La sensazionale storia [in inglese] del New Yorker del 2 agosto di Robin Wright sull’incontro non pubblicizzato tra il Ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif e il senatore americano Rand Paul (che è membro della Commissione per le Relazioni Estere del Senato) a New York di alcuni giorni fa, ci dà i dettagli per la prima volta di quanto è accaduto tra i due leader. Robin Wright è altamente affidabile, avendo buoni contatti con i funzionari iraniani, e questo resoconto può essere considerato come veritiero.
Ciò che emerge è che Zarif e Paul hanno avuto una conversazione sostanziale, scambiando opinioni, riservate, sul contorno a grandi linee per una conclusione negoziata allo stallo USA-Iran. Alcuni di questi dettagli sono già noti, in particolare, la volontà dell’Iran di fornire garanzie giuridiche che non si doterà di un programma di armi nucleari, il che non è sorprendente.
Paul è noto per essere vicino al Presidente Trump, ed entrambi sottoscrivono la scuola di pensiero che gli Stati Uniti non dovrebbero entrare in una nuova guerra mediorientale. Paul sostiene anche la campagna di Trump contro le “guerre infinite” americane. Evidentemente, il suo incontro con Zarif (presso la residenza dell’ambasciatore iraniano a New York) ha avuto luogo con la conoscenza preliminare e il consenso di Trump. In precedenza era stato riferito che Trump aveva dato il via libera a Paul per negoziare con l’Iran.
Pertanto, la parte sorprendente del rapporto del New Yorker è l’invito trasmesso da Paul a Zarif per fare una visita alla Casa Bianca ad incontrare Trump. Certo, Zarif ha dribblato, non ha rifiutato l’invito ma ha spiegato che aveva bisogno di istruzioni da Teheran.
Gli eventi da allora, gli Stati Uniti che impongono sanzioni a Zarif, hanno assunto ora una dimensione nuova. Può essere che Trump si sia sentito insultato e colpito? O, più plausibilmente, si è tirato indietro sotto pressione dall’interno, temendo che ci fossero fughe di notizie dai media e conseguenti imbarazzi? In ogni caso, la politica statunitense sull’Iran sembra bizzarra, senza coerenza, oscillante selvaggiamente da un capo all’altro, del tutto imprevedibile.
Teheran ci penserà due volte prima di confrontarsi con Trump.
Nel frattempo, l’apertura di Trump a Zarif e il conseguente affronto arriva in un momento imbarazzante per il POTUS che, ultimamente, si trova di fronte alle prese in giro del leader nordcoreano Kim Jong-Un. I test missilistici multipli della Corea del nord (con una portata fino a 450 km ed un’altitudine di 50 km) sono molto dannosi per la reputazione di Trump, avendo egli sostenuto che la sua diplomazia personale con Kim ha persuaso quest’ultimo a porre fine a tutti i test missilistici (e nucleari). (A proposito, nella valutazione sudcoreana, i missili balistici nordcoreani di recente sviluppo sono una “versione” del famoso missile russo Iskander-M [in inglese], che è un formidabile missile balistico a corto raggio, mobile, da superficie a superficie (terra-terra), in grado di trasportare testate nucleari e convenzionali e ritenuto altamente manovrabile nell’ultimo tratto della traiettoria, consentendogli di fatto di aggirare le difese contraeree nemiche.)
Senza dubbio, Kim ha segnalato a Trump che la pazienza di Pyongyang ha dei limiti, e Washington farebbe meglio a tornare al tavolo dei negoziati e ad abituarsi alla realtà che Pyongyang non accetterà il pieno disarmo.
Trump, naturalmente, non ha altra scelta che minimizzare l’ultima serie di lanci missilistici nordcoreani, anche sapendo che è in frantumi il suo racconto del successo con Kim come eccezionale trofeo di politica estera della sua presidenza. In un tweet [in inglese] in tre parti, Trump ha detto:
Ci può essere una violazione delle Nazioni Unite, ma il presidente Kim non vuole deludermi con una violazione della fiducia. La Corea del Nord ha troppo da guadagnare – il potenziale di un paese, sotto la guida di Kim Jong Un, è illimitato.
