Gli eventi della scorsa settimana dimostrano che il Vecchio Continente sta ristabilendo la sua indipendenza pre-1945 rispetto all’egemonia americana.
Chi verrà dopo di noi, guarderà indietro nel tempo e concluderà che noi abbiamo vissuto in un grande periodo. E’ vero, ovviamente, da tutti i punti di vista, e in cima a queste ragioni c’è la graduale ma ora evidente corrosione dell’alleanza trans-atlantica, la poliedrica istituzione con cui gli Stati Uniti hanno finora controllato l’Europa occidentale e affermato le proprie pretese di “leadership globale”.
Gli eventi della scorsa settimana mostrano chiaramente che gli Europei stanno comprendendo la necessità e la saggezza di seguire la propria strada: fare del Vecchio Continente il polo indipendente di potere che è stato per lungo tempo, ma non più dopo la vittoria del 1945. Alla fine, verrebbe da dire, possiamo fare meglio: alleluia! Finalmente! Viva l’Europa!
Noi (o chi di noi aspira ad un mondo senza egemonia, a un mondo in cui la pretesa dell’Occidente di essere superiore ai non-Occidentali passa alla storia) abbiamo aspettato molto a lungo.
E’ sempre difficile capire il tempo presente in termini storici, per la semplice ragione che viviamo al suo interno, e il percepire come il nostro periodo derivi dal passato e indichi il futuro, è possibile solo con uno sforzo cosciente. Facciamo questo sforzo. La verità di ogni dato momento risiede ben oltre la recinzione posta dai media mainstream per limitare la nostra capacità di capire gli eventi, e ciò che i mediocri analfabeti di Washington sono in grado di cogliere da soli.
Giovedì scorso la Danimarca ha dato il permesso [in inglese] di operare in acque danesi al consorzio di aziende che gestisce i gasdotti del Nord Stream 2. E’ una piccola notizia, un puntino, ma di grande importanza.

Il Segretario di Stato Mike Pompeo mentre fa osservazioni al Copenhagen Democracy Summit online, 19 giugno 2020 (State Department, Flickr)
Il controverso progetto, dal punto di vista geopolitico, che sta per essere completato, ogni anno trasporterà 55 miliardi di metri cubi di gas naturale russo passando sotto il Mar Baltico, destinato ai porti tedeschi, che quindi riforniranno gli altri mercati europei.
Un anno fa l’Agenzia per l’energia della Danimarca aveva approvato [in inglese] un percorso di 147 Km attraverso un breve tratto marino sulla piattaforma continentale danese. Ciò che è appena successo equivale ad una formalità.
E’ la tempistica del pacifico annuncio dei Danesi che importa. Recentemente Washington ha lanciato un’ultima e disperata campagna [in inglese] per far affondare il progetto, il cui pezzo forte è la ridicola farsa del presunto avvelenamento di Alexei Navalny, l’esibizionista e popolare – ma non così tanto – oppositore russo.
Lo scopo era quello di allontanare Berlino da Mosca, spingendo così la Cancelliera Angela Merkel ad abbandonare l’accordo del Nord Stream 2 in nome della buona e antiquata ostilità Est-Ovest.

Alexei Navalny, al centro, durante una protesta a Mosca, 2017. (Evgeny Feldman, CC BY-SA 4.0, Wikimedia Commons)
Ora, questo evidente inganno sembra essere fallito. La Merkel ha schivato rapidamente su tale questione, e due settimane fa ha comunicato [in inglese] che, come sosteneva da tempo, il Nord Stream 2 è un’iniziativa commerciale che non si presta ad una manipolazione geopolitica. E ora Copenhagen dà visibilmente il suo voto: in senso lato, è un voto contro Washington, un rifiuto di arruolarsi in una nuova Guerra Fredda proprio dove la prima si era interrotta. Previsione: ora seguirà il resto dell’Europa.
La chiarezza di Macron
Nessuno è stato più chiaro di Emmanuel Macron nel resistere all’insistenza di Washington sul fatto che l’Europa si dovesse di nuovo allineare contro i Rrrrrrrussi. Poco prima che i Danesi approvassero la rotta del Nord Stream 2, il presidente francese, nel suo discorso a Vilnius [in inglese], ha di nuovo rifiutato “un mondo bipolare” e ha affermato che l’Europa deve trovare la propria strada nelle relazioni con la Russia e la Cina.
