Qualche mese fa siamo entrati in contatto con un cittadino italiano residente in Iran, che ci ha raccontato con vivaci particolari la sua vita in un paese di cui i media dicono pochissimo, un pochissimo, oltre tutto sempre riflesso attraverso le lenti della contrapposizione aprioristica. Crediamo sia interessante pubblicare lo scambio che abbiamo avuto: una testimonianza che va oltre le idee personali del nostro concittadino per offrirci uno spaccato di vita persiana che ci piace condividere con voi. Ringraziamo dunque Diego per averci raggiunti, buona lettura.
1 – Saker Italia ti da il benvenuto Diego. Tu sei un Produttore Cinematografico hai lavorato a film Hollywoodiani e videogames delle Majors Giapponesi come anche la Viacom nel comparto CG Animation. Puoi raccontarci un pò della tua decisione di fare business in Iran è delle tante opportunità che questa nazione offre?
Grazie dell’invito e per non avermi censurato come capita quando racconto dell’Iran, poiché fin quando parlo del mio lavoro sono spesso intervistato su riviste, giornali ed invitato a programmi TV e TG ma quando tratto il tema Iran per dire la verità, i media prezzolati mi evitano.
Per quanto riguarda la mia scoperta dell’Iran è avvenuta per caso dato che ci sono capitato involontariamente. Non sapevo nulla di questa nazione ed intendo anni fa quando anche di politica non m’interessava granché. Non conoscevo nulla e credevo fosse un posto come l’Iraq o l’Afganistan ridotto alla miseria con soldati che combattevano dalla mattina alla sera, in un ambiente distrutto dalla guerra. Beh inutile dire che mi sbagliavo.
La prima volta che sono andato li fu per un lavoro presso una impresa cinematografica Turca Iraniana nel settore degli effetti visivi, ed ero molto spaventato, per via del fatto che ero terrorizzato poiché credevo di venire arrestato anche per una cosa da niente, pensavo: ”Ma, chissà in aeroporto mi ispezionano dalla testa ai piedi magari non gli piacciono i file che ho nel mio IPod”, dato che avevo letto in merito alcune restrizioni sui prodotti non consentiti. Invece nulla di tutto ciò accadde, anzi giunto in aeroporto furono tutti gentili, molto più gentili del personale negli scali Italiani, per ciò il primo impatto fu notevole. Avevo un portatile HP, un IPad, una camera Reflex Canon EOS 7D e un memoria da 500GB, e nessuno mi ha mai fermato, né in entrata né in uscita. Per cui iniziavo già a notare che la realtà non coincideva con gli articoli rilasciati dai media e anche dai governi (incluso il nostro) cosi come pure dall’ambasciata Italiana che a tutt’oggi millanta restrizioni inesistenti. Naturalmente lavorando li e avendo fatto amicizie con i miei colleghi incominciai a comprendere tante cose sulla loro storia, cultura, identità (ad esempio il fatto che non sono Arabi come ahimè molti pensano), sulla religione, lo stile di vita, l’economia ecc…
In relazione all’aspetto economico, il sistema Iraniano offre tanti vantaggi, per esempio le tasse sono meno della metà di quelle turche (quest’ultime già di per se basse) come Svizzera e Giappone, all 8%, quindi in Iran già sono dimezzate. Inoltre le banche Iraniane offrono tassi d’interesse sui depositi del 23%, tassi che nessuna banca nel resto del mondo concede. Questo fa si che le case in affitto praticamente non si paghino: in pratica il cliente lascia al padrone di casa un deposito che oscilla tra i 10.000 e i 20.000 euro per un paio d’anni. Questo deposito viene versato in un conto corrente bancario dal proprietario dell’immobile che ne percepisce i frutti. Al termine del contratto il deposito viene restituito al cliente. Si può vivere con 400 € al mese, ci sono tantissime opportunità di lavoro anche per gli occidentali perché il paese è in pieno sviluppo economico.
Acquistare oro in Iran è molto conveniente: ciò che in Europa costa 1000 € lì costa 1.000.000 di Toman ossia appena 200 €. Stessa cosa per i tappeti Silk lavorati a mano e gli oggetti di porcellana, metallo e legno sempre lavorati a mano. Una berlina di produzione iraniana o cinese o indiana costa intorno a 5.000 € e le moto meno di 2000 € ovviamente nuove (basta cercare su google Pulsar Bajaj Motor, Tiba Iranian car). Se questi veicoli fossero venduti in Italia soprattutto in periodo di crisi verrebbero acquistati sicuramente e senza prestiti evitando lo strozzinaggio delle finanziarie. Un pieno di benzina costa 10 €. Acqua, luce e gas sono praticamente regalati. In generale nessuno bada al fatto che le luci siano accese o spente. Ho avuto una ragazza iraniana che usciva di casa lasciandole sempre accese. Per lei questo non era un problema sotto il profilo economico. A proposito di questa ragazza: quando uscivamo per strada camminavamo mano nella mano, abbracciati… nessuno mi ha mai fermato, meno che mai la polizia.
Essendo Cristiano, la città è piena di chiese. Io andavo a messa ogni settimana e gli Iraniani festeggiavano il Natale non solo a casa ma anche negli spazi pubblici: come in tutto il mondo le vetrine sono allestite in tema natalizio, le commesse indossano abiti a tema: questo per dire che anche i musulmani festeggiano il Natale per cui le notizie di propaganda sovversiva secondo cui in Iran i cristiani sarebbero perseguitati sono solo bugie Americane.
