Le sentenze di condanna a dieci anni di prigione ciascuno per una dozzina di nazionalisti catalani, adottate da Madrid lunedì scorso e seguite, dopo la repressione delle proteste da parte della polizia, dalla minaccia di dichiarare lo stato di emergenza in Catalogna, segna un deciso passo verso la dittatura, non solo in Spagna ma in tutta Europa.

La decisione di lunedì è una sentenza infame e illegittima, adottata da un tribunale che si è screditato con le sue stesse espressioni di vicinanza al fascismo.

I condannati, guidati dall’ex vice Primo Ministro regionale catalano Oriol Junqueras, avevano sollecitato proteste pacifiche per ottenere un referendum, il 1° ottobre 2017, per un pacifico conseguimento dell’indipendenza catalana. In occasione del referendum la polizia paramilitare spagnola attuò una violenta repressione sugli elettori, causa di più di mille feriti dopo che gli elettori stessi avevano iniziato a rispondere con la disobbedienza civile di massa alle violenze perpetrate dalla polizia nei seggi elettorali.

Ribaltando la realtà, la corte ha sostenuto che non si era trattato di un illegittimo esercizio della violenza di stato contro la popolazione, bensì di una rivolta violenta contro una legittima autorità statale, e che Junqueras e gli altri erano perciò colpevoli di sedizione per averla incitata.

La polizia si scontra con i manifestanti all’aeroporto El Prat, fuori Barcellona, Spagna, martedì 14 ottobre 2019. (foto AP/Bernat Armangue)

Mentre crescono gli appelli per uno sciopero generale, si sta delineando uno scontro tra la classe lavoratrice e lo stato di polizia insinuatosi in Spagna ed in tutta Europa.

Dopo che, a seguito delle sentenze, a Barcellona martedì notte sono scoppiate nuovamente le proteste, il Primo Ministro Pedro Sanchez del Partito Socialista (PSOE), nell’incontro con i leader dei partiti di maggioranza, ha dichiarato di “non escludere nessuna misura” come risposta del suo governo. Guidati dal nuovo partito di stampo fascista Vox, i partiti di maggioranza hanno sollevato diverse istanze, dal ricorso all’art. 155 della Costituzione spagnola, alla sospensione del Governo regionale catalano, sino alla mobilitazione dell’esercito.

È un compito fondamentale dei lavoratori spagnoli e internazionali quello di pretendere la liberazione dei nazionalisti catalani prigionieri politici, e di difendere i lavoratori e la gioventù catalana dalla minaccia della repressione militare e dal giogo autoritario di Madrid.

Sostenere il rilascio dei nazionalisti catalani non significa essere d’accordo con i loro programmi regressivi, che dividono la classe lavoratrice spagnola mediante la formazione di una repubblica indipendente capitalista, o dell’imposizione dell’austerità sociale sui lavoratori catalani. L’ampia sfiducia popolare in Spagna nei confronti del secessionismo catalano, inclusa una stretta maggioranza di catalani, è legittima e politicamente giustificata. Tuttavia l’arresto è parte integrante di una campagna fascistoide i cui bersagli principali sono la classe lavoratrice spagnola e internazionale.

Ponendo la responsabilità sui manifestanti piuttosto che sulla polizia per le violenze in Catalogna, la decisione della Corte Suprema fornisce allo Stato un’arma per vanificare i diritti democratici fondamentali. Se le sue tesi grottesche e reazionarie dovessero prendere piede, alla polizia basterebbe rompere un manganello in testa ad uno scioperante in un picchetto o uno studente che occupa un’università, per poterli dichiararli colpevoli di ribellione violenta contro lo Stato e consegnarli a lunghe pene detentive. I diritti costituzionalmente garantiti di scioperare e di protestare diventerebbero lettera morta.

La detenzione dei nazionalisti catalani è legata indissolubilmente ad una spietata campagna della classe dirigente, iniziata a seguito del referendum catalano, per promuovere Vox e riabilitare il fascismo. A giugno, la Corte Suprema, quando stava discutendo questa decisione, si premurò di bloccare la riesumazione della salma del dittatore fascista Francisco Franco con un secco provvedimento motivato dal fatto che egli era stato il legittimo “capo di Stato dall’1 ottobre 1936 fino alla sua morte nel novembre 1975”. In questo modo si è sancita la legittimità dell’autoproclamazione di Franco il 1° ottobre 1936, quattro mesi dopo il suo colpo di Stato fascista attuato durante la Guerra Civile spagnola.

La Guerra Civile devastò città in tutta la Spagna, e fu causa dell’assassinio di 200.000 lavoratori e intellettuali di sinistra, e della detenzione di 400.000 persone in campi di concentramento. Ciononostante, la Corte Suprema ha stabilito che sarebbe “estremamente dannoso” per il pubblico interesse il non interpretare in modo più positivo “l’importanza di don Francisco Franco”.

