NATO-backed group admits it doesn’t care about Orban’s disregard for ‘Western values,’ so long as Hungary helps oppose Russia

Il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán arriva al summit della NATO a Bruxelles il 25 maggio 2017.

La missione descritta della NATO stessa come espressione dei “valori democratici comuni” della comunità transatlantica ha sempre provocato scetticismo a Mosca. Ora un ex ambasciatore americano presso l’alleanza ha confermato le ipotesi russe.

Mentre la Russia ha sempre sostenuto che la qualità più importante per i membri europei è essere disposti a sottomettersi al controllo di Washington, la NATO si definisce come protettrice e promotrice della democrazia e della libertà. Un’alleanza di nazioni che la pensano allo stesso modo, dedita a sostenere i “valori occidentali” su entrambe le sponde dell’Atlantico. Nel frattempo, in Europa orientale, l’adesione viene vista come un prerequisito per l’inclusione nella stessa “famiglia occidentale”.

Purtroppo, perché la NATO esista, c’è bisogno di un nemico, reale o immaginario, e la Russia è l’avversario scelto. Ciò ha creato una situazione bizzarra in cui – a causa del desiderio di unirsi all’“Occidente” – un certo numero di stati hanno aderito al club nonostante non abbiano il dente avvelenato con Mosca.

In Russia, per essere sinceri, la NATO è vista come un veicolo per servire gli interessi geopolitici americani e consentire a Washington di estendere le sue forze armate sempre più vicino ai confini russi. Gli esperti e i funzionari di Mosca amano anche sottolineare che l’altra funzione è quella di far girare i soldi, poiché lega la maggior parte dei paesi europei al complesso militare-industriale degli Stati Uniti.

Per sostenere la narrativa della NATO, vari rami dello stato americano e l’industria degli armamenti anglo-americana, spendono molti soldi in vari think tank. La loro missione principale è coltivare legami con influenti élite in tutta Europa e spingere i messaggi pro-NATO, specialmente nei nuovi stati membri.

Il più famoso (o per meglio dire famigerato) è probabilmente il Consiglio Atlantico, ma il CEPA con sede a Washington e Varsavia è il suo fratellino. Il gruppo di pressione è finanziato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, dagli specialisti in cambiamento di regime del National Endowment for Democracy, dai produttori di armi Lockheed Martin, Raytheon e Bell Helicopters, nonché dalla stessa NATO. È anche curiosamente sostenuto dalla Coalizione Ungaro-Americana e dalla Hungary Initiatives Foundation [entrambi i link in inglese]. Entrambe ricevono finanziamenti dal governo di Budapest.

Qui è dove la cosa diventa interessante. Il CEPA afferma che la sua missione è quella di promuovere “un’Europa politicamente libera con legami stretti e duraturi con gli Stati Uniti”. Il suo “consiglio consultivocomprende persone come Madeleine Albright, Anne Applebaum, Carl Bildt e Toomas Hendrik Ilves, che hanno trascorso anni a blaterare sulla “democrazia liberale”. Nel frattempo, alcuni dei suoi lobbisti più importanti – come Alina Poljakova, Edward Lucas e Brian Whitmore [tutti e cinque i link in inglese] si sono fatti delle carriere attaccando il crescente “illiberalismo” in Europa. Ovviamente, quando la Russia era percepita come all’avanguardia della deriva.

Tuttavia, ora che l’Ungheria di Viktor Orbán si è posizionata – del tutto deliberatamente – come leader del movimento “illiberale”, sembra [in inglese] che il CEPA abbia fatto un sorprendente voltafaccia. Questa settimana ha arruolato nientemeno che Kurt Volker – l’ex uomo di punta della Casa Bianca in Ucraina – per difendere le politiche di Budapest.

Gran parte delle critiche all’Ungheria e al Primo Ministro Viktor Orbán mi sembrano superficiali”, ha scritto, sotto il segno de “Gli alleati occidentali dovrebbero smettere di essere prudenti e concentrarsi su valori e interessi condivisi”. Volker si è lanciato quindi in un’appassionata difesa del sistema di Orbán, trascurando di menzionare che persino l’ONG americana fortemente politicizzata Freedom House ritiene che “l’Ungheria non può più essere considerata un paese libero”.

“Abbiamo bisogno di alleati”, afferma Volker, ammettendo chiaramente che l’Ungheria dalla “parte dell’America” è più importante della solita retorica della NATO.

Il cinismo è sbalorditivo, esponendo il CEPA per quello che è realmente: un misero raccattatore di denaro, che grida “valori” mentre, in realtà, si offre alle bustarelle dei suoi finanziatori. Questo, ancora una volta, espone la putrefazione al centro del movimento dei think tank, un’industria sporca che si è infiltrata nei, ed è stata anche corrotta dai, media anglo-americani.

L’accettazione da parte del CEPA dell’agenda di Budapest è chiaramente alimentata dai finanziamenti che prende dagli organismi ungheresi finanziati dal governo. In effetti, questa infusione di denaro ha persino visto Réka Szemerkényi, ex ambasciatrice ungherese a Washington – un’incaricata di Orbán – nominata [in inglese]vicepresidentessa esecutiva” del gruppo di pressione.

Enti come CEPA gettano costantemente ombra sulla Russia per il suo rifiuto di seguire le norme occidentali, ignorando il fatto che la Russia avrebbe dovuto occidentalizzarsi senza la prospettiva dell’integrazione occidentale. Tuttavia, paesi come la Polonia e l’Ungheria, a cui è stato permesso di aderire ad istituzioni come l’Unione Europea e la NATO (e ottenere enormi quantità di denaro da arraffare) stanno facendo marcia indietro ma ricevono pass gratuiti. Questo perché non è una questione di “valori”, ma di geopolitica e guadagno finanziario.

Il sistema politico ungherese è di proprietà dell’Ungheria. In effetti, proprio come in Russia (dove i Comunisti sono secondi rispetto a Russia Unita), il principale partito d’opposizione (il nazionalista Jobbik) è persino più anti-occidentale del governo (Fidesz). L’ipocrisia qui appartiene interamente al CEPA.

In effetti, potrebbe anche essere benvenuta un po’ di onestà da parte dell’élite di politica estera degli Stati Uniti – che Volker rappresenta chiaramente come membro esperto della “palude”.

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Articolo di Bryan MacDonald pubblicato su Russia Today il 3 maggio 2020
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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