I centri commerciali sono metropoli e hanno tutto Playstation, Mac, Videogames che costano la metà di quelli europei.
2 – È rischioso vivere li? Esiste davvero il problema della violazione dei diritti umani? Come vivono e lavorano i cittadini Iraniani? Ti sei mai trovato in situazioni difficili e con le restrizioni? Quale mito puoi sfatare sull’Iran? A sentire la propaganda internazionale sembra che sia l’inferno in terra?
Non è affatto rischioso vivere in Iran, posso dire tranquillamente che non mi sono mai sentito cosi al sicuro da quando vivevo a Tokyo, anzi posso dire purtroppo è molto più insicuro vivere in Italia. La sera vado a correre al parco qui a Teheran dopo cena e fino a mezzanotte ci sono ragazze e donne sole che corrono o camminano o siedono leggendo un libro o ascoltano musica o giocano a calcio o vanno in bici, nessuno le infastidisce, e ci sono anche famiglie, uomini, ragazzi, bambini tutti sereni che si divertono, fanno pic nic. Nelle grandi città italiane nemmeno alla mattina si può andare in giro al parco per colpa del degrado portato spesso da persone, spesso straniere e fatte entrare senza alcun controllo, ed anzi coccolate dal governo (scusate ancora, il governo Italiano non esiste più ma soltanto quello Europeo).
In Iran le leggi sono serie e le fanno rispettare, soltanto un imbecille farebbe qualche cosa di illegale. I critici di questo paese citano spesso l’esistenza della pena di morte. Tuttavia anche in Giappone c’è la pena di morte, come in Cina, Tailandia, India e Stati Uniti, quest’ultimi ad esempio capita che l’esecuzione tocchi a persone che poi si rivelano innocenti.
Per cui anche gli americani, il cui sistema giudiziario da Sacco e Vanzetti ai giorni nostri ha dato le peggiori prove dovrebbero farsi un serio esame di coscienza prima di accusare chicchessia. In Iran non ci sono clandestini, e se per qualche ragione succedesse che un pachistano entrasse in una villa in campagna a Darake (una prestigiosa località turistica locale), sarebbe arrestato dagli stessi vicini di casa, che lo concerebbero in maniera tale da fagli salutare con sollievo l’arrivo della polizia. La metropolitana sembra la galleria di un centro commerciale di quanto è pulita: non c’è traccia di senza tetto e mendicanti, non ci sono graffiti nè sui muri nè sui treni, le carrozze sono pulitissime. Ci sono vagoni dedicati alle donne (come in Giappone), vagoni misti per famiglie e per gli uomini con la regola di dare precedenza alle donne per farle sedere (perché, a differenza che da noi, le regole della cortesia e della buona educazione sono generalmente rispettate).
La Polizia è sempre molto disponibile e ed amichevole con la cittadinanza. Spesso i poliziotti si fermano a scambiare quattro chiacchere con le persone. Una volta a me hanno consigliato un’ottima pizzeria, un’altra mi hanno chiamato un taxi. In un’altra occasione ho visto un poliziotto giocare a calcio con un bambino nel parco giusto 5 minuti prima di riprendere servizio. In generale le pubbliche relazioni sono molto curate, la presenza sul territorio è garantita da piccoli presidi localizzati nelle piazze e nei parchi, mentre il servizio di pattuglia è garantito da quattro divisioni: stradale (Blu) ordine pubblico (Verdi), reparti speciali (Neri) che sovrintendono ambe due; infine c’è la divisione diplomatica di servizio a protezione alle ambasciate e di assistenza alla popolazione (sono questi che danno le informazioni alle persone come anche ai turisti).
C’è anche la SEPA (analoga di FEMA) la più importante organizzazione iraniana del loro servizio segreto che sovritendono basi, ospedali dove vengono ricoverati i loro soldati attivi in Siria e Iraq e loro partner di coalizione nonché società bancarie su tutto il territorio dove gli stipendi e le transazioni nazionali e internazionali vengono canalizzati direttamente sui propri conti anche del singolo operaio ma facente parte allo stesso organigramma, naturalmente chi ci lavora gode di privilegi speciali, il papà di una mia collega riceve ogni mese bonus gratuiti per stabilimenti sportivi, biglietti aerei o treni durante le ricorrenze delle feste nazionali con hotel al seguito, sconti particolari per acquisto di vetture nuove e senza tassazione, il clima lavorativo è religioso ma non tutti quelli che ci lavorano lo sono infatti una volta ho visto queste infermiere che uscendo con lo chador arrivati al parcheggio si mettevano il foulard colorato e le scarpe con i tacchi a spillo e la musica in macchina, che mi ha fatto tanto ridere questo passare da un atmosfera religiosa ad una festosa.
