Nella Prima Guerra Mondiale, c’era un ritornello popolare in Francia e in Occidente che esprimeva in generale sostegno e simpatia per i loro valorosi alleati serbi, che si opponevano agli eserciti nemici sul Fronte macedone: Pauvres Serbes… Quel ritornello è ancora molto attuale ma non è più esclusivamente limitato alla sfera morale, com’era in gran parte cento anni fa. Oggi, incarna la triste condizione generale della fallita nazione serba (di questo argomento parlerò in un’altra occasione). Per accuratezza e chiarimenti dovrebbe indubbiamente essere modificato, o ampliato, se lo si desidera, in modo che dica anche Pauvre Serbie.
Dopo tre gravi spargimenti di sangue nel corso di un secolo (la Prima Guerra Mondiale, con oltre un terzo della popolazione persa nel giorno dell’armistizio del 1918, la Seconda Guerra Mondiale, con tre quarti di milione massacrati nel genocidio commesso dalla Croazia, satellite dei Nazisti nel 1941-1945, e un minimo di 100.000 dei migliori, più brillanti e più capaci serbi giustiziati ed esiliati per motivi ideologici dal regime di Tito dopo la sua instaurazione nel 1945) la Serbia attuale è la terra devastata di un popolo esausto, scoraggiato ed espropriato. Le sue ambizioni sono basse e le sue difese sono malridotte.
La Serbia oggi è governata da un pazzo in stile ugandese e dalla sua confraternita di venali incompetenti. Questo gruppo pietoso è manifestamente inadatto a governare qualsiasi paese (africano o europeo, o anche solo balcanico).
L’attuale regime serbo è stato concepito, a detta di tutti, come uno stratagemma intelligente dei servizi di intelligence occidentali nei primi anni di questo secolo. È stato un tentativo di approfittare politicamente del vuoto di potere nel nazionalista Partito Radicale, il cui leader è stato incarcerato all’Aja, accusato di crimini di guerra inventate. I suoi due principali sostituti a Belgrado sono stati correttamente giudicati maturi per il reclutamento. Il “premio principale” (per prendere in prestito un famoso meme dalla crisi ucraina) in quel particolare trono di spade è stato il riconoscimento formale da parte della Serbia dell’indipendenza, sponsorizzata dalla NATO, della provincia serba piena di risorse [entrambi i link in inglese] del Kosovo, con alcuni benefici collaterali successivi, come l’inclusione umiliante della Serbia nella NATO, ad esempio.
Uno dei due voltagabbana è stato persino definito come il potenziale De Gaulle della Serbia, forse lo attende perfino la prospettiva di un premio Nobel per la pace drasticamente svalutato, e solo per la noncuranza di approvare il furto di terra del Kosovo, dichiarato unilateralmente sotto gli auspici occidentali nel 2008.
La falsa analogia è stata ignorata da tutte le parti interessate. Per qualsiasi motivo che riguardi solo i francesi, De Gaulle ha fermato la guerra coloniale in Algeria, rinunciando ad un territorio che non aveva alcun legame con la Francia storica e che si trovava sotto il dominio francese relativamente di recente, dal 1830, quando in un impeto di collera il suo Bey privo di tatto schiaffeggiò un diplomatico francese. Il Kosovo, invece, è il cuore storico e culturale della nazione serba e della sua Chiesa Ortodossa [in inglese]. Non c’è paragone. Rinunciare al Kosovo non sarebbe l’atto meritorio di un De Gaulle serbo, ma evoca più precisamente il tradimento del presidente messicano Santa Ana, quando firmò il Trattato di Guadalupe Hidalgo [in italiano].
Un dettaglio piccolo ma per nulla insignificante che inspiegabilmente nessuno, fra tutti i geni coinvolti, ha colto.
Quindi, come ha fatto notare Robert Burns, anche i migliori schemi di topi e uomini tendono a volte a fallire o ad essere seriamente ritardati. Finora, questo è esattamente il caso della legalizzazione della rapina in Kosovo, con il suo bottino di ricchezze che fanno venire l’acquolina in bocca. Dopo molti tentativi incerti, il regime serbo finora non è riuscito a trovare la formula corretta per consegnare il Kosovo proteggendosi dalla furia del pubblico del paese, erodendo pericolosamente la pazienza degli sponsor stranieri che l’hanno installato e si aspettano un ricavo per il loro investimento. Stanno ancora chiudendo un occhio sui guai del regime, ma proprio a condizione che la questione del Kosovo si risolva immediatamente con la loro avida soddisfazione. (Si noti che tutti gli attori principali e ancora influenti dell’aggressione del 1999 in Jugoslavia, che ha portato all’occupazione NATO del Kosovo, come Madeleine Albright e il Generale Wesley Clark [in inglese], si sono serviti di pezzi generosi della torta Kosovo e sono, naturalmente, desiderosi di proteggere le loro acquisizioni illecite).
