Il Saker: per favore presenta te stesso e le tue attività politiche passate e presenti.
Karganovic: Mi chiamo Stephen Karganovic. Le mie origini sono serbe, russe e polacche. Da parte di padre sono stato in grado di rintracciare le radici familiari nella città di Khmelita, nel distretto di Smolensk. Nella prima metà del 19° secolo Jurij Karganovic possedeva l’allora probabilmente obsoleto incarico di стольник (stolnik) nel capoluogo regionale di Iskorosten. Forse a causa del mio background etnicamente ecumenico, preferisco identificarmi semplicemente come un Cristiano Ortodosso. Sono laureato in giurisprudenza, ho anche una laurea in filosofia. Non ho mai intrapreso attività politiche in quanto tali. Ciò che mi interessa sono le questioni con una dimensione morale, e se mi capita anche di interferire con la politica, così sia.
Il Saker: Sei uno dei migliori “specialisti di Srebrenica” in circolazione. Quindi, potresti per favore con le tue stesse parole descrivere, passo dopo passo, ciò che effettivamente accadde a Srebrenica dal momento in cui i bosniaci Musulmani fecero irruzione nei villaggi serbi intorno a Srebrenica al momento in cui fu lanciata la grande operazione psicologica strategica del “genocidio”?
Karganovic: Mi sono interessato a quello che è successo a Srebrenica nel luglio del 1995, durante la guerra in Bosnia, quando nel 2001 a L’Aia sono stato coinvolto nella difesa di un ufficiale serbo bosniaco accusato di crimini di guerra davanti al Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia. Ero in America, naturalmente, mentre la guerra andava avanti, e non sapevo nulla di Srebrenica in quel momento. Né avevo armi da utilizzare nelle polemiche che hanno scatenato quel conflitto. Sono cresciuto ed educato negli Stati Uniti, avevo un concetto molto vago del mio background etnico, e né io né la mia famiglia avevamo sofferto alcun danno per mano delle altre parti in causa, quindi non avevo motivo di favorirne una o sfavorire l’altra. Mentre passavamo al setaccio le prove per costruire una difesa, ho notato che il caso dell’accusa consisteva in ampie supposizioni ed era privo di fatti specifici a sostegno delle gravi accuse rivolte contro l’imputato, che includevano il genocidio, un’accusa che richiede molte prove per essere dimostrata. Mentre assistevo in prima persona alle procedure legali non convenzionali del Tribunale dell’Aia, che è un modo educato di descrivere la sua completa alienazione dalle tradizioni della giurisprudenza civilizzata, sono rimasto scioccato. L’accusa non sembrava essere molto sostanziosa. L’osservazione fatta una volta da un tracotante giudice americano che “possiamo condannare un panino al prosciutto” [in inglese], che mi è sembrata irrispettoso quando l’ho letta molti anni fa, alla fine si incarnò completamente nell’operazione del Tribunale dell’Aja, e ho avuto un posto in prima fila per guardare quello spettacolo poco edificante dal punto di vista professionale.
Ho continuato a lavorare in diversi altri gruppi di difesa all’Aia in casi non correlati a Srebrenica. Ma per farla breve, mi resi subito conto che Srebrenica era il cardine del Tribunale dell’Aia, o ICTY, e che la conferma ufficiale della versione del genocidio e la versione degli “8000 uomini e ragazzi” erano la sua principale missione. Mi sono preso la briga di vedere gli imputati condannati alla prigione per decenni in base alle più atroci accuse e alle prove più fragili, e una nazione coperta dal più grave crimine secondo il diritto internazionale sulla base di “prove” improvvisate e inventate che non avrebbero retto in un qualsiasi tribunale nazionale non politico. Così, iniziai a prestare particolare attenzione a Srebrenica e ad usare le risorse a mia disposizione al Tribunale dell’Aia per raccogliere tutti i dati su cui poter mettere le mani su ciò che accadde lì.
Nel 2008 all’Aia, secondo le leggi del Regno dei Paesi Bassi, ho fondato un’organizzazione non governativa, “Progetto Storico Srebrenica”, dedicata ad uno studio contestuale e multidisciplinare su questo tema. Il nostro obiettivo è arrivare al fondo di ciò che è successo, e come e perché. I nostri colleghi, i cui articoli di ricerca potete leggere sul nostro sito web, sono di diversa estrazione etnica e profilo professionale. Quasi nessuno è serbo. Hanno in comune un approccio critico e il desiderio di decostruire di fatto quello che il defunto Prof. Edward Herman giustamente chiamava “il più grande trionfo della propaganda della fine del XX secolo”. Si riferiva naturalmente a Srebrenica.
