Gli alleati del fianco orientale della NATO membri dei Nove (9) di Bucarest (terminologia della Casa Bianca [in inglese]) hanno tenuto oggi un vertice virtuale dalla capitale romena che dà il nome al gruppo.

I partecipanti includevano anche il Presidente Joe Biden, il Segretario di Stato Antony Blinken e il Segretario Generale dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico Jens Stoltenberg. La partecipazione di quel trio dovrebbe far capire quali interessi serve il gruppo.

Sebbene nati nel 2014, la vera storia dei 9 di Bucarest risale a più di un secolo, come verrà dimostrato di seguito, e ha implicazioni minacciose per l’aggravarsi del conflitto tra NATO e Russia.

L’evento di oggi è stato ospitato dal presidente romeno Klaus Iohannis e dal suo omologo polacco Andrzej Duda. I membri del gruppo sono Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia; sono stati tutti assorbiti dalla NATO dal 1999 al 2004. Sono tutti ex membri del Patto di Varsavia, e con l’eccezione dell’ex Germania dell’Est (entrata nella NATO attraverso la sua riunificazione con la Germania Ovest nel 1989) e dell’Albania (che ha lasciato il Patto di Varsavia negli anni ‘60 ed è essa stessa ora un membro della NATO), erano il Patto di Varsavia al di fuori dell’Unione Sovietica, di cui l’Estonia, la Lettonia e la Lituania facevano parte. Dopo che sette nazioni, sei delle quali sono ora nei 9 di Bucarest, sono state ammesse nel blocco nel 2004, l’allora presidente George W. Bush dichiarò che il Patto di Varsavia ormai era la NATO. Stava dicendo la semplice verità.

Le nove nazioni sono i membri del Gruppo di Visegrád (Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia), i tre ex Stati Baltici sovietici (Estonia, Lettonia e Lituania) e i vicini del Mar Nero, Bulgaria e Romania. Con l’Ucraina che li collega (confina con Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia), il fianco orientale è proprio questo. È il cordone sanitario della NATO lungo il confine occidentale della Russia.

Il Segretario Generale della NATO Stoltenberg ha fatto di tutto per adulare il presidente Biden, lodandolo due volte in un breve messaggio. In particolare ha celebrato “l’impegno per la ricostruzione delle alleanze” e il “rafforzamento della NATO” [entrambi i link in inglese] della nuova amministrazione americana. Biden è il comandante in capo che il blocco militare stava aspettando. Dall’inaugurazione dell’ex Comandante Supremo Alleato della NATO in Europa, Dwight Eisenhower, nel 1953, non è arrivato allo Studio Ovale un presidente pienamente interoperabile con la NATO come lui.

I commenti di Biden, come riportato in una lettura della Casa Bianca [in inglese], “hanno sottolineato il suo impegno a ricostruire alleanze e rafforzare le relazioni transatlantiche” e “hanno espresso il suo desiderio di una più stretta cooperazione con i nostri nove alleati nell’Europa centrale e nelle regioni del Mar Baltico e del Mar Nero su tutta la gamma di sfide…” L’intera gamma di sfide è riducibile a un toponimo: Russia.

Ha promesso anche un sostegno continuo a quella che viene eufemisticamente definita la politica di deterrenza e difesa della NATO, e ha sottolineato la necessità di rafforzare la cooperazione contro le azioni “economiche e politiche” dei “nostri concorrenti strategici”. Di nuovo, dovrebbe essere tutto declinato al singolare.

Sia Biden che Stoltenberg hanno messo in evidenza il prossimo vertice della NATO il 14 giugno.

L’anno scorso i ministri degli Esteri di Lituania, Polonia e Ucraina si sono incontrati per creare un gruppo di cooperazione regionale denominato Triangolo di Lublino, in parte per accelerare l’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina; questa espressione è il codice per l’adesione alla NATO e all’Unione Europea.

Un rapporto di quell’evento include questo paragrafo [in inglese]:

“Questo nuovo formato mira ad avvicinare i tre paesi, facendo anche eco ai loro legami storici – vale a dire la Confederazione Polacco-Lituana del XVII secolo [XVI-XVIII secolo] che includeva la maggior parte dell’Ucraina di oggi nei suoi confini”.

E un altro:

“Secondo una dichiarazione congiunta rilasciata dal Ministero degli Affari Esteri ucraino, i firmatari del Triangolo di Lublino sostengono l’adesione dell’Ucraina alla NATO e ritengono che fornire al paese un piano d’azione per l’adesione alla NATO dovrebbe essere il prossimo passo in questa direzione”.

Ciò di cui il Triangolo di Lublino e i 9 di Bucarest sono almeno il riflesso, ma più probabilmente la realizzazione diretta, sono due progetti dell’inizio del XX secolo ideati e promossi dal leader politico e militare polacco Józef Piłsudski: il Międzymorze e il Prometeismo [in inglese].

Il primo mirava a creare un’unione geopolitica delle ex parti della Confederazione Polacco-Lituana che si trovavano su e tra il Mar Baltico, il Mar Nero e l’Adriatico, da cui il nome Międzymorze (tra i mari). Contro la Russia. Come previsto per la prima volta all’indomani della Prima Guerra Mondiale, il progetto doveva includere Bielorussia, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Ucraina e Jugoslavia. Molto vicino a quello che sono ora i 9 di Bucarest.

L’altro piano, sebbene strettamente correlato, si chiamava Prometeismo. Il suo scopo era quello di provocare la dissoluzione della Russia zarista, poi dell’Unione Sovietica, attraverso la secessione delle popolazioni non russe nelle regioni del Mar Baltico, del Mar Nero e del Mar Caspio. Ciò è stato ottenuto nel 1991 con l’emergere di Bielorussia, Estonia, Lettonia e Lituania indipendenti sul Mar Baltico, di Georgia e Ucraina sul Mar Nero e di Azerbaigian, Kazakistan e Turkmenistan sul Mar Caspio.

Avendo raggiunto l’obiettivo del Prometeismo, gli Stati Uniti e la NATO sembrano essere sul punto di realizzare anche quello del Międzymorze.

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Articolo di Rick Rozoff pubblicato su Global Research il 14 maggio 2021
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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