“L’austerity imposta dall’Europa a una Grecia depauperizzata è finalmente finita, ed è quindi il momento per ripensare l’intero progetto europeo”. Così scrive la politologa Marina Prentoulis in un suo editoriale intitolato “La Grecia forse è ancora il paziente malato dell’Europa, ma l’Europa ha un piede nella fossa”.

La Grecia è entrata in una nuova, “normale” fase, ora che l’accordo del prestito con la troika (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, Commissione Europea) è giunto al termine. Ma dopo otto anni di austerity, la verità è che nessuno può permettersi rosee previsioni. La crisi è costata alla Grecia il 25% del suo PIL (unico caso di tutti i paesi europei nel periodo di pace), il tasso di disoccupazione si attesta a quasi il 20%, anche dopo che centinaia di migliaia di persone sono emigrate, e il debito pubblico si aggira intorno al 180%.

Anche senza l’accordo del prestito in atto, la Grecia non si è totalmente liberata dei suoi creditori: una serie di controlli garantirà che le riforme continuino ad andare avanti per assicurare una “economia” sana.

Durante la crisi, la Grecia è stata dipinta all’interno dell’eurozona come il paziente cronicamente malato. Queste metafore mediche continueranno anche a dispetto delle congratulazioni e dei messaggi incoraggianti che abbiamo ricevuto questa settimana dai nostri partner europei. Adesso noi siamo ufficialmente guariti ma rimaniamo sotto osservazione. Come è tipico nei casi di continua ospedalizzazione, il morale greco è piuttosto basso, anche dopo le buone notizie di questa settimana.

Per coloro che hanno sostenuto il governo anti-austerity di Syriza durante le trattative con l’UE, la firma del terzo memorandum del 12 luglio 2015 a garanzia di un sostegno finanziario continuato, è stato un momento di shock morale e politico che ha avuto conseguenze ulteriori rispetto alla crisi finanziaria. Ha segnato il momento in cui la Grecia e il resto del mondo si è reso conto che i nostri partner europei non avevano intenzione di fermare le politiche di austerity imposte, malgrado il costo in termini di vite umane. Ha anche reso evidente che non avrebbero smesso di pretendere aggiustamenti strutturali neoliberisti – tra cui la privatizzazione degli asset pubblici – che non sono mai stati imposti precedentemente a uno stato europeo. E’ stato il momento in cui il “paziente” si è reso conto che il “dottore” si è scordato del suo giuramento deontologico: in questo caso, agire nell’interesse degli Europei e non nell’interesse di un sistema economico imperfetto.

Durante la crisi, il taglio fino al 40% delle pensioni e degli stipendi e una tassazione aggressiva hanno portato all’impoverimento di gran parte dei pensionati e al collasso delle classi medie. Nonostante i grandi sforzi del governo greco e tutti i sacrifici del popolo, il futuro del paese dipende dalla crescita costante dell’economia e dal raggiungimento di eccedenze di bilancio anno dopo anno. E anche se è stato garantito un margine di respiro sul debito nei prossimi 10 anni, i rimborsi che deve la Grecia continueranno fino al 2060.

Quindi il paziente greco non può realmente ancora festeggiare di essere fuori pericolo.

Ma che cosa abbiamo imparato da questo calvario?  Che cosa si possono aspettare in futuro la Grecia e l’UE?

La fine del salvataggio potrebbe permettere a Syriza più spazio di manovra. Primo, sembra che nell’immediato futuro le attuali eccedenze di bilancio possano consentire la distribuzione di alcuni dividendi a favore delle persone più vulnerabili. Secondo, il governo potrebbe potenzialmente ridurre la tassazione e contestualmente aumentare la spesa sociale. Infine, ci potrebbe essere una ulteriore negoziazione con i controllori, che, in caso di successo, potrebbero fermare i tagli delle pensioni previsti nel 2019.

Ciò che è meno certo, comunque, è se l’Unione Europea abbia imparato qualcosa dagli ultimi otto anni. Un anno fa, il commissario europeo per gli affari economici, Pierre Moscovici, ha ammesso che le decisioni, prese a porte chiuse sul salvataggio della Grecia, sono state uno scandalo nel processo democratico.

La mancanza di trasparenza e l’imposizione dell’austerity come unica soluzione per i paesi dell’Europa meridionale colpiti dalla crisi finanziaria dal 2008, in un momento in cui altri paesi come la Germania continuavano a prosperare, ha sollevato dubbi sull’intero progetto europeo. Da allora l’euroscetticismo si è diffuso e può essere visto come un fattore che ha contribuito alla Brexit e alla rapida ascesa al potere in tutto il continente di una serie di partiti nazionalisti, xenofobi e di estrema destra.

Per chi di noi crede ancora in una europa sociale, il vero paziente è l’Unione Europea e l’Eurozona: è necessario un intervento d’urgenza.

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Articolo di Marina Prentoulis pubblicato su keeptalkinggreece.com  il 23 agosto 2018
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per SakerItalia.it

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