Invece della presentazione da parte mia di un resoconto, forse soggettivo, di quello che è successo a Srebrenica, vi consiglio di visitare il nostro sito web. I nostri numerosi autori danno, credo, risposte persuasive e concrete alla maggior parte delle domande su Srebrenica.
Il Saker: Qual è l’impatto di Srebrenica sul popolo serbo e sullo stato serbo? Chi ha beneficiato maggiormente di questo?
Karganovic: l’impatto di Srebrenica è stato quello di confondere il popolo serbo, che ha la ferma impressione di essere vittima, non autore, del genocidio. Dopo lo smarrimento è venuto il rifiuto indignato della macchia di Srebrenica. I governi occidentali e l’organizzazione Soros hanno investito ingenti somme in Serbia per sostenere un gruppo di “ONG” fasulle con il compito principale di indottrinare il pubblico nel complesso di colpa del genocidio di Srebrenica. I loro sforzi sono stati un triste fallimento, nonostante lo stato demoralizzato del paese e il sostegno nascosto dei governi collaborazionisti serbi. L’obiettivo, naturalmente, è quello di sminuire moralmente e castrare la nazione serba, di porre su di essa un paralizzante senso di colpa e renderla sottomessa e obbediente, scusandosi e espiando per sempre atti di turpitudine morale che, a differenza dei tedeschi, essa non ha commesso. Finora, quel particolare “uso di Srebrenica” [in inglese], come direbbe Diana Johnstone, è stato un clamoroso fallimento.
Ma un altro, e molto letale, uso di Srebrenica è stato un enorme successo. La narrativa di Srebrenica è la pietra di partenza e la principale motivazione della dottrina del “diritto alla protezione” (R2P) di cinici e predatori interventi imperialisti che hanno distrutto e devastato una dozzina di paesi, per lo più Musulmani, e posto fine a diversi milioni di vite musulmane innocenti. La logica fasulla dell’R2P è il presunto fallimento, nel luglio 1995, dei paesi occidentali e della NATO di agire con forza per impedire il “genocidio di Srebrenica”. Srebrenica come metafora per un’aggressione imperialista sfrenata è stata davvero un massacro per i Musulmani, ma non in Bosnia nel 1995.
Il Saker: Puoi delineare cosa sta succedendo in Serbia? Sentiamo parlare di un possibile conflitto con gli albanesi del Kosovo sostenuti dagli Stati Uniti, di una possibile adesione all’UE e/o alla NATO. Cosa sta realmente accadendo?
Karganovic: In risposta alla tua domanda su cosa sta succedendo in Serbia (sono in America in questo momento) citerò un’e-mail che ho ricevuto oggi da un amico che insegna in un’università all’estero, ma è attualmente in vacanza in Serbia: “Ci sono forti piogge e inondazioni qui – Belgrado è stata inondata due volte – con i torrenti che spazzano via le macchine come se fossero semplici giocattoli. C’è un caos generale in tutto il paese, e tutto sta andando a pezzi. Ma la banda di responsabili si celebra come santi e salvatori, e sembra che non ci sia nulla di più importante per i serbi che mettersi le catene dell’Unione Europea!”
Questa è certamente una valutazione pessimista, ma credo che sia vicino alla verità. Le nazioni slave in genere non sono politicamente sofisticate, e possono facilmente essere ingannate e manipolate da esperti truffatori. L’Ucraina è un esempio famoso. I serbi non sono molto indietro; hanno l’acume politico di bambini di sette anni. Ho letto da qualche parte che i giovani tedeschi oggi osservano l’istrionismo di Hitler e si chiedono come i loro genitori e i loro nonni abbiano riposto così facilmente la loro fede in quel buffone, e accettato la sua leadership. Le generazioni future di serbi esamineranno senza dubbio le prestazioni del personaggio disgustoso che sta guidando il loro paese oggi, e si chiederanno come i loro genitori e i loro nonni possano aver tollerato il suo odioso malgoverno.