“Noi, alcuni Paesi più di altri, abbiamo rinunciato alla nostra indipendenza strategica dipendendo dai sistemi d’arma americani.” – ha affermato Macron – “Non possiamo accettare di vivere in un mondo bipolare fatto dagli Stati Uniti e dalla Cina”.
Da notare il fatto che Macron abbia scelto la capitale lituana per fare queste affermazioni. Ed è ancora da notare che, il giorno dopo, abbia continuato a farne durante la visita a Riga, la capitale lettone: questa volta Macron ha detto che “noi siamo consapevoli della vostra posizione di vicinato ed è nello spirito di comprensione e trasparenza reciproca e di protezione della vostra sicurezza che abbiamo voluto contribuire a rilanciare un dialogo strategico con la Russia. Questo dialogo non nega alcuna parte delle nostre storie europee ma vuole guardare alla nostra storia e alla nostra geografia”.
Detto più semplicemente: in questo momento dobbiamo prendere posizione contro gli Stati Uniti perché è meglio andare d’accordo con la Russia piuttosto che il contrario, e questo comprende anche voi che prima eravate nella sfera sovietica.

Il Presidente russo Vladimir Putin, a sinistra, e il Presidente francese Emmanuel Marcron al summit formato Normandia, 9 dicembre 2019 (Presidenza della Russia)
Macron dice questa cosa almeno da quando ha ospitato il vertice del Gruppo dei 7 a Biarritz l’estate dello scorso anno, quando il presidente Donald Trump ha suggerito di riammettere la Russia e ricostituire il G8. Poco dopo, il Presidente francese aveva dichiarato ad un’assemblea di ambasciatori francesi [in inglese] a Parigi che “allontanare la Russia dall’Europa è un grave errore strategico. Noi stiamo vivendo la fine dell’egemonia occidentale”.
Da allora Macron ha detto in un’intervista al The Economist [in inglese]: “Ciò a cui stiamo assistendo è la morte cerebrale della NATO”.
Per come la leggo io, questa è l’Europa che parla con l’accento francese. Altri leader europei, in particolare la Merkel, hanno manifestato il loro scontento verso Macron, indicato come imprudente parvenu che parla a sproposito, e la cui grande visione dell’Europa in stile de-Gaulle considerano pomposa. Non ne sono convinto. Nelle altre capitali europee lo scontento verso Macron è dato soprattutto dall’invidia per il fatto che ha la faccia tosta giovanile (ha 42 anni) per esprimere esplicitamente ciò che gli altri pensano ma solo ora stanno trovando le palle per parlare, anche sottovoce.
Non dimentichiamoci la reazione dell’Europa [in inglese] quando Trump fece i suoi noti casini ai vertici G7 e NATO nel 2017, annunciando il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima e intimidendo gli Europei sui contributi NATO.
Gli Europei erano già nervosi per le sanzioni contro la Russia che il precedente presidente Barack Obama li aveva costretti ad adottare dopo la riannessione della Crimea da parte della Russia, in risposta al colpo di Stato alimentato dagli Stati Uniti in Ucraina. Il Corriere della Sera si chiedeva con ansia “L’Europa senza gli Stati Uniti?”.
La Merkel, sempre cauta atlantista, l’ha messa così: “I giorni recenti mi hanno dimostrato che sono in parte finiti i tempi in cui noi potevamo fare completo affidamento sugli altri”.

I leader G7 in gruppo per una foto, 25 agosto 2019, Biarritz, Francia. (White House/Shealah Craighead)
Ci sono molte ragioni adesso per disapprovare Macron, un neoliberista fino al midollo che raramente perde occasione per fare un giro di vite di austerity nel tentativo di smantellare ciò che resta della social-democrazia francese. Ma ha perfettamente ragione quando allude implicitamente a de Gaulle, che, nel nome dell’indipendenza europea, si ritirò dalla NATO nel 1966, e costrinse le truppe americane a lasciare il suolo francese.
