Il recente tour promozionale del mio libro è stato molto prezioso, tra le altre cose, per misurare la risposta del pubblico ai vari temi legati alla tecnosfera e al suo controllo su di noi. In particolare, quello che sembra mancare in generale è una comprensione del fatto che la tecnosfera non si limita a controllare la tecnologia; controlla anche la nostra mente. La tecnosfera non solo ci impedisce di scegliere tecnologie che riteniamo possano essere appropriate e rifiutare quelle che non lo sono. Essa controlla i nostri gusti, facendoci preferire le cose che preferisce lei per i propri motivi. Essa controlla anche i nostri valori, allineandoli con i propri. E controlla i nostri corpi, facendoci trattare noi stessi come se fossimo meccanismi piuttosto che comunità simbiotiche di cellule viventi (umane e non).
Niente di tutto questo invalida l’approccio che ho proposto per il restringimento della tecnosfera, che si basa su un’analisi costi/benefici e ci permette di fare le nostre scelte tecnologiche selezionando sempre le tecnologie meno dannose e che ci danno il massimo beneficio. Ma questo approccio funziona solo se l’analisi viene fatta tramite i nostri gusti, non i gusti imposti su di noi dalla tecnosfera, attraverso i nostri valori, non i valori della tecnosfera, e tramite il nostro rifiuto di una concezione meccanicistica di noi stessi. Queste scelte sono implicite nei 32 criteri utilizzati nell’analisi costi/benefici, favorendo il locale sul globale, gli interessi del gruppo su quelli individuali, l’artigianale sull’industriale e così via. Ma penso che sarebbe utile rendere queste scelte esplicite, lavorando attraverso un esempio di ciascuno dei tre tipi di controllo di cui sopra. Questa settimana affronterò il primo di questi.
Un buon esempio di come la tecnosfera controlla i nostri gusti è l’automobile personale. Molti la considerano un simbolo di libertà e vedono la loro auto come un’estensione della loro personalità. La libertà di essere liberi dall’auto non è generalmente considerata importante, mentre le libertà concesse dall’auto di proprietà sono piuttosto discutibili. La libertà di pagare l’auto, pagare per le riparazioni, l’assicurazione, il parcheggio, il traino e la benzina. La libertà di pagare i pedaggi, le multe, le tasse di proprietà e le accise. La libertà di trascorrere ore e ore bloccati nel traffico e di subire lesioni in incidenti stradali. La libertà di crescere dei figli con dei danni neurologici sottoponendoli a livelli pericolosi di monossido di carbonio (vi incoraggiano ad installare un rivelatore di monossido di carbonio in casa vostra, ma mai in auto – perché andrebbe fuori scala per tutto il tempo). La libertà di subire un trattamento indegno quando la polizia vi fa accostare, soprattutto se avete bevuto. Secondo i termini di un’analisi costi/benefici, un’auto di proprietà privata non ha affatto senso.
Si è spesso sostenuto che una macchina è una necessità, anche se i fatti raccontano una storia diversa. Nel mondo ci sono 1,2 miliardi di veicoli sulle strade. La popolazione del pianeta è di oltre 7 miliardi. Pertanto, ci sono almeno 5,8 miliardi di persone vive nel mondo che non possiedono una macchina. Come può qualcosa essere considerata una necessità, se l’82% di noi non sembra averne bisogno? In effetti, possedere una macchina diventa necessario solo in certe determinate circostanze. Ecco alcuni degli ingredienti fondamentali: un territorio che è impraticabile se non per mezzo di veicoli a motore, un azzonamento che isola il terreno per usi esclusivamente residenziali, commerciali, agricoli e industriali, uno stile di vita che richiede un pendolarismo quotidiano, e una mancanza di trasporti pubblici. A sua volta, il diffuso possesso di auto private è ciò che permette questi ingredienti fondamentali: senza di esso, le situazioni in cui le auto di proprietà privata diventerebbero una necessità semplicemente non ci sarebbero.

Prodotto di una raffineria USA da un barile di petrolio: 50% benzina, 40% gasolio, nafta , kerosene; 10% olio combustibile
Ora, lo spostamento di persone sul territorio non è un’attività produttiva: è uno spreco di tempo ed energia. Se potete vivere, mandare i figli a scuola, far spese e lavorare senza lasciare i confini di un piccolo quartiere, sarete più efficienti rispetto a chi deve guidare ogni giorno tra queste quattro posizioni. Ma la tecnosfera se ne fa una ragione di un intoppo e fa di tutto per ottenere l’efficienza. E così, una domanda ovvia da porsi è, cosa riguarda uno stile di vita dipendente dalle auto, e che il territorio permette, che la tecnosfera trova sia efficace? La sorprendente risposta è che la tecnosfera si propone di ottimizzare la combustione della benzina; tutto il resto è solo un sottoprodotto di questa ottimizzazione.
Si scopre che il fatto che così tante persone sono costrette a possedere una macchina non ha nulla a che fare con il trasporto, e ha tutto a che fare con la chimica del petrolio. Circa la metà di quello che può essere utilmente estratto da un barile di greggio è sotto forma di benzina. È possibile aumentare la frazione di altri prodotti, più utili, come il kerosene, il gasolio, il carburante e l’olio combustibile, ma non di molto e ad un costo di energia netta ridotta. Ma la benzina in fondo non è molto utile. È volatile (ne evapora molta, soprattutto in estate); è chimicamente instabile e si altera nel breve tempo; è tossica e cancerogena. Ha un punto di infiammabilità piuttosto basso, limitando il rapporto di compressione dei motori a benzina, rendendoli termodinamicamente meno efficienti. È inutile per grandi motori, ed è fondamentalmente un combustibile per i piccoli motori. I motori alimentati a benzina non durano molto a lungo, perché la miscela benzina-aria viene fatta esplodere (utilizzando una scintilla elettrica) piuttosto che bruciare, e le onde d’urto delle esplosioni causano la rapida usura dei componenti. Hanno pochi usi industriali; tutte le importanti infrastrutture di trasporto, comprese le locomotive, le navi, gli aerei a reazione, i trattori, le macchine per movimento terra e i generatori elettrici sono alimentati da distillati del petrolio come il cherosene, il carburante per aerei, il gasolio e il bunker oil.