Notando le bugie di propaganda internazionale ho voluto curiosare perché i conti non mi tornavano, Cosi ho chiesto a più di un poliziotto se potevo girare video e scattare foto e tutti loro mi hanno detto che potevo fare tutte le foto e i video che volevo. Stesso discorso vale per l’abbigliamento sicché in estate vestivo in pantaloncini bermuda, sandali e magliette a maniche corte senza essere mai fermato dalla polizia nè dai Bassij (volontari religiosi). Di questi ultimi si dicono le cose peggiori. Ma la mia unica esperienza è stata la seguente: mi trovavo nel centro del Gran Bazar vicino alla piazza centrale. Mi si avvicina questo ragazzo sbarbatello con pantaloni e camicia bianca e sandali: usciva dalla moschea. Non voleva altro che indicarmi l’entrata della metropolitana. Alla fine, per capire cosa si potesse e cosa non si potesse fare, mi sono rivolto al commissariato di quartiere ed ho parlato con l’ispettore capo, chiedendogli perché non ero stato fermato pur vestendo all’occidentale. La risposta fu che non esisteva nessuna legge che vietasse di girare in pantaloncini, l’importante che il taglio di lunghezza fosse al ginocchio. (Ridendo ha detto: ”Non siamo mica come i finti paesi islamici a dittatura Americana come l’Arabia Saudita e tutti gli altri”). A quel punto l’atmosfera si era rilassata tanto che l’ispettore mi ha chiesto com’era il tempo da noi e io ho risposto che in estate si andava al mare e l’ho invitato a venire a fare una vacanza in Italia, dato che anche lui piaceva il mare (lui andava a nord, sul mar Caspio, che è una località balneare molto bella). Gli ho chiesto anche come mai le donne in motocicletta non indossassero il velo e lui mi ha risposto che se mi riferivo a quelle senza chador (velo integrale) ciò era consentito. Infatti in moto (in Iran non è obbligatorio indossare il casco. E’ quindi è normale che col vento il foulard venga via, e loro non possono farci niente, ha aggiunto che anche se per legge è doveroso indossare il velo, con il tempo questo obbligo è diventato più una moda che altro; infatti le donne lo indossano in diversi colori lasciando scoperta tutta la testa, dalla nuca in poi.
In giro per la città ho visto ragazze con la gonna, con i capelli, colorati, e truccatissime: nessuno le fermava, o arrestava o altro. Paradossalmente mi sono fatto l’idea che in Iran non sia oppressa la donna, ma l’uomo. Per la legge sul Mehr, infatti, l’uomo deve garantire alla donna lo stesso tenore di vita che la donna aveva prima di sposarsi. Se questo standard viene a mancare, la donna può richiedere il pagamento della differenza. Ancora: la legge iraniana prevede che alla morte del marito il patrimonio vada alla moglie, mentre alla morte della moglie il patrimonio va alla famiglia di lei, non al vedovo. Gli uomini vanno in pensione a 60 anni, le donne a 55. Se la donna non si sposa può continuare a percepire la pensione del padre anche dopo la morte della madre (questo tipo di reversibilità è ovviamente sconosciuto nel “civile” occidente). Quando penso a quanto le donne occidentali sono stressate e maltrattate mi viene il disgusto per come la nostra società si è ridotta. Uomini e donne sono stati equiparati solo nella privazione della dignità e dei diritti, ed un malinteso principio di emancipazione ha privato tutti della loro dignità
La spensieratezza della vita quotidiana è evidente anche dai piccoli dettagli, e dai luoghi di intrattenimento. Ad esempio il parco acquatico di Karaj e il parco dei divertimenti di Eram Park (l’equivalente locale di Disneyland, situato sulle rive del bellissimo lago artificiale di Chitgar). Lì i grattacieli contornano le rive del lungolago i Terranesi (gli abitanti di Teheran detti Teheranii) si divertono sedendosi a mangiare, facendo grigliate, andando in bici o in rollerblade: sullo sfondo, il lago immerso dalle luci colorate e i ristoranti aperti fino a tardi. O come il parco di Abo o Atash, un angolo di paradiso immerso nella natura, un ponte su 3 livelli che connette tre zone verdi, e che la sera è illuminato con le luci colorate, così che c’è una vista stupenda: ristoranti, pizzerie, gelaterie, spaghetterie, un cinema 5D, uno Skatepark dove anche le ragazze flippano di brutto. L’ultima volta che ci sono stato l’atmosfera era davvero particolare: c’era questa Iraniana che eseguiva delle capriole in avanti dalla rampa atterrando nella piscina di gomma, e tutti gli altri con le BMX e gli Skateboard, con la musica da discoteca a palla. La sera in anfiteatro hanno trasmesso in diretta su Canale 6 uno spettacolo culturale.
Ricordo con piacere quella serata perché sono stato anche intervistato in quanto unico Italiano produttore cinematografico in Iran. Sono stati tutti gentili, simpatici e alla mano, considerato che era un canale di stato e quindi religioso, davvero sono stati squisiti e parlavano benissimo anche in inglese. Il lavoro, almeno per me, va alla grande. Ho già prodotto due film a Teheran (fra cui anche un thriller) e fra un mese inizio a lavorare a Shiraz per un fantasy. Non ho avuto nessuna difficoltà: anzi il contrario. Il cinema americano è vitale su tutti i generi, mentre sugli schermi TV non mancano i prodotti commerciali d’oltre oceano che vediamo anche noi in Europa come Grey’s Anatomy. Ho cercato di documentare tutto questo con dei video e delle foto per smascherare le bugie di nostri media sull’Iran.
3 – Ti sei mai trovato inaspettatamente nella posizione di testimone delle ultime manifestazioni, e contromanifestazioni. Puoi descrivere cosa hai visto?
In pratica non ho visto nulla per il semplice fatto che il teatrino orchestrato dai cari “portatori di democrazia” era circoscritto alle regioni vicine alla frontiera.