Il Papa e Pompeo
Abbiamo, infine, l’eccezionale performance del Papa della settimana scorsa al Vaticano. Il Papa ha detto [in inglese] a chiare lettere a Mike Pompeo di compiere un atto d’amore verso se stesso quando il Segretario di Stato americano ha richiesto opportunisticamente un’udienza come parte della sua campagna per attirare il mondo nella sua paranoia sinofobica.
Non si può approvare più energicamente: non è poco disgustoso che un uomo, che suscita odio ovunque vada e che è responsabile della morte e della fame di milioni di persone, abbia la pretesa di comportarsi così mentre brandisce il Nuovo Testamento ogni volta che può, per dimostrare virtù.
Sabato, Francesco è andato proficuamente oltre, quando ha emanato un’enciclica che attacca tutto, dalla frode dell’economia “a cascata” a “questo dogma della fede neoliberista”, la disuguaglianza di reddito, i sistemi sanitari scandalosamente trascurati, élite sequestrate, e “gli effetti distruttivi dell’impero del denaro”.
Citando i primi insegnamenti cristiani, ha detto “Se ad una persona manca ciò che è necessario per vivere con dignità, è perché lo possiede un’altra persona”. L’enciclica di Francesco non ha fatto i nomi di nessuna nazione, ma non ne c’era bisogno. Tra di noi ci sono pochi innocenti ma alcune nazioni sono più colpevoli di altre.

“Questa enciclica è il contributo che offro per una riflessione continua, nella speranza che, di fronte ai tentativi dei nostri giorni di eliminare o ignorare gli altri, noi possiamo dimostrare di essere capaci a rispondere con una nuova visione di fraternità e amicizia sociale.”
Grande, Papa Francesco!
Il Vaticano ha poca influenza diretta nella politica europea ma non scordiamoci l’importanza morale dell’energica settimana di Francesco. Rifiutando il vergognoso Pompeo e attaccando strenuamente l’ethos economico sponsorizzato dagli Americani e prevalente in Occidente, lui rispecchia l’impazienza europea nei confronti degli Stati Uniti, sgombrando contemporaneamente il terreno affinché gli Europei siano indipendenti.
Nelle sue osservazioni della scorsa settimana a Riga, Macron ha parlato di geografia. Questo è un punto molto importante da considerare.
Il fianco orientale europeo confina con il fianco occidentale del non-Occidente. Condivide un continente che si estende da Shanghai a Lisbona. Dall’altra parte di un laghetto c’è il mondo islamico. Il tema di Macron era il destino: se l’Europa deve (ri)forgiare la sua stessa identità nel XXI secolo, sarà come lo spazio in cui si incontrano e coesistono Occidente e Non-Occidente attraverso una negoziazione giornaliera in una infinità di forme: politiche, diplomatiche, commerciali, culturali.
Perché gli Europei hanno impiegato così tanto a ritrovare la strada giusta e la voce? Perché, perché, perché ci si è chiesti per tanti anni con frustrazione.
La risposta migliore che ho avuto, me l’ha data Perry Anderson, il noto scrittore ed editore, durante un’intervista che gli ho fatto cinque anni fa (le due parti del nostro scambio sono disponibili a questo link [in inglese]).
Come osservava Anderson, gli ultimi Europei con una qualche esperienza di Europa indipendente, sono stati quelli che sono diventati maggiorenni e governavano prima della Seconda Guerra Mondiale. Era la generazione Churchill-de Gaulle. I leader post-bellici, a cominciare da Konrad Adenauer fino alla lunga serie di presidenti e primi ministri europei, non conoscevano altra condizione che la dipendenza da Washington. La Gran Bretagna ha scelto lo status di cagnolino dopo la debacle di Suez nel 1956.
I Britannici sono abbastanza contenti di continuare ad umiliarsi, per ragioni che non possiamo comprendere del tutto. Ma in Europa ora entra una generazione di leader che ha conosciuto poco della Guerra Fredda, proprio come i loro predecessori conoscevano poco di altro. Ed è proprio altrettanto positivo che quest’anno la Gran Bretagna sia formalmente uscita dall’Europa, poiché il Vecchio Continente sembra che “si stia svegliando”, gradualmente e ancora assonnato, ma proprio come Macron ha sollecitato.