Trump ha poi continuato a lodare Kim, dicendo che ha una “grande e meravigliosa visione per il suo paese” e che, cosa importante, questa visione può essere realizzata solo se Trump rimane presidente. Trump ha concluso: “lui (Kim) farà la cosa giusta perché è troppo intelligente per non farlo, e non vuole deludere il suo amico, il presidente Trump!”
Chiaramente, la reazione di Trump riflette che il suo approccio alla Corea del Nord pone ancora l’accento sulla diplomazia personale. Trump pensa che Kim si innamorerà della sua adulazione e della sua offerta di aiutare l’economia nordcoreana.
L’approccio dell’amministrazione Trump alla Corea del Nord e quello all’Iran non hanno nulla in comune. Trump è molto più prudente riguardo a Pyongyang, e mostra molta più libertà. Naturalmente, la differenza fondamentale è che la Corea del Nord è uno stato dotato di armi nucleari in grado di organizzare un attacco alla costa occidentale degli Stati Uniti e di mettere in pericolo le basi statunitensi del Pacifico e nell’Estremo Oriente, dove sono schierati oltre centomila militari americani. Inoltre, ciò che rende esplosivo il problema della Corea del Nord è che in realtà il paese dispone di una scorta di armi nucleari, mentre, in confronto, lo stallo tra Usa e Iran non riguarda in realtà la non proliferazione nucleare, ma l’ascesa dell’Iran come potenza regionale.
Sicuramente, la diplomazia statunitense avrebbe difficoltà ad affrontare il fronte nordcoreano se diventasse cinetico, in un momento in cui lo stallo degli Stati Uniti con l’Iran sta entrando anch’esso in una fase pericolosa. Il lancio del missile della Corea del nord di oggi è stato supervisionato da Kim di persona. Questo implica che l’adulazione di Trump non ha avuto alcun effetto su Kim, che ha il suo elaborato piano di gioco.
Cosa succederebbe se la Corea del Nord aumentasse la pressione nei prossimi mesi, perfino mentre la campagna di Trump per la rielezione stesse cambiando marcia? Il tempo stringe, e il momento della crisi arriverà alla fine di questo mese. Pyongyang sostiene che se gli Stati Uniti procederanno con la prevista esercitazione militare con la Corea del Sud in agosto, Washington violerà l’accordo tra Kim e Trump. Infatti, se le esercitazioni vanno avanti, tutte le scommesse sono annullate. Pyongyang può reagire ponendo fine alla sospensione dei test e degli esperimenti nucleari e ICBM.
Sia la Corea del Nord che l’Iran sono entrambi astuti osservatori delle vicissitudini della politica regionale e mondiale. Pertanto, anche se sembra improbabile che la Corea del Nord e l’Iran si muovano di pari passo nell’affrontare Trump, tale probabilità non può essere eliminata. Per essere sicuri, lo stallo USA-Iran ha creato più spazio a Pyongyang per manovrare, proprio come ha già fatto la Cina con gli Stati Uniti. E Kim ne è consapevole.
D’altra parte, finché tutto è stato tranquillo sul fronte nordcoreano, l’amministrazione Trump ha avuto una mano relativamente libera per concentrarsi sul fronte iraniano. Ma se entrambi i fronti prendessero vita simultaneamente, diventerebbe una nuova partita. Per pura coincidenza, in agosto, una tale situazione potrebbe sorgere con l’Iran che pianifica di fare la sua terza mossa per prendere le distanze dal JCPOA, e con la Corea del Nord che sfida lo svolgimento delle esercitazioni annuali militari USA-ROK.
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Articolo di M. K. Bhadrakumar apparso su The Iranian il 