Le TV hanno mostrato diversi video che non erano stati fatti a Teheran: per quanto ho potuto vedere io, più volte mi sono recato in centro a Khomeini Square, Lale Park ave, Azadi e Valiasr Street Fatemi nei giorni in cui ci sarebbero state le “proteste”: era tutto regolare come sempre. Non è difficile rendersi conto del fatto che le proteste sono inscenate da agenti infiltrati e mercenari a soldo straniero. Del resto si tratta di un modus operandi ormai collaudato: l’esempio più vicino l’abbiamo avuto in Libia con i mercenari dall’Africa e dall’Asia che hanno rovesciato il governo con il supporto delle bombe NATO, mentre i media occidentali li facevano passare per “ribelli libici”. Comunque queste manifestazioni hanno avuto un seguito contenuto, mentre molti più iraniani hanno partecipato alle manifestazioni a sostegno del governo per mostrare la loro opposizione alle ingerenze anglo americane.
4 – Come hanno inciso sulla vita quotidiana chiusura dei social, problemi economici, come anche le corse ai bancomat, scioperi, nafta, rialzi di borsa e caro vita?
I social non sono stati mai chiusi, semmai è stata ridotta la velocità internet, e questo è dovuto semplicemente al fatto che rientra nelle procedure di sicurezza nazionale in caso di attacco: anche gli Stati Uniti hanno la stessa procedura. Io ho utilizzato Telegram, Viber e Whatsapp per parlare con i miei cosi come Skype in video e IMO. Anche Youtube e Wetransfer hanno sempre funzionato benissimo. L’economia è più stabile che mai: niente scioperi, nessun blocco carburante. Il caro vita è soltanto un’invenzione dei propagandisti, come già detto rispondendo alle prime due risposte la vita in Iran è molto conveniente.
5 – Quali sono, per quello che puoi vedere, gli ambienti politici, religiosi, e sociali che sostengono le proteste?
Qui occorre fare un passo indietro e analizzare l’Iran sotto i suoi diversi governi: quello di Reza Khan, quello del figlio Mohammed Aryamehr Reza, quello di Mossadeq e infine di nuovo Aryamehr Reza. Gli Inglesi, con il consenso dell’Unione Sovietica. rovesciarono gli Shah Qajar per mettere a capo del paese la dinastia dei Pahlavi. Reza Khan, padre di Aryamehr Reza, fu il primo Shah della sua dinastia: generale da campo, uomo con il pugno di ferro, portò l’Iran nell’era moderna separando anche la religione dallo stato, opera che anche il figlio tentò. Il figlio però non aveva la durezza del padre. Non aveva una cultura militare da campo, ma universitaria, e la sua debole personalità non riuscì ad imporsi. I veri capi del regno erano la madre e la cugina, sostenute dagli Anglo Americani. Aryamehr Reza invece era meno propenso ad appoggiarsi sui governi stranieri, perché si considerava un patriota Persiano (indimenticabile l’evento che organizzò a Shiraz in onore di Ciro il Grande, con la sfilata in costume tradizionale ovviamente criticata dai media anglo americani, tanto che la CIA rilasciò un profilo sullo Shah sostenendo che era un megalomane e che aveva speso soldi inutilmente per una carnevalata).
Durante il suo regno gli iraniani potevano vivere bene tanto da potersi cambiare l’automobile ogni 2 anni e fare tanta attività in pieno sviluppo economico, cosi Aryamehr voleva riformare il paese per migliorare anche le condizioni dei ceti meno abbienti nei villaggi facendo della Persia una potenza economica. Una curiosità: Aryamehr Reza invitò Papa Paolo VI, che incontrò il collegio dei Mullah. Anche loro gli diedero il benvenuto, ricevendolo e accompagnandolo durante i giorni della sua visita in Iran.
Aryamehr Reza si sposò segretamente con la Principessa Maria Gabriella di Savoia dalla quale ebbe il suo primo genito Josef nato il 12 Novembre del 1957. Il bambino, però, non venne riconosciuto in quanto il matrimonio non poté essere ufficializzato. Dopo il divorzio con Soraya Esfandiary, la madre e la cugina dello Shah lo incitavano a risposarsi sperando arrivasse il sospirato erede. A questo punto si fece avanti la dirigenza dell’Eni, che promosse le nozze con la Savoia. Purtroppo l’Osservatore Romano pubblicò un articolo poco incoraggiante: si trattava pur sempre di nozze tra una principessa cattolica ed un re divorziato e per di più musulmano. Alla fine quindi lo Shah, su consiglio di sua madre, accettò di incontrare Fara Diba, che poi sposò.
Aryamehr Reza liberò Mossadeq (che Reza Khan, prima di abdicare in favore del figlio, aveva fatto arrestare per via delle sue simpatie socialiste) perché sapeva che, in quanto socialista, avrebbe creato molti problemi agli anglo americani. Infatti, appena salito al potere, Mossadeq nazionalizzava immediatamente i pozzi in concessione alla British Petrolium, le banche e il resto delle aziende acquisite dalle potenze straniere. La reazione del governo inglese fu molto aspra: veniva dichiarato l’embargo all’Iran. La situazione si sbloccò comunque poco dopo, quando Reza trovò un accordo con i britannici per dividere i proventi dell’estrazione del petrolio al 50% e finalmente far prosperare il paese. Questa svolta dialogante dello Shah si scontrò con l’ostilità di Mossadeq che, più intransigente, giunse ad ordinare l’arresto dello Shah. L’ordine non potè essere eseguito perché lo Shah con Soraya era volato con il suo Piper a Roma, deciso a rinunciare al trono del Pavone e a comprare un ranch negli Stati Uniti per allevare cavalli. La storia però, come noto, non finisce qui. Infatti la CIA propose ad Aryamehr Reza di intervenire rimuovendo Mossadeq (con l’aiuto del KGB) per reinsediarlo sul trono. La proposta piaceva soprattutto alla regina Soraya che indusse il marito ad accettare, ed alla fine il piano venne realizzato. Mossadeq fu deposto ed imprigionato anche se dopo qualche anno lo Shah lo fece di nuovo liberare.