Inevitabilmente, la legittimazione del franchismo acutizza il conflitto dello Stato spagnolo con la Catalogna. È necessario ricordare che dopo la vittoria di Franco nella Guerra Civile e l’occupazione nazista della Francia nel 1940, la Gestapo consegnò ai fascisti spagnoli il leader nazionalista catalano in esilio Lluis Companys per l’esecuzione.

L’Unione Europea e tutti i suoi Stati membri sono complici delle trame della classe dirigente spagnola. Junqueras, che è stato eletto nel Parlamento europeo durante la sua detenzione, potrebbe invocare l’immunità in qualità di deputato europeo. Tuttavia, quando la Corte di Giustizia dell’UE ha fissato l’udienza per determinare se Junqueras ne potesse godere, nessuno Stato membro ha pensato bene di sollevare questioni dinnanzi alla corte. Tutti, consapevolmente ancorché in modo tacito, hanno appoggiato le azioni della borghesia spagnola per legittimare il fascismo e fare a brandelli i fondamentali diritti democratici.

La decisione in Catalogna rappresenta solo la punta della determinazione nell’indebolire i diritti democratici e sopprimere le proteste nell’Unione Europea (UE) tra il risorgere degli scioperi e delle manifestazioni contro le politiche UE.

A Londra la scorsa settimana sono stati arrestati oltre 1.600 pacifici manifestanti per il clima, e la polizia metropolitana ha bandito ogni manifestazione.

In Francia, dove l’odiato presidente Emmanuel Macron ha inneggiato al dittatore fascista Philippe Pétain mentre faceva arrestare in massa i “gilè gialli” che manifestavano contro le iniquità sociali, la polizia ha ripetutamente usato violenza contro manifestanti pacifici e ha arrestato quelli che semplicemente cercavano di difendersi. È ben noto il caso di Christian Dettinger, un ex pugile condannato a 30 mesi di reclusione per aver preso a pugni lo scudo antisommossa di un poliziotto mentre cercava di proteggere una manifestante donna. Il caso avviene dopo due anni di stato di emergenza che ha sospeso i diritti democratici.

In Germania, l’ascesa della neofascista Alternative für Deutschland (AfD) a principale partito di opposizione a fronte di proteste di massa, è la manifestazione più pericolosa della crescita del neofascismo in Europa.

Quasi tre decenni dopo che la dissoluzione stalinista dell’Unione Sovietica ha fatto proclamare agli intellettuali borghesi la “Fine della Storia”, la morte del socialismo e l’eterno trionfo della democrazia liberale, le classi al potere in tutta Europa stanno di nuovo virando verso la dittatura. Significativo è il fatto che il riemergere delle tendenze fasciste nella macchina statale spagnola abbia luogo sotto l’egida del “liberale” socialdemocratico Sánchez.

Nessuna battaglia per difendere anche i più basilari diritti può essere combattuta all’interno della struttura di partiti della ricca borghesia, come lo stalinista e “pabloista” [ispirato da, o relativo a, Michel Pablo, pseudonimo del trozkista Michalis N. Raptis] partito Podemos. Podemos ha lavorato in maniera continua per demolire e soffocare l’opposizione politica alla campagna fascista di Madrid verso la Catalogna a partire dal 2017. Non ha mai chiamato alla protesta i suoi oltre cinque milioni di elettori, in linea con i sindacati stalinisti e social-democratici, che hanno rifiutato di esprimere solidarietà alle azioni in difesa dei lavoratori colpiti dalla repressione in Catalogna.

Al contrario, Podemos si appella al PSOE per formare una coalizione di governo, anche se ciò porta a campagne di repressione. Il segretario generale di Podemos, Pablo Iglesias, che, nel corso delle infruttuose consultazioni all’inizio dell’anno, ha giurato “piena lealtà” a Sanchez su questioni di Stato, e che dopo la sentenza catalana ha dichiarato che, nonostante la sua supposta avversione alla decisione, “tutti devono rispettare la Legge ed accettare la sentenza”.

Combattere contro la svolta verso il fascismo e la dittatura della classe dirigente, richiede un taglio deciso con questi soggetti fallimentari, e una svolta verso la classe lavoratrice internazionale.

I lavoratori in Catalogna che lottano per difendere i loro diritti sociali e democratici devono appellarsi ai propri fratelli e sorelle di classe in tutta la Spagna e in Europa nella sua interezza, per una lotta comune diretta alla trasformazione della società, e verso l’Unione Socialista degli Stati Europei. Ciò non può avvenire separatamente dalla lotta per costituire sezioni della Commissione Internazionale della Quarta Internazionale (ICFI) in Europa e in tutto il mondo.

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Articolo di Alex Lantier pubblicato su World Socialist Web Site il 17 ottobre 2019
Traduzione in italiano di DS per SakerItalia

[le note in questo formato sono del traduttore]

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