La Compagnia Mineraria e Petrolifera polacca, o, in breve, PGNiG, il 72% delle cui azioni è di proprietà dello Stato polacco, ha vinto nella Corte Europea contro la Commissione Europea. La Corte ha sospeso le aste sul 40% del gasdotto Opal fino al 2018 e di conseguenza, la russa Gazprom perde l’opportunità per utilizzare il Nord Stream a pieno regime.

La situazione è ora di nuovo a dove era alla fine dello scorso anno: la Gazprom può utilizzare solo il 50% della capacità del gasdotto Opal. Allora la Commissione Europea era sicura che qualcosa in più avrebbe contraddetto il  Terzo Pacchetto Energetico dell’UE, ma prima della fine del 2016 la Commissione ha deciso che il Terzo Pacchetto Energetico non avrebbe sofferto se il 40% della capacità del gasdotto fosse stata venduta all’asta. Inoltre, la Commissione Europea ha perfettamente capito che Gazprom è l’unica società interessata al transito di gas attraverso l’Opal. In altre parole, è stata presa la decisione di favorire il transito di altri gas invece di quello russo attraverso il percorso settentrionale.

Non c’è nulla di sorprendente qui. L’Europa ha dovuto affrontare problemi di transito dall’Ucraina negli inverni del 2014-2015 e del 2015-2016. Entrambe le volte, l’UE è stata costretta a pagare per il gas consumato dall’Ucraina, mentre Kiev ha ricattato l’Europa confiscando il gas (europeo) che transitava nei gasdotti, e anche arrestandone del tutto il transito.

L’UE non vuole ricevere meno gas di quanto ne abbia bisogno in inverno. L’Europa ne ha avuto abbastanza di pagare alla Gazprom mezzo miliardo di dollari all’anno per colpa dell’Ucraina, e ha perfettamente capito che questo denaro, concesso all’Ucraina sotto forma di prestito, non le sarà mai restituito da Kiev.

In ultima analisi, l’aumento del transito a nord è nell’interesse della Germania, che è diventata la principale distributrice di gas russo che scorre nell’UE. Non è un caso che Berlino, nonostante tutte le sanzioni anti-russe, abbia un approccio molto costruttivo nei confronti del progetto Nord Stream 2, che dovrebbe entrare in funzione nel 2019. Nel frattempo, si è abilmente sfilata dal Terzo Pacchetto Energetico dell’UE. Berlino ha perfino spinto per l’“epifania” della Commissione Europea sul gasdotto Opal.

In realtà, la Polonia non è tanto contro Gazprom quanto sia contro la possibilità di una strategia tedesca del gas. Per l’ennesima volta nella storia, Varsavia ha cercato di bloccare la cooperazione russo-tedesca. Tutti i tentativi del passato sono finiti in una catastrofe nazionale per la Polonia.

Perché i Polacchi rischiano di nuovo tutto? Dopo tutto, non hanno le migliori relazioni con l’Ucraina. L’accusa di Varsavia che l’Opal lavorando a pieno regime potrebbe danneggiare il transito del sistema di gasdotti polacchi che trasportano il gas russo (cosa che ha motivato la causa alla Corte Europea della PGNiG) non vale un centesimo. Tutti i gasdotti che bypassano il transito attraverso l’Ucraina sono stati considerati solo come mezzo per eludere i rischi di quest’ultimo. E la sostituzione dei gasdotti ucraini sarà possibile solo una volta che il Nord Stream 2 e il Turkish Stream entreranno in funzione. Secondo le stime più ottimistiche, questo avverrà solo nel 2019. Nel frattempo, la decisione della Corte Europea sarà valida solo fino al 2018.

Si può capire la posizione di Varsavia solo se si eliminano le questioni puramente economiche e ci si concentra sul problema della politica estera polacca nel corso degli ultimi 25 anni.

La Polonia ritiene che allargando l’egemonia Franco-Tedesca ad un’egemonia Franco-Tedesco-Polacca si possa dare all’UE un fondamento stabile. Varsavia dovrebbe diventare il terzo centro di potere al fianco di Parigi e Berlino, ma la Polonia non ha le risorse economiche, politiche, o demografiche per fare questo.

Varsavia vede la creazione di una leadership polacca in Europa orientale come un fattore per la risoluzione dei problemi. Solo parlando a nome di tutta la comunità europea orientale la Polonia può ottenere un peso politico paragonabile a quello della Germania.