L’accordo con la CIA purtroppo prevedeva la creazione del reparto Savak, una polizia segreta che, sempre sotto la regia degli americani, si macchiò di crimini terribili. La rivoluzione del 1979 fu in realtà una cospirazione per rovesciare lo Shah e tutto questo perché lui non voleva più obbedire agli anglo americani, Infatti, seguendo le orme di Mossadeq, aveva incominciato a chiudere le controllate delle multinazionali presenti nel paese al fine di favorire gli attori iraniani. Prevedibilmente queste iniziative non piacquero agli esportatori di democrazia, che quindi installarono Khomeini. L’operazione fu abbastanza facile: avevano già i loro reparti pronti per fare scoppiare le rivolte da Qom, e da lì a Teheran sono solo 2 ore di strada: guarda caso nelle altre città e isole non successe nulla. Khomeini, al momento della rivoluzione, si trovava in esilio, perché negli anni sessanta aveva tentato di uccidere la famiglia dello Shah organizzando un attentato che però era fallito. Aryamehr Reza aveva risparmiato la vita a Khomeini esiliandolo, ma la Francia e l’Inghilterra gli avevano messo a disposizione radio e TV, con le quali l’Ayatollah diffondeva la propria propaganda, chiedendo gli fosse permesso di rientrare nel paese. La CIA fece poi il resto del lavoro.
Quando iniziarono le rivolte le SAVAK spararono sui manifestanti, provocando la furia della popolazione che non credeva più a una sola parola dello Shah il quale fu costretto a partire di nuovo per l’esilio. In seguito, come ringraziamento, Khomeini fece uccidere anche quelli che lo avevano aiutato a tornare; il paese si trovò in una profonda crisi economica che durò diversi anni. Durante gli anni ‘80 la società era profondamente spaccata: le donne religiose camminando per strada strappavano da dietro il foulard a quelle non religiose, con l’approvazione dei Mullah al potere che incoraggiavano questo tipo di condotta. I tassisti non rispondevano alle chiamate dei Mullah, lasciandoli a piedi. In conclusione: l’Iran è sempre stato in bilico fra una tendenza alla integrazione nel sistema politico economico anglo americano ed una alla autonomia ed indipendenza. Anche adesso assistiamo alla stessa logica. Formalmente il paese è alleato con la Russia, ma la verità è che agli Iraniani non gli piacciono i Russi. Non ci sono programmi di scambi culturale, come ad esempio Erasmus o similari, non ci sono particolari spinte all’apprendimento della lingua Russa, non ci sono iniziative economiche di scambio commerciale: c’è solo la cooperazione militare. A livello popolare gli Iraniani restano grandi estimatori dei valori, della modernità anche in una minima parte religiosi, verso gli americani. Ad esempio ho parlato con una donna Bassij di 55 anni, madre di 4 figli che mi ha confidato il suo sogno: prendersi lo IELTS per tentare il visto di studio negli Stati Uniti.
Quindi il paese resta in bilico. Nel sistema politico iraniano convivono varie forze. Certo, si tratta di forze per lo più di ispirazione religiosa, ma il fatto che ci siano i Mullah non significa necessariamente che la si debba dare giudizi negativi: affermare che tutti i Mullah sono cattivi equivale a dire che tutti i nostri preti sono pedofili. E’ stato un mullah a consigliare a Khomeini di non uccidere tutti quelli che erano al servizio dello Shah, avvertendolo che altrimenti avrebbe dovuto uccidere anche lui. Dopo la sua morte Khomeini fu elevato a mito, un po’ come è successo con Ataturk in Turchia (entrambi “uscirono” dalla monarchia, il primo con il secondo contro la tradizione religiosa del paese. Lo Shah, in un momento (il 1972) in cui la monarchia era già entrata in conflitto con gli anglo americani aveva detto in TV “non siamo i giocattoli di nessun paese.
6 – Di quale seguito gode, per la tua impressione, questo movimento di protesta?
Come detto nella precedente risposta, questa micro protesta è soltanto ingerenza anglo americana: il seguito si limita ad uno sparuto gruppo di ammiratori locali delle politiche USA. Anche l’Iran ha le sue “quinte colonne” sia in patria che all’estero. Negli Stati Uniti quella più facoltosa è presieduta da Reza Ciro, il figlio dell’ultimo Shah, e si avvale di alcuni strumenti di soft power, fra cui l’emittente televisiva Persian 1 e la Pahlavi Foundation. Di questo gruppo dissidente fanno parte poi professionisti, aristocratici, magnati dell’alta borghesia persiana, che sostengono questo tipo di condotte. In Francia è attivo un Comitato di liberazione dell’Iran, che dispone dei finanziamenti erogati dal governo Francese. in passato si sono susseguiti omicidi di vari esponenti di questo movimento ad opera di elementi fedeli al governo Iraniano, come pubblicato dagli stessi quotidiani del governo imperialista. In Inghilterra c’è il movimento Repubblicano per un Iran Libero, di ispirazione laica e liberale, che conta anche su una emittente televisiva di nome Manoto. Nella capitale turca Antalya gli imprenditori iraniani investono massicciamente per poi rimpatriare i proventi: alcuni di essi sono vicini all’attuale governo, altri invece finanziano un’altra televisione, GEM TV, di orientamento anticlericale, anche qui con una decisa reazione (l’anno scorso il proprietario di Gem è stato ucciso in un attentato terribile).