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Articolo di Patrick Lawrence pubblicato su Consortium News il 6 ottobre 2020
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.
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Calma. Francesco Bergoglio è ambiguo, ossia opportunistica trappola pericolosa.
Ambiguità è quella di essere un liberale modernista… è un mondialista, che travisa l’universalismo cristiano in mero cosmopolitismo culturale.
Ambiguità è la convivenza del suo modernismo liberale, che sta distruggendo il Cattolicesimo rendendolo una delle tante espressioni culturali nel “libero” mercato della cultura, con l’opportunismo politico concordatario.
Cristo non si afferma con il concordato con Cesare che esige però in cambio una modifica della dottrina teologica ricevuta e fondata sulla Parola incarnata e sugli Apostoli.
Domenica in parrocchia sento questa omelia totalmente sconclusionata sul piano logico e che ritrovo in questo articolo:
Woytila tuonò (a ben ragione!) contro il Parlamento Europeo che rifiutò di citare il Cristianesimo fra le radici culturali dell’Europa, quindi la cultura dell’ “esclusione” che esclude Dio dalla vita è la stessa che fonda il desiderio di escludere i migranti!
Avrei voluto rispondere: guardi che proprio quella cultura antiteista fonda la liberale elibertaria cultura nichilistica e distruttiva della storicità bimillenaria dell’europa amando lo strumento della autodistruzione che è il migrantismo.
Semmai, proprio perchè cristiani occorre opporsi al migrantismo cosmopolita giacchè la lettera apostolica di S. Giacomo dice appunto che con le opere si mostra la Fede, ossia:
1. la Fede da sola non basta a salvarsi;
2. occorre unire alla Fede le Opere di misericordia;
3. attraverso le Opere si mostra la Fede…;
4. …quando però la Fede c’è, perchè se non c’è possono sì esserci opere buone ma fatte con spirito ateo, laico, liberale, antiteista, antiecclesiale… che sembrano buone ma non creano il Bene ma sono strumentali abilmente proprioo per il Male!
5. Giacomo dunque spiega le parole di Gesù: gli domandano i discepoli: come fare a riconoscere se un’opera viene dal Padre? (ossia, se è buona?); risponde Gesù: guardate i frutti. Se l’albero è bello ma dà frutti cattivi è opera del Maligno.
La migrazione distruttiva della coscienza identitaria collettiva dei popoli della propria storicità, crea masse di più materialisti, sessisti, edonisti, liberali, libertari e antitesisti di quanto già siamo diventati noi occidentali.
In che modo Russia e Cina si avvantaggerebbero? La soddisfazione di un qualche semestre di formale contrasto con Mr. Pompeo varrebbe la inclusione di Russia e Cina nel vortice mangiatutto? Meglio stare fuori, non è il Papa che salva la politica estera di russia o di Cina!
Complimenti al Commentatore.
Quel che Egli ha scritto può valere a carico degli altri nomi figuranti nell’articolo, dietro le cui condotte potrebbe celarsi altro. Persone già utilizzate per un certo disegno potrebbero forse continuare a farlo con condotte che sembrano inverse solo perché quel disegno è mutato negli schemi geopolitici, non già nel fine ultimo.
Credo sia necessario un aggiustamento di prospettiva.
La strategia che muove la crisi pandemica con l’azzeramento dell’intero sistema economico e produttivo ereditato dal dopoguerra, e il passaggio a uno nuovo e centralizzato, messo nelle mani di pochi grandi gruppi industriali e finanziari, sta apportando
ulteriore luce sul quadro internazionale che ha mosso i passi di Trump e di Xi Jinping.
Trump è appoggiato da quella parte di società più radicata in una identità patriottica e da quella parte del sistema produttivo e dell’economia americana rimasta agganciata alla madre patria. Parliamo del ceto medio imprenditoriale americano fatto di piccole e medie imprese che producono anche per il mercato interno e che sono parte del tessuto portante del paese.