TRAFILETTO: i “leader dell’opposizione” serbi sono stati ripresi con telecamere nascoste all’inizio di febbraio mentre prendevano ordini dai funzionari dell’ambasciata statunitense presso l’Hilton di Belgrado. Ciò suggerisce fortemente che le proteste settimanali del sabato a Belgrado e nelle città di tutta la Serbia siano coordinate dall’ambasciata straniera, e che i leader “dell’opposizione” mentano quando sostengono di difendere gli interessi dei cittadini. Agiscono per conto dei loro padroni e capi stranieri, e il loro compito è di produrre una destabilizzazione interna progettata per servire gli interessi stranieri.
Ecco l’“opposizione” serba che prende ordini al Hilton di Belgrado:
Ecco il “leader delle proteste dell’opposizione”, l’attore Sergej Trifunović, nel suo ultimo ruolo: discutere amichevolmente con i funzionari dell’ambasciata presso l’Hilton di Belgrado.
In un patetico tentativo di testare il terreno, il capo di tutti i capi [in italiano nel testo] del regime potrebbe aver inavvertitamente vuotato il sacco in una recente intervista con un giornalista italiano, quando ha affermato che “la Serbia potrebbe rinunciare legalmente al Kosovo, ma solo se riceverà qualcosa in cambio” [in serbo]. Sulla scia del tumulto popolare che ne è seguito, il regime ha fatto pressioni sulle agenzie di stampa che hanno citato l’intervista perché eliminino la frase imbarazzante, e ha spiegato la gaffe come una “traduzione errata”. (Non è mai venuto in mente a nessuno di chiedere la registrazione per verificare facilmente questa asserzione di convenienza).
Non c’è il minimo dubbio, tuttavia, che il cappio in Kosovo si stia rapidamente stringendo. Matthew Palmer, funzionario del Dipartimento di Stato incaricato di disciplinare i capi dei Balcani, ha appena reso chiaro l’8 marzo che la firma di un trattato di reciproco riconoscimento con la banda di narcotrafficanti gestita dalla NATO è “l’essenza” [in inglese] di ciò che la Serbia ci si aspetta che faccia, e quello non è stato un errore di traduzione. Non è rimasto molto spazio di manovra per il Santa Ana serbo.
Per portare a casa il punto, gli aspiranti Guaidó serbi stanno organizzando manifestazioni settimanali (pacifiche per il momento) per chiedere varie astratte concessioni democratiche dal regime. Significativamente, gli organizzatori della dimostrazione non menzionano la questione del Kosovo, che è la cosa più importante nei cuori e nelle menti della maggior parte dei serbi. Da non trascurare, Belgrado è la sede del quartier generale di Otpor, il gruppo di esperti dell’intelligence occidentale famoso per il suo ruolo guida nell’organizzazione delle proteste che hanno fatto cadere Slobodan Milosevic. Otpor ora si chiama Canvas [in inglese]. Canvas sta affittando la propria esperienza e i propri servizi ai propri finanziatori in tutto il mondo, ovunque si ritenga necessaria una “rivoluzione colorata”. Per un’enorme coincidenza, senza dubbio, si è scoperto che Canvas ha addestrato personalmente Juan Guaidó a Belgrado nel lontano 2005, e vanta il suo ruolo in Venezuela sul suo sito internet. A ciò si aggiungono le infauste “valutazioni” sulla situazione serba della London Freedom House (ad esempio “lo status della Serbia è diminuito da libero a parzialmente libero a causa del peggioramento nello svolgimento delle elezioni, di continui tentativi da parte del governo e dei mezzi di comunicazione alleati di minare i giornalisti indipendenti, delle campagne di molestie e diffamazioni e […] dell’accumulazione de facto di poteri esecutivi in conflitto con il ruolo costituzionale” [tutti e tre i link in inglese]), e tutti gli elementi sono al loro posto per far venire l’insonnia nel palazzo presidenziale.
Non per essere da meno, pochi giorni fa, dopo aver visitato la metropoli imperiale per delle “consultazioni”, uno dei potenziali Guaidó serbi, l’ex ministro degli esteri Vuk Jeremic, ha accusato il regime di essersi già segretamente impegnato a capitolare sul Kosovo [in serbo] in poche settimane, suggerendo che questa informazione gli è stata rivelata ai più alti livelli (non importa che l’ipotetico regime di Jeremic continuerà dove il regime attuale è stato interrotto). Un altro aspirante Guaidó, Dragan Djilas, ha visitato Skopje per rendere omaggio al burattino locale installato dalla NATO, e presumibilmente suo futuro modello, Zoran Zaev, entusiasta del fatto che ricevere uno statista di tale calibro fosse un “onore” indimenticabile. Con Freedom House che unge [entrambi i link in serbo] le ruote per l’arruolamento della “parzialmente libera” Serbia nel futuro asse o trojka del male, Canvas pronta a fare il lavoro sporco, gli aspiranti candidati pronti a dichiararsi “presidente ad interim” nella piazza principale di Belgrado, e le voci di una “primavera balcanica” [in inglese] nell’aria, per gli assediati politici di Belgrado una rapida ricerca su Google dei paesi senza un trattato di estradizione con la Serbia non sarebbe una sciocchezza del tutto priva di senso.
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Articolo di Stephen Karganovic pubblicato su The Saker il 10 marzo 2019.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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