Per quanto riguarda le notizie di conflitto con gli albanesi appoggiati dagli Stati Uniti in Kosovo, da parte del regime collaborazionista non ci sono né la volontà né i mezzi per entrare in un tale confronto. Il regime è stato installato per organizzare la rinuncia legale della Serbia al Kosovo, e i suoi kapò sono ben consapevoli che il rinnegamento di tale impegno avrà per loro conseguenze spiacevoli. Per quanto effettivamente si opponga a qualcosa, la Serbia non ha più un esercito degno di questo nome, quindi nessun mezzo con cui affermare o difendere efficacemente i propri interessi. È alla mercé degli imperialisti stranieri e dei loro agenti locali comprati e ricattati. L’adesione alla NATO sembra decisamente all’orizzonte perché l’incorporazione nell’asse di oggi è una componente essenziale della prevista guerra sull’Ostfront, tanto oggi quanto lo era nel 1941.
Il Saker: Che mi dici del Montenegro? L’Impero ha avuto successo nello staccare il Montenegro dalla Serbia, e ciò che sta accadendo oggi con il Montenegro è simile a quello che l’Impero ha fatto in Ucraina? Ho sentito che si sta preparando una “Chiesa Ortodossa montenegrina indipendente”, è vero? Quanto è tossico/importante questo sviluppo (supponendo che sia vero)?
Karganovic: L’unica ragione per cui il Montenegro [in inglese] non è etichettato come “l’ultima dittatura europea”, ma la Bielorussia sì, è che a differenza di Lukashenko, il suo dittatore ricattato, Djukanovic, è un servile cane da guardia occidentale. Con molte accuse penali in Italia che attendono di essere attivate contro di lui al minimo accenno di disobbedienza, come traffico di droga, sigarette ed esseri umani, non ha altra scelta che esserlo.
Le somiglianze tra le procedure di “costruzione della nazione” in Ucraina e Montenegro sono notevoli. Ciò a cui questo si riferisce è l’inseminazione artificiale della popolazione-bersaglio con un’identità falsa, completamente inventata, completamente in disaccordo con la sua storia e cultura autentica, il tutto a suo detrimento e al servizio del programma dei manipolatori e dei nemici geopolitici. Conosciamo già la storia ucraina, e non è necessario ripeterla qui. La storia montenegrina è precisamente analoga. Dal momento che i capi tribù asserviti ricevono promemoria che dicono loro cosa dovrebbero fare, si può tranquillamente pensare che in uno di quei promemoria consegnati a Djukanovic sia stato incaricato di avviare la creazione di un’identità montenegrina non serba, al fine di frammentare e minare ancora di più lo spazio etnico e culturale serbo. Lui ha obbedito.
Il risultato oggi sono gli eccessi anti-serbi sponsorizzati e condonati dal regime che sono strettamente in concorrenza con quelli dei folli ucraini, e spesso ingannano l’immaginazione. Un recente esempio è un messaggio su Instagram di una certa Mirna Nikcevic, consigliera dell’ambasciata montenegrina ad Ankara, dove ha scritto con disprezzo della folla di serbi montenegrini che si sono riuniti intorno alla Cattedrale della Resurrezione a Podgorica per protestare contro il piano del regime di sequestrare i templi della Chiesa Ortodossa canonica, e consegnarli ad una pseudo-Chiesa scismatica creata dal governo, dicendo che avrebbe “stipato il bestiame riunito [intendendo i montenegrini che affermano la loro eredità serba – SK] nella chiesa e le avrebbe dato fuoco”. Questa osservazione per niente diplomatica è stata leggermente rimproverata dal Ministero degli Esteri di Djukanovic, ma riflette accuratamente la demenza dei suoi sostenitori.