Vorrei cogliere l’occasione per contestualizzare questo episodio all’interno della lotta dei popoli che vivono nei quattro angoli della terra per affrancarsi dal dominio USA. Vorrei incominciare da episodi accaduti in paesi che hanno affermato la propria piena sovranità. La Libia di Gheddafi fece arrestare degli uomini d’affari svizzeri, come ritorsione per l’arresto arbitrario, per presunti maltrattamenti al personale, del figlio del leader da parte delle autorità di Berna. Qualcosa di simile successe al tempo di Craxi, in occasione della crisi di Sigonella. Tutti ricordiamo che Craxi non consegnò gli attentatori della nave Achille Lauro agli americani rivendicando la giurisdizione italiana. E quando i bulletti yankee inviarono i Navy Seal che circondarono i nostri VAM, schierati a protezione dell’aereo, Craxi li fece serrare a sua volta dai carabinieri, costringendo gli statunitensi ad una retromarcia poco dignitosa. Una curiosità: lo sapevate che i primi Navy Seal, creati da Kennedy nel 1965, vennero addestrati da ex incursori della Regia Marina il nostro orgoglio la XMAX?
Altri paesi, caduti sotto la soggezione americana, hanno dovuto affidare alle armi il proprio riscatto, e lo hanno fatto con successo, a dispetto del mito (usurpato) della loro invincibilità. Si pensi ai Seminole, che nel 1839-42 riuscirono a fermare con successo la corsa all’ovest, obbligando il governo di Washington ad un accordo svantaggioso. Si pensi alla ritirata precipitosa dalla Corea del Nord e a quella ancora meno dignitosa dal Vietnam. L’Afganistan lo ebbero solo dopo la conclusione del mandato dell’Unione Sovietica che vinse alla grande: fino a quel momento il governo di Najibullah era rimasto in piedi efficacemente, e gli Stati Uniti erano stati costretti ad evacuare i propri alleati ridotti a mal partito. Al contrario, chi cede alla infiltrazione degli agenti anglo americani, finisce in grosse difficoltà. Si pensi all’URSS di Gobachev, crollata dall’interno a causa della corruzione indotta dagli agenti di Washington.
Spesso i governi (anche quelli che si presentano come ostili alla globalizzazione) sono pronti a vendere i popoli ad essi soggetti: è proprio quanto accaduto in Italia, al momento della caduta della prima repubblica, premessa indispensabile alla successiva cessione di sovranità. E’ quanto sta accadendo, in ambito religioso, alla chiesa, al cui interno le istanze conservatrici vengono neutralizzate a favore di quelle “progressiste” più funzionali all’agenda globalista (sospetto che questa sia la chiave di lettura giusta per interpretare le dimissioni di Ratzinger e la scomparsa di Papa Luciani). Se ci si presenta arrendevoli, se ci si dispone in questo modo, si è destinati alla servitù: passo dopo passo le vecchie nazioni europee vengono destrutturate, disintegrate (si pensi all’indipendentismo catalano ed al tentativo di disintegrare la Russia) e poi riaggregate nel nuovo sistema coloniale anglosassone per regionalizzarle. A questo punto l’opzione iraniana, quella di tentare una resistenza non disperata piuttosto che un accordo che necessariamente equivale ad una resa, è l’unica percorribile.
7 – Quanto è forte, per la tua impressione il sostegno a Rouhani e ai riformatori? Il fallimento del processo di pace potrebbe favorire i riformatori?
Ribadisco, il conclamato accordo sul nucleare e poi annullato è soltanto uno specchietto per le allodole. Gli anglo americani hanno bisogno che questa regione sia stabilmente precaria agli occhi del mondo. Caduto l’impero ottomano, unico reale ostacolo alla loro espansione nella regione, gli Inglesi e i Francesi tracciarono delle linee sulla mappa spartendosi sia l’Iran che l’Iraq: era implicito tutta quest’area dovesse poi rimanere cosi: soggetta ed economicamente non sviluppata. Il recente sviluppo di questa regione è uno motivo per cui, presto o tardi, si arriverà allo scontro. Un’altro è che la presenza di un “nemico” è indispensabile alle elite occidentali a fini di controllo del dissenso interno. Il terzo sono le materie prime: le riserve di petrolio e gas. Per questo prima o poi verrà messa in scena la solita pantomima dell’esportazione della democrazia, della caduta del “dittatore” festeggiato da una popolazione ignara di festeggiare la propria caduta in schiavitù. In effetti il sostegno all’attuale corso politico è tiepido. Le persone sono sedotte da quello che vedono nei canali occidentali, seguitissimi tramite le televisioni satellitari.
