente alla Merkel di quanto lo siano la base e gli elettori dell’SPD.

Non è ancora certo se questa cospirazione da parte dell’establishment politico neoliberista tedesco contraria ai desideri della maggior parte degli elettori tedeschi – perché è questo che è in effetti la proposta di far rivivere la “grande coalizione” della Merkel – avrà successo.

La conferenza dell’SPD che ha votato a favore della proposta di Schulz di negoziare i termini di un altro governo di “grande coalizione” con la Merkel gli ha dato solo un tiepido sostegno.

Non solo Schulz è stato accolto senza entusiasmo alla conferenza – ci sono stati anche momenti durante il suo discorso in cui è stato fischiato – ma la conferenza è apparsa equamente divisa sulla questione, costringendo ad un ballottaggio che Schulz ha vinto con il supporto di solo il 58% dei delegati.

Con l’ala giovanile dell’SPD fortemente contraria ad un accordo di coalizione con la Merkel, e con potenti sezioni dell’SPD in zone come la Renania Settentrionale-Vestfalia anch’esse contrarie – non è scontato che se o quando un accordo di coalizione finale venga messo ai voti dai membri dell’SPD – come deve essere – questi lo approveranno.

Inutile dire che se l’SPD votasse contro un accordo di coalizione con la Merkel, allora mi aspetterei che lei si dimetta e dopo poco tempo vengano indette nuove elezioni.

Speriamo sinceramente, nell’interesse della Germania e dell’Europa, che questo accada.

L’opinione secondo la quale in questo momento l’economia tedesca sembra piuttosto buona e che l’instabilità politica in Germania non conta, è troppo compiacente.

In primo luogo, dubito che l’attuale periodo di congiuntura economica positiva della Germania durerà ancora a lungo.

In secondo luogo, uno dei motivi per cui dubito che durerà ancora a lungo è proprio a causa della stagnazione politica, che è stata il segno distintivo del lungo regno della Merkel, dato che la cancelliera tedesca sta permettendo ai problemi di accumularsi.

Ciò di cui la Germania ha bisogno è una nuova forte leadership che possa tracciare un percorso chiaro, non il prolungamento di uno status quo sempre più respinto e screditato.

Che si renda conto o meno di questo fatto, l’establishment politico neoliberista intensamente avverso al rischio in nome della “stabilità” sta creando le condizioni per una futura crisi politica in Germania.

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Articolo di Alexander Mercouris pubblicato su The Duran il 24 gennaio 2018.

Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

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