Una Chiesa montenegrina “indipendente”, come complemento perfetto alla statualità del paese e della presunta specificità etnica, è stata infatti creata alcuni anni fa in un modo che anche i lunatici ucraini, che servono da modello per Djukanovic e i suoi, avrebbero avuto difficoltà a coprire. Questa “Chiesa” fondata da atei (cosa che è certamente l’ex leader dei giovani Comunisti Djukanovic) è stata costituita come una ONG, e registrata come tale in una stazione della polizia montenegrina. Riconoscere l’autocefalia della pseudo-Chiesa ucraina è stata una passeggiata per il corrotto Patriarca Ecumenico di Costantinopoli [in inglese], rispetto al suo imminente compito di legittimare la setta montenegrina. Dovrà capire come farlo quando riceverà il memorandum dalla NATO che questa è la prossima cosa che ci si aspetta da lui. (È vero che pochi giorni fa il Patriarca ecumenico ha informato Djukanovic che il Montenegro non ha mai avuto una chiesa autocefala e non ne avrà mai una, ma l’incostanza del Patriarcato è leggendaria, con un po’ di pressione qui e qualche incentivo finanziario lì, con questi ultimi che hanno miracoli nell’affare ucraino, si può sicuramente trovare una giustificazione canonica di convenienza). Tossico è una parola adatta al fenomeno dell’uso delle istituzioni della Chiesa Ortodossa per autodistruggere l’Ortodossia. Infausto è un’altra parola e, come direbbe lo sceicco Imran Hosein, è un segno affidabile di akhir al-zamaan.
Il Saker: chi ha vinto la guerra civile jugoslava, se qualcuno l’ha vinta? Dimentica la Slovenia: concentrati su Croazia e Bosnia.
Karganovic: La guerra è stata vinta, per così dire, dai centri di potere globalisti che hanno progettato la dissoluzione dell’ex Jugoslavia. Hanno ottenuto quello che volevano, staterelli deboli e dipendenti gestiti dai loro sicari invece di un paese unificato con un peso negli affari mondiali, che in patria non andava nemmeno male. I perdenti sono stati tutti i cittadini dell’ex Jugoslavia senza eccezioni, non solo quelli che sono morti in un insensato massacro istigato da agenti stranieri ed eseguito da pazzi in patria, ma anche i miserevoli sopravvissuti che ora devono vivere nei risultanti inferni neo-liberali.
Il Saker: Sono rimasti dei serbi nelle ex aree protette delle Nazioni Unite, in quella che è la Croazia al giorno d’oggi e, in caso affermativo, come vivono?
Karganovic: Sì, c’è un numero molto piccolo di serbi rimasti nella Croazia odierna, la loro quota nella popolazione totale si aggira attorno al 3%, drasticamente in calo dal quarto della popolazione prima del massacro nello Stato “Indipendente” di Croazia satellite dei Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Sono per lo più anziani, in attesa di morire, si spera di morte naturale, se gli verrà permesso dai loro concittadini croati.
Il Saker: ci sono dei serbi rimasti oggi nelle aree controllate dai Musulmani in Bosnia?
Karganovic: Sì, c’è un 5% della popolazione senza diritto di voto di quella parte del paese. A fini comparativi, nella capitale Sarajevo, dove prima dello scoppio delle ostilità nel 1992 c’erano circa 150.000 serbi, ora ne rimangono solo poche migliaia.
Il Saker: quanta autonomia ha la Repubblica Serba oggi? Concentrati su questo: i serbi in Bosnia sono al sicuro o sono a rischio?
Karganovic: La Repubblica Serba, che è l’entità gestita dai serbi in Bosnia ed Erzegovina secondo l’Accordo di Dayton, firmato per porre fine alla guerra nel 1995, sta continuamente lottando per preservare l’autonomia garantita dal diritto internazionale. Sopra le autorità locali, c’è un “Alto Rappresentante” della “comunità internazionale” che è in realtà il responsabile in carica in Bosnia ed Erzegovina. Si è arrogato ampi poteri arbitrari per interpretare le leggi, istituire le istituzioni e licenziare i funzionari democraticamente eletti che ritiene inadatti. È una replica del sistema coloniale britannico. La questione del genocidio di Srebrenica viene usata come pretesto per contestare il diritto legale e morale della Repubblica Serba di esistere. Nessuno è completamente al sicuro nell’attuale Bosnia ed Erzegovina.
Il Saker: come vede il futuro del Kosovo in generale, e della minoranza serba in Kosovo in particolare?