Se non fosse per il diffuso possesso di auto private, la benzina dovrebbe essere bruciata nelle raffinerie, e sarebbe una perdita di denaro. A sua volta, il costo dei distillati del petrolio – che sono tutti combustibili industriali – raddoppierebbe, e questo limiterebbe l’espansione globale della tecnosfera, rendendo le spedizioni a lunga distanza molto più costose. L’obiettivo della tecnosfera, quindi, è quello di farci pagare per la benzina costringendoci a guidare. A tal fine, il territorio è strutturato in modo da rendere la guida necessaria. Il fatto che per arrivare da un Motel Super 8 su un lato della strada al McDonald’s dall’altro bisogna guidare per quattro chilometri, percorrere uno svincolo a quadrifoglio, e guidare per altri quattro chilometri per tornare indietro non è un errore; si tratta di una caratteristica. Quando James Kunstler chiama la dispersione delle periferie “la più grande cattiva allocazione di risorse nella storia umana” ha ragione solo in parte. È anche la più grande ottimizzazione dello sfruttamento di ogni parte di un barile di greggio nella storia della tecnosfera.
La proliferazione dei piccoli motori a benzina sotto forma di auto consente un’altra ottimizzazione, costringendoci a pagare per un’altra frazione generalmente inutile del barile di petrolio greggio: il catrame per asfaltare le strade. Molte vetture richiedono molte strade asfaltate e parcheggi. Così, la tecnosfera vince due volte, prima facendoci pagare il privilegio di disporre di ciò che sono essenzialmente rifiuti tossici a nostro rischio e spese, poi facendoci pagare per la diffusione di un altro tipo di rifiuti tossici in tutto il terreno. La dispersione delle periferie non è un fallimento della pianificazione urbana; si tratta di una storia di successo nello schiavizzare gli esseri umani e farli lavorare in nome della tecnosfera, causando gravi danni a sé stessi e all’ambiente. Inutile dire che non si ha assolutamente alcun controllo su tutto questo. Tu. Non. Hai. Il. Controllo. Puoi votare, puoi protestare, puoi fare manovre di corridoio, donare a gruppi ambientalisti, partecipare a conferenze sulla pianificazione urbana… e sprecheresti solo il tuo tempo, perché non si può cambiare la chimica del petrolio.
Che la necessità di far sì che la gente compri la benzina trionfi su tutte le altre considerazioni diventa evidente se osserviamo come la tecnosfera reagisce ogni volta che la domanda di benzina vacilla. Quando la dilagante disuguaglianza della distribuzione della ricchezza ha iniziato a rendere il possesso di una macchina insostenibile per un numero sempre maggiore di persone, la soluzione è stata quella di introdurre auto più grandi per coloro che potevano ancora permettersene una: monovolume per le mamme, pick-up per i papà, e per tutti gli altri l’ormai comune SUV. E ora che la domanda di benzina è in calo di nuovo a causa dell’aumento della disoccupazione e dell’aumento del numero di persone che telelavorano, la soluzione sarà senza dubbio l’introduzione di auto senza conducente che vanno in giro senza meta bruciando benzina. Le mamme possono pensare che una monovolume terrà i loro bimbi più al sicuro di un’utilitaria (cosa non vera a meno che non abbiano 8-9 bambini). I papà possono pensare che il pick-up è un segno di virilità (vero se si è una sorta di tuttofare/ferrovecchio; i pickup vengono guidati dai robivecchi, una sottospecie di ferrovecchio). Ma tutto quello che stanno facendo è obbedire alla “Terza legge della tecnosfera”, ovvero: “Per ogni miglioramento dell’efficienza dei motori a benzina, ci deve essere un miglioramento uguale e contrario di inefficienza”.
E così, forse ci si dovrebbe semplicemente rilassare e seguire la corrente. Dopo tutto, essere uno schiavo al servizio della tecnosfera non è un pericolo immediato per la vita… a meno che non ti schianti contro un albero o non vieni investito da un ubriaco. Ma c’è un altro problema: questa disposizione non è destinata a durare. L’energia netta che può essere estratta da un barile di petrolio sta rapidamente diminuendo. In meno di un decennio, il surplus di energia necessario per mantenere uno stile di vita auto-centrico non ci sarà più. Se per sopravvivere dovete avere un’auto di proprietà e dovete guidare ogni giorno, allora non sopravvivrete. Ci sarà almeno un 18% della popolazione mondiale che si troverà bloccata nel bel mezzo di un territorio invalicabile. Oops!
Dato che non si ha il controllo, e dato che lo stile di vita auto-centrico è un vicolo cieco evolutivo per la vostra sottospecie, cosa si può fare? La risposta è ovvia: è possibile pianificare la vostra fuga, e poi unirsi all’altro 82% della popolazione mondiale che è in grado di vivere senza auto. Alcuni di loro riescono ancora a vivere completamente al di fuori della portata della tecnosfera. Che il loro esempio sia la vostra ispirazione.
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Articolo di Dmitry Orlov pubblicato su Club Orlov il 14 febbraio 2017.
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
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