Come la mafia locale che rompe i finestrini dell’auto di notte e li ripara di giorno, gli Stati Uniti hanno arruolato i propri partner del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) – Arabia Saudita, Qatar, Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti – a “ricostruire” l’Iraq sulla scia dello sconfitto Stato Islamico autoproclamato (ISIS), sponsorizzato da questi stessi stati.
L’agenzia di stampa Reuters in un articolo [in inglese] intitolato “I membri della coalizione devono aiutare la ricostruzione in Iraq, dice Tillerson”, riferirebbe (sottolineatura aggiunta):
Gli Stati Uniti guidano la coalizione e sperano, dopo una lotta di tre anni per sconfiggere i militanti, di poter contare sugli alleati del Golfo per sostenere in gran parte l’onere della ricostruzione dell’Iraq e su un riavvicinamento saudita-iracheno per indebolire l’influenza dell’Iran nel paese, che è gestito da un governo a guida sciita.
L’articolo riporta anche (sottolineatura aggiunta):
I donatori e gli investitori si sono riuniti in Kuwait questa settimana per discutere degli sforzi per ricostruire l’economia e le infrastrutture dell’Iraq, che emerge da un conflitto devastante con i militanti estremisti che hanno conquistato quasi un terzo del paese.
Il Segretario di Stato americano Rex Tillerson sarebbe stato citato da Reuters nel rivendicare:
Se le comunità in Iraq e in Siria non possono tornare alla vita normale, rischiamo il ritorno delle condizioni che hanno permesso all’ISIS di prendere e controllare un vasto territorio.
Eppure persino un casuale lettore di storia, di affari militari o di guerra moderna sa che gli eserciti di decine di migliaia di persone, con reti regionali, persino di reclutamento, addestramento e logistica, non scaturiscono dalla povertà o dalla rovina economica. La capacità operativa dimostrata dall’ISIS è possibile solo con una significativa sponsorizzazione statale.
Per ricostruire l’Iraq gli Stati Uniti arruolano coloro che hanno sponsorizzato l’ISIS
La menzione del Kuwait facente funzione di luogo per “donatori e investitori” che cercano di “ricostruire” l’Iraq è particolarmente ironica per coloro che ricordano l’articolo [in inglese] del britannico Telegraph del 2014 intitolato “Come i nostri alleati in Kuwait e Qatar hanno finanziato lo Stato islamico”.
L’articolo dichiara (sottolineatura aggiunta):
Lo Stato islamico (ISIL), con il suo territorio recentemente conquistato, i giacimenti petroliferi e le casseforti delle banche, non ha più bisogno di molto denaro straniero. Ma la sua ascesa straordinariamente rapida fino a questo punto, un luogo in cui minaccia l’intera regione e l’Occidente, è stata sostanzialmente pagata dagli alleati dell’Occidente. Il denaro dell’ISIL è stato raccolto o canalizzato attraverso il Kuwait e il Qatar, con la tacita approvazione e talvolta il sostegno attivo dei loro governi.
E mentre l’articolo tenta di inquadrare la sponsorizzazione del terrorismo da parte del Kuwait e del Qatar come un tradimento degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell’Unione Europea, resta il fatto che tale sponsorizzazione non era solo ben nota allo spionaggio e ai circoli politici occidentali, è stata la capacità del GCC di raccogliere massicce legioni di terroristi che ha costituito la pietra angolare dell’alleanza USA-GCC contro la Libia, la Siria, l’Iran e la maggioranza irachena dell’Iraq a partire dal 2011.
È stato rivelato in una nota del 2012 dell’Agenzia di Intelligence per la Difesa degli Stati Uniti (DIA) che gli statunitensi e il loro GCC, così come gli alleati turchi, hanno cercato la creazione di un “principato salafita” nella Siria orientale allo scopo specifico di “isolare” il governo siriano.
Il memo [in inglese] del 2012 dichiarerebbe specificamente che:
Se la situazione si sgretola, c’è la possibilità di stabilire un principato salafita, dichiarato o no, nella Siria orientale (Hasaka e Der Zor), e questo è esattamente ciò che vogliono le potenze sostenitrici dell’opposizione al fine di isolare il regime siriano, che è considerato la strategia a lungo termine dell’espansione sciita (Iraq e Iran).
Il memo della DIA spiegherebbe anche chi siano queste “potenze sostenitrici”:
L’Occidente, i paesi del Golfo e la Turchia sostengono l’opposizione; mentre Russia, Cina e Iran sostengono il regime.
Quel “principato salafita”, alla fine, avrebbe preso le sembianze del cosiddetto “Stato” (principato) “Islamico” (salafita) e sarebbe stato usato specificatamente per far pressione sul governo siriano a Damasco e per creare un pretesto per l’occupazione permanente del territorio siriano da parte delle forze militari statunitensi quando gli agenti locali degli Stati Uniti avessero avuto poche possibilità di tenerli da soli.
Mentre gli Stati Uniti dichiarano l’ISIS più o meno sconfitto, resta il fatto che i militanti che ancora combattono in Siria includono combattenti dell’ISIS nei loro ranghi e, nonostante le differenze superficiali, quelli che combattono in particolare nella provincia di Idlib, nel nord della Siria, sono indistinguibili dall’ISIS sia per la loro ideologia estremista che rispetto agli stati da cui ricevono i finanziamenti e le armi.
Ricostruzione o Risparmio?