L’imposizione della leadership polacca in Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, e Romania, è stata accolta con una resistenza passiva, ma ancora insuperabile. La Polonia è anche temuta nei Paesi Baltici. Inoltre, i paesi dell’Europa orientale dell’ex comunità socialista e gli Stati Baltici sono a loro volta membri dell’UE che hanno capacità e ambizioni non inferiori a quelle di Varsavia.

Per tutto il periodo post-sovietico, Varsavia è stato il giocatore occidentale più costante e attivo (esclusi gli Stati Uniti) sui fronti ucraino e bielorusso. In Ucraina, la Polonia ha sostenuto il Banderismo, anche se i suoi ideologi vedono non solo i Russi, ma anche i Polacchi come loro nemici. In Bielorussia, la Polonia, insieme agli Stati Uniti, ha cercato attivamente di minare il regime di Lukašenko e sostituirlo con un qualche genere di progetto di “Euro-integrazione”.

Ma la finestra di opportunità di Varsavia si sta rapidamente chiudendo. Se non blocca la via di transito settentrionale e la sua capacità di operare a pieno regime, allora la Polonia perderà tutta la sua influenza sulle politiche energetiche dell’UE, e un’alleanza Russo-Tedesca diventerà la questione chiave. La Polonia, dal punto di vista delle capacità politiche, diventerebbe un’altra Romania.

In queste circostanze, Varsavia sta sparando le ultime cartucce fornite dalla crisi ucraina e dal crescente conflitto economico tra Minsk e Mosca, in cui il gas svolge un ruolo chiave. Il blocco polacco della via di transito settentrionale dovrebbe, da un lato, rafforzare le posizioni negoziali  di Minsk e Kiev nelle relazioni con la Russia, e, dall’altro, metterle in una posizione di dipendenza dalla Polonia nell’UE. Ma le rivendicazioni di Varsavia sull’Opal e lo spazio di manovra per l’Ucraina e la Bielorussia si stanno rapidamente restringendo.

Nel costruire la sua strategia anti-russa nello spazio post-sovietico, la Polonia si oppone agli interessi non solo della Germania, ma dell’intera UE. Prima di tutto, come detto prima, la Germania è desiderosa di diventare un “hub del gas” per l’intera Unione Europea e, quindi, di rafforzare la sua posizione dominante all’interno di essa. In secondo luogo, la fornitura di gas attraverso il percorso settentrionale è più conveniente. Così, difendendo i propri interessi egoistici, la Polonia sta contribuendo all’aumento dei prezzi del gas per i consumatori europei (che pagheranno anche per dei prezzi di consegna più alti). In terzo luogo, non è un caso che la Germania e la Commissione Europea si siano interessate al gasdotto settentrionale, dato che il periodo 2014-2016 ha dimostrato che il transito attraverso l’Ucraina è estremamente inaffidabile e può essere interrotto da un momento all’altro.

Non si può dire che le azioni della Polonia (la causa della PGNiG non avrebbe potuto essere lanciata senza l’approvazione del governo polacco) non facciano male alla Gazprom. Fanno male, ma non in modo critico. Tuttavia, fanno danni molto più gravi alla Germania e all’UE.

Nel frattempo, l’idea che sia stato un errore accettare l’Europa orientale nell’UE sta guadagnando popolarità nella “vecchia Europa”. Adesso si discute dell’idea di tornare ad un’Unione Europea con la sola Europa occidentale e settentrionale. Questa mossa polacca potrebbe essere l’ultima goccia.

La Polonia in tali casi è stata spartita per due secoli. Ora la morale è diversa, le capacità sono diverse, e i meccanismi d’azione sono diversi – più pragmatici. Cercando di saltare più in alto rispetto a quello che consentono le loro risorse, gli stati si pongono semplicemente ai margini della politica mondiale.

A cosa conduce questo può essere visto nell’esempio dell’Ucraina. È peggio dell’occupazione e della partizione. La dominazione straniera dà origine alla leggenda di un’Epoca d’Oro di indipendenza e al desiderio di tornare ad essa e consolidare la nazione, e dà speranza per la rinascita dello Stato. Ma l’insolvenza dello stato conduce alla disillusione del popolo e al desiderio di unirsi a chiunque a qualsiasi condizione.

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Articolo di Rostislav Iščenko pubblicato su RIA Novosti il 10 marzo 2017.

Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

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