A mio avviso questa licenza nel consentire l’accesso ai media stranieri (diversamente da altri governi più avveduti come quello della Corea del Nord) è una debolezza che il governo, qui, pagherà cara: è ormai palese che queste TV, come le grandi piattaforme informatiche alla Google sono strumenti di guerra ibrida anglosassone. Il pubblico persiano, attraverso questi media, si forma l’opinione che americani ed europei siano tutti ricchi, e questo fomenta il malcontento e l’insoddisfazione, che minano il consenso sia verso i conservatori sia verso i riformisti. Nessuno dice al popolo iraniano che la realtà nell’Europa della crisi, è purtroppo bene diversa. Quindi ci si aspetta, di più, ci si lamenta, anche se poi messi alle strette parenti ed amici devono ammettere che i governi sono migliorati con il tempo, così come migliorata è la qualità della vita e la percezione del paese. Per esperienza mia personale posso dire che in Iran se si fa eccezione per l’inquinamento e il traffico, la vita è tranquilla, il paese è stabile, si mangia benissimo, è sicuro, i valori sono rispettati, le autorità sono tolleranti con le minoranze etniche e religiose (ci sono chiese, sinagoghe, templi nel pieno rispetto delle altre religioni), e si lavora benone facendo tanti affari. Non si percepisce assolutamente alcuna restrizione.Poi, certo, se per noi “democrazia” significa anarchia, libertà di far valere le ragioni del più forte, di prendersi gioco di ogni valore, allora si: in questo l’occidente è molto meglio. Da noi si è più liberi di farsi del male. Prima di chiudere vorrei raccontarvi altri tre episodi che rappresentano altrettanti esempi della potenza dei media.
La scorsa estate ero a Tabriz. Sono stato avvicinato da un ragazzo afgano, che mi chiedeva come poteva fare per venire in Italia con gli scafisti. Mi raccontava che in Italia i profughi ricevono 50 € al giorno, alloggio gratuito e cittadinanza in un anno e mezzo. Gli ho chiesto dove avesse sentito queste cose, e lui mi ha detto che le aveva sentite in TV satellitari. Ovviamente gli ho consigliato di lasciar perdere, gli ho detto che questi viaggi possono finire molto male, che non ci sono 50 euro, e nemmeno i 35 che lo stato nominalmente spende, ma solo i pochi spiccioli che restano dopo aver pagato strutture di accoglienza in cui gli immigrati vengono ammassati in condizioni disumane ma sempre meglio rispetto agli italiani buttati in mezzo alla strada dal nostro governo. Gli ho suggerito di andare in Turchia, dove l’economia è solida ed il suo inserimento sarebbe stato più semplice visto pure che entrerà negli Stati Uniti D’Europa.
Secondo episodio: guardando le TV locali vedo quanto venga promossa la causa della minoranza curda. E’ chiaro che qualcuno ha già deciso di usare i curdi contro l’Iran e la Turchia, così come è stato fatto con Iraq e Siria: ai curdi sono finite le migliori risorse petrolifere della regione. Quindi il separatismo curdo è per l’Iran una minaccia gravissima. Eppure le TV satellitari promuovono a tambur battente le ragioni dei separatisti curdi, tanto che molti miei amici iraniani si sono convinti e sostengono le rivendicazioni indipendentiste curde, che vedranno la perdita di una notevole porzione di terra sia in Iran, Iraq, Siria e Turchia quando staccheranno il Curdistan.
Tezo: abbiamo già visto la guerra in Iran nella fantascienza di Holloywood. All’inzio del film Robocop 2014 (prodotto dalla Columbia Pictures della Sony) viene mostrata la scena di una guerra fra Stati Uniti e Iran. L’azione si svolge addirittura in una Teheran, diroccata che sembra l’Afganistan. Si dirà che è solo intrattenimento. Certo. Faccio notare però (un esempio fra tanti) che il film Fuga da Absolom del 1995 inizia con la presa della Libia (cui poi abbiamo assistito nel 2011). Nel film Regole d’Onore (del 2000) ambientato in Yemen abbiamo assistito alla anticipazione dello scoppio della guerra civile yemenita. Si tratta insomma di anticipazioni che vale la pena di tenere d’occhio, visto che la Cia presente a Hollywood ci delizia preparandoci anticipatamente a questi infausti eventi.
8 – Cosa ti aspetti prossimamente dalle relazioni internazionali tra l’occidente e l’Iran? In particolare l’Italia con i suoi rapporti commerciali?
Ripeto, la guerra contro l’Iran c’è l’hanno già in agenda, e prossimamente la faranno. Non vedo forze politiche italiane capaci di opporsi a questo tipo di iniziative. Berlusconi, che negli anni passati aveva dato timidi cenni di volersi sottrarre a queste logiche, ha fatto recentemente professione della massima lealtà atlantica ed europeista. Il Movimento 5 stelle all’inizio ha portato avanti istanze interessanti, purtroppo recentemente anche Di Maio pare essersi convertito all’atlantismo, all’europeismo. Addirittura ho letto una proposta di questo tenore: l’obbligo della lingua inglese dall’asilo. Ma che tipo di idea è? In un paese sovrano si parla la lingua del paese in primo luogo. Poi un cittadino è libero di imparare una o più altre lingue straniere che potrà scegliere a suo gusto. Oppure potrà scegliere di non imparare nessun’altra lingua. Magari ci sarà chi vuole insegnare ai figli il russo, il giapponese o lo spagnolo. Chi lo dice che per forza tutti devono parlare l’inglese?