Un simile metodo taglia e brucia è stato usato in Iraq per motivare un maggior ruolo degli Stati Uniti nella sicurezza irachena, in un conflitto che ha lasciato distruzione sul territorio iracheno, in particolare nelle regioni dell’Iraq a maggioranza sunnita.
Il conflitto ha creato l’opportunità per gli Stati Uniti di rafforzare i curdi nel nord dell’Iraq, per isolare e ridurre ulteriormente il potere del governo guidato dalla maggioranza sciita a Baghdad, oltre a creare un pretesto per il “riavvicinamento”, così lo chiama la Reuters, degli Stati Uniti al GCC – per togliere le regioni a maggioranza sunnita dell’Iraq dall’orbita di Baghdad.
Rapporti dell’ottobre dell’anno scorso hanno indicato che gli Stati Uniti erano particolarmente interessati alle autostrade irachene che collegavano Baghdad con la Giordania e l’Arabia Saudita. Gli analisti hanno ipotizzato [in inglese] che questo fosse letteralmente un’invasione dell’Iraq, gli USA e i loro alleati del GCC avrebbero potuto non solo stabilire un punto di appoggio permanente in Iraq, ma anche un corridoio logistico utilizzabile dalla “coalizione” per portare una futura ondata di militanti miranti al rovesciamento dell’Iran e dei suoi alleati nei vicini Iraq e Siria.
A differenza della Siria, dove nel 2015 l’aviazione aerea russa ha rapidamente preso di mira ed eliminato le reti logistiche dell’ISIS emananti dal territorio della NATO in Turchia, le autostrade in Iraq controllate da appaltatori statunitensi, con una possibile presenza militare Usa, potrebbero rendere la ripetizione del successo della Russia infinitamente più difficile.
I media curdi hanno anche riferito che il denaro, quello per il quale il segretario Tillerson ha esercitato pressioni sul GCC per metterlo a disposizione, sarebbe rifluito nel nord dell’Iraq. Sotto l’apparenza di aiuti per la ricostruzione, gli investimenti daranno in verità al GCC una maggiore influenza sui curdi.
Espellere l’Iran
Mentre gli Stati Uniti cercano di accreditare a se stessi e ai propri partner del GCC la sconfitta, piuttosto che la creazione dell’ISIS, è stato invece il ruolo dell’Iran sia in Iraq che in Siria a fornire la chiave per la sconfitta dell’organizzazione.
Sui media occidentali, articoli come “Le milizie sciite dell’Iraq” apparso sul The Atlantic e “Le milizie sciite irachene: la spada a doppio taglio contro l’ISIS” di PBS ammettono il ruolo centrale che l’Iran e i suoi alleati all’interno dell’Iraq hanno giocato nella sconfitta dell’ISIS.
Le guerre, quelle che gli Stati Uniti e il GCC hanno lanciato contro la Siria e l’Iraq per interposta milizia, erano rivolte principalmente all’Iran. L’ascesa dell’ISIS è emersa dal fallimento del conflitto per rovesciare il governo siriano e spostarsi rapidamente verso l’Iran.
L’impulso della campagna per procura occidentale contro l’Iran è stato infranto, lasciando l’Occidente alla ricerca di appigli, mentre continua a tagliuzzare sia Damasco che Teheran.
Quando gli Stati Uniti affermano che si deve “indebolire l’influenza dell’Iran” in Iraq, è solo perché cercano di imporre la propria volontà sia a Baghdad che alla stessa regione mediorientale. Per l’Iran, i legami con l’Iraq, la Siria e il resto del Medio Oriente sono dovuti alla vicinanza geografica, alla storia condivisa e ai legami socio-economici e religiosi che risalgono a secoli fa. Per gli Stati Uniti, il suo presunto ruolo nella regione deriva unicamente dal suo desiderio di egemonia, economica e geopolitica, alla stessa stregua del colonialismo tradizionale.
Considerare i punti d’appoggio
L’Iraq ha mostrato la volontà di impedire la sua involontaria ridisposizione sotto l’urto dell’ISIS. Baghdad ha mobilitato le sue forze militari che hanno rapidamente ricacciato le forze curde ai loro confini pre-ISIS, dopo che i curdi avevano occupato le aree lasciate libere dall’ISIS e avevano annunciato la loro volontà di trattenersele per sé stessi.
Una storia simile sembra essersi svolta per quanto riguarda i tentativi degli Stati Uniti di controllare le autostrade irachene, quelle che conducono fuori da Baghdad verso i vicini dell’Iraq a ovest e a sud. L’Iraq sembra determinato ad affermare il controllo sul proprio territorio.
Tuttavia gli investimenti, sotto forma di appigli sia ovvi che più sottili, si svilupperanno probabilmente ancora sulla scia della sconfitta dell’ISIS. Tutto ciò che è stato distrutto nella campagna dell’ISIS sostenuta dal GCC e degli Stati Uniti verrà ricostruito e, probabilmente, dagli appaltatori statunitensi o del Golfo che rappresentano gli interessi di USA e GCC.
Osservare lo sviluppo di questi punti di appoggio e stimare la risposta ad essi di Baghdad e quella dei suoi alleati iraniani sarà essenziale al fine di discernere quali opportunità future USA e GCC potrebbero tentare di sfruttare nel loro prossimo tentativo per riaffermare il controllo su un Medio Oriente in rapido allontamento.
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Articolo di Tony Cartalucci apparso su Land Destroyer il 16 febbraio 2018
Traduzione in italiano di Cinzia Palmacci per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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