Karganovic: fino all’annullamento dei risultati dell’aggressione della NATO nel 1999, il Kosovo non avrà futuro, se non come uno pseudo stato basato sul traffico di droga e di organi umani. Gli albanesi stanno fuggendo in massa dal regime di terrore assolutamente incompetente e corrotto che è stato installato dagli occupanti della NATO vent’anni fa. La terra è satura delle munizioni all’uranio impoverito lasciate dalla campagna di bombardamenti della NATO, durata tre mesi, ed è scarsamente adatta alla vita umana. Se vai in Kosovo, ti consiglio di fare una visita breve, e di portarti il tuo cibo in scatola, evitando gli ingredienti locali contaminati. I bambini e gli animali nascono con orribili difetti. Poche persone ne sono consapevoli, ma il Kosovo è stato preso di mira con la più alta concentrazione di uranio impoverito e altre sostanze tossiche durante la “guerra di liberazione” della NATO del 1999. Essendo la maggioranza della popolazione, gli albanesi stanno pagando un prezzo pesante per i generosi favori della NATO. Nel frattempo, dal momento che il Kosovo è una miniera d’oro in termini di minerali e altre risorse, i principali liberatori Wesley Clark e Madeleine Albright hanno fatto un omicidio finanziario premiandosi con succose opportunità di affari, mentre il “filantropo” George Soros ha gli occhi puntati sul complesso minerario Trepča, di enorme valore. Le società internazionali avranno la loro parte. Nel frattempo, gli albanesi stanno morendo di cancro e si stanno disperatamente spostando. C’è un piccolo numero di serbi che vive ancora in Kosovo, che è spiritualmente e culturalmente la loro Terra Santa. Il futuro di quella scena di crimini orribili contro l’umanità è nelle mani di Dio.
Il Saker: quanti serbi in totale sono andati via a causa della guerra, e dove risiedono oggigiorno?
Karganovic: le stime non sono attendibili, ma si pensa che circa un quarto di milione sia stato sfollato dalla Croazia, e altrettanto dal Kosovo. Un ulteriore numero sconosciuto ha cercato in Serbia la sicurezza dalla guerra in Bosnia. Non possiamo essere sicuri dei numeri, ma abbiamo immagini sorprendenti che ritraggono un esodo di proporzioni bibliche.
Il Saker: I rifugiati serbi dalla Croazia, dalla Bosnia e dal Kosovo sono un fattore importante nella politica serba? Se sì, come, se no, perché?
Karganovic: Non sono affatto un fattore. Non sono autorizzati ad interferire con le politiche perseguite dall’élite politica serba installata dall’Occidente.
Il Saker: Pensi che gli Stati Uniti e/o la NATO abbiano lo stomaco per usare la forza contro la Serbia se i serbi si muoveranno per proteggere la minoranza serba in Kosovo?
Karganovic: È una domanda controversa, perché è improbabile che si verifichi la situazione ipotetica prevista dalla domanda.
Il Saker: cos’è successo al Vescovo Artemio, e perché la Chiesa Ortodossa serba cede alle pressioni dell’Impero, e ha eliminato la sua diocesi del Kosovo? Come sta ora, e come possono i lettori scoprire di più su di lui?
Karganovic: In sostanza, l’ambasciatore americano a Belgrado ha detto al Patriarca serbo che il Vescovo Artemio era un ostacolo alla “normalizzazione” in Kosovo e che era altamente auspicabile che venisse rimosso. Nel giro di quattro giorni, il Vescovo Artemio è stato licenziato per false accuse di malaffare finanziario che dopo un decennio non sono state dimostrate in tribunale. La sua estromissione sembra essere stata una benedizione sotto mentite spoglie. Ora è a capo di una fiorente “diocesi in esilio”, alla quale si è unita la maggior parte del suo clero e monaci del Kosovo. Le parrocchie della catacomba, come giustamente le chiama, della diocesi esiliata, stanno spuntando in tutta la Serbia e nei paesi della diaspora serba. La diocesi che è stata disprezzata dalla servile guida ecumenista della Chiesa serba ora è diventata il suo sale, fornendo tanto necessario nutrimento spirituale ai credenti Ortodossi. È la prova vivente della capacità di Dio di confondere i piani più attentamente disposti dell’avversario e di trasformarli per il bene.
Il Saker: cosa dovrebbe fare la Russia per aiutare la Serbia? Qual è, secondo te, la “soluzione” al dramma serbo in Croazia, Bosnia e Kosovo?
Karganovic: Questa è una domanda apertamente politica e, come ho detto, non faccio politica. Dirò solo che ciò che la Russia può e dovrebbe fare è non abbandonare mai la Serbia. Sarà anche la soluzione al dramma che menzioni. Ma niente di tutto ciò sarà opera delle sole mani umane.
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Pubblicato su The Saker.is il 30 giugno 2019.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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