Continuiamo nell’analisi dei partiti: Salvini ha fatto il bel gesto andando in Corea del Nord e in Russia, però spinge per il federalismo, e temo che una eccessiva autonomia regionale possa minare l’unità nazionale. Giorgia Meloni che si batte per un Italia agli Italiani e ai profughi Cristiani ma mi pare comunque ancora filo atlantica e filo europea. Sul PD, vassallo per eccellenza di NATO ed UE c’è poco da dire. Altri piccoli partiti come pure Forza Nuova si stanno muovendo seriamente per difendere l’intera sovranità nazionale, purtroppo però vengono marginalizzati per pregiudiziali ideologiche.
Sotto il profilo della libertà di manifestazione e di informazione non siamo messi meglio: spesso i manifestanti vengono arrestati, trattenuti dalla polizia e a volte processati. Ma come mai, mi chiedo, quando succede che in un altro paese (per esempio l’Iran) che si svolgano manifestazioni non autorizzate e il governo le blocca, immediatamente i governi e i media gridano al regime, mentre quando le stesse cose accadono in America, Europa e quindi anche in Italia, la notizia nemmeno compare sui giornali? Com’è da noi non vale la democrazia di libertà di espressione che si pretende altrove? Ma come mai mi chiedo, quando succede che in un altro paese in questo caso l’Iran si svolgano manifestazioni non autorizzate e il governo le blocca, immediatamente i governi e i media corrotti di stampo atlantista gridano allarmi antidemocrazia ma quando succede in America, Europa e quindi anche in Italia si arrestano cittadini poiché la manifestazione deve essere autorizzata? Com’è da noi non vale la democrazia di libertà di espressione che LORO stessi millantano?
Veniamo alla libertà di espressione: secondo la nostra propaganda appena in Iran un giornalista o un organo di stampa pubblicano un articolo dissidente, il governo lo fa rimuovere oppure oscurare. Sia pure. Ma non viene chiesto lo stesso da noi, dai sostenitori della crociata contro le cosiddette fake news (e mi limito a far l’esempio della testata Diretta News, oscurata da Facebook con questo pretesto, ma se ne potrebbero citare molti altri)? Io sono onestamente molto preoccupato dalla perdita di sicurezza quotidiana derivante da un’immigrazione incontrollata. Ed è inutile negare che questa sia una emergenza reale, visto che lo stesso direttore delle carceri italiane ha dichiarato che il 34% dei detenuti ha cittadinanza straniera, una percentuale circa 4 volte superiore a quella degli stranieri residenti. Francamente non sono ottimista per il futuro del nostro paese, che temo verrà impoverito e ridotto in uno stato di anarchia endemica e di smarrimento culturale. Ogni volta che torno in Italia mi sento male per come questo stato corrotto ha costretto gli Italiani a vivere.
9 – Cosa pensi della Globalizzazione? Chi c’è dietro?
Purtroppo la globalizzazione è una cosa molto diversa dalla solidarietà internazionale fra i popoli, infatti è in atto la sostituzione etnica il piano Kalergi poiché è’ un progetto gestito integralmente dagli istituti finanziari come anche il voto che non conta nulla visto che è già deciso da loro chi deve salire. Una globalizzazione sana dovrebbe garantire a tutti i popoli la piena sovranità nazionale senza lo sradicamento dei popoli e uno standard di vita minimo accettabile: una abitazione decorosa e gratuita con impignorabilità, una retribuzione dignitosa, la pensione in anzianità a 50 anni, l’accesso ai servizi pubblici gratuiti, cure mediche all’occorrenza, sicurezza. Simili standard di vita sono stati garantiti in alcune esperienze storiche non a caso molto denigrate: per esempio l’Unione Sovietica durante il governo di Breznev che durò quasi 20 anni, l’Albania Socialista, la Gran Giamahiria Araba Libica Socialista di Gheddafi in Libia. Ovviamente la globalizzazione, per come la conosciamo, non è nulla di tutto questo: è l’utilizzo dei diseredati dei paesi in via di sviluppo per distruggere i diritti conquistati dai popoli dei paesi ad economia matura. Al posto che per fornire servizi ed assistenza, gli organismi internazionali si preoccupano di portare avanti alcune agende ideologiche (contrasto alla cosiddetta omofobia e xenofobia che io rispondo con eterefobia e italiafobia etc..) miranti a destrutturare le organizzazione sociali tradizionali.
Credo che noi si debba resistere con ogni mezzo a questi tentativi, difendendo i nostri valori da questo tipo di attacchi strumentali.
10 – Per quanto riguarda l’isola di Kish la nuova Dubai dove tu hai aperto la tua azienda, pensi che gli Italiani possano seguire le tue orme e rilocare per viverci e/o lavorarci?
Certamente, l’Iran di per se è un posto che offre tante opportunità di lavoro e vita agiata, inoltre ci sono vantaggi fiscali sull’isola di Kish che essendo una free zone offre investimenti tasso 0 fra cui l’esenzione dal pagamento delle tasse per 15 anni.
Ho già seguito diversi miei clienti dall’Europa all’Asia e sono disponibile ad assistere gli italiani che si vogliano rilocare in Kish o semplicemente aprire un conto in banca o turismo, o venire direttamente a Teheran visto che dall’anno scorso ho aperto il mio secondo ufficio pure qui, per ogni informazione possono contattare la mia azienda alla seguente email: [email protected]