Lui rappresenta l’America che ha ereditato gli ultimi avamposti di quel fronte patriottico (di cui ha fatto parte Lyndon LaRouche, nemico della sinarchia finanziaria e delle grandi Banche d’affari) che possiamo far risalire alla guerra civile americana, che ha fatto resistenza all’occupazione inglese ma che poi ha finito per accettarne l’invadenza in ambito economico attraverso quelle lobby affaristiche legate alla potenza finanziaria della City perché quei poteri garantivano alla nazione di primeggiare a livello internazionale sia sul piano economico che politico e militare.
Sono questi poteri che hanno lanciato il “sogno americano” e hanno fatto della nazione il veicolo per esportare nel mondo il liberismo dei mercati a suon bombe atomiche, di portaerei, di guerre perse e vittorie tattiche, di esportazioni della democrazia e rivoluzioni colorate, ma anche a suon di film olliwudiani, musica rock, cultura trash e pornografia.
Ma ecco che il potere della finanza internazionale che fa capo alla City decide che il passo successivo per arrivare al New World Order deve essere fatto dalla Cina e abbandona il suo vecchio cavallo di battaglia, il ché ha messo inevitabilmente le due nazioni l’una contro l’altra. In più ora l’America si trova a fare i conti con il fatto che ne è stata fatta la stazione di partenza della pandemia, l’evento cioè che dovrebbe mettere l’intera economia e l’intera struttura industriale del mondo nelle mani delle lobby che governano la globalizzazione, chiudendo il cerchio con la marginalizzazione e l’impoverimento dell’America, e con la Cina che ne prende il posto.
Intanto l’Unione Europea, con l’aiuto del Vaticano si dispone a dare corso al piano lobbystico di dissoluzione degli stati nazionali accompagnata della creazione di un meticciato diffuso e a dar corso, manu pandemia, alla IV rivoluzione industriale condotta dai Fondi di investimento e dalle multinazionali.
L’Europa però non si è mai del tutto adeguata all’ordine imposto da tali poteri dato che ha sempre conservato, specialmente in Germania una solida base di sovranità statale e, nonostante le apparenze, anche monetaria. Inoltre ha concentrato il suo potere a livello internazionale, nel suo mercantilismo fatto di una fortissima industria manifatturiera che le ha sempre prodotto un grande surplus della bilancia commerciale. Ora accettare la presunta svolta green che mette tutta la struttura produttiva in poche mani vorrebbe dire rinunciare alla posizione acquisita a livello internazionale. Ecco quindi che la Germania e quella parte di Europa a lei collegata guarda all’Eurasia come possibile via di uscita da questo cul-de-sac.
Solo che al potere lobbystico non va giù l’insistenza della nuova dirigenza cinese a proposito della sovranità dello Stato e l’alleanza con Russia e fronte della resistenza. Così come non va giù il suo tentativo di contrastare la finanziarizzazione del sistema economico mondiale permettendo la crescita nel mondo dell’economia reale, con infrastrutture per l’implementazione delle produzioni manifatturiere e gli interscambi commerciali.
E qui entra in gioco l’amministrazione Trump che si presta ad essere utilizzata dai Rockefeller per rompere l’asse sino-russo e per fare la guerra ai nuovi vertici del Partito Comunista cinese che con Xi Jinping conducevano un’epurazione interna al partito che metteva in allarme i poteri che hanno conferito alla Cina il rango di nuova grande potenza mondiale, con conseguente guerra dei dazi, rivoluzione colorata di Hong kong e creazione di cellule terroristiche nella provincia dello Xinjiang di confessione islamica, mentre la flotta americana staziona, con le sue portaerei, nel Mar Cinese.
Per mettere alle corde l’élite usuraia, Trump e i nuovi vertici del partito Comunista Cinese farebbero bene ad unire le forze visto che vogliono la stessa cosa, a meno che Trump non abbia in mente di riportare a casa quella finanza internazionale che ha abbandonato l’America.
L’offerta reiterata di collaborazione che Xi Jinping fa al mondo nel suo intervento al vertice ONU, va in questa direzione. In realtà essa è rivolta soprattutto a Trump perché, sottolineando i cardini di tale collaborazione, mostra come la prospettiva proposta sia lontana dalle logiche della globalizzazione liberista: Accentramento della ricchezza, annichilimento delle sovranità nazionali, sviluppo della tecnologia a detrimento dell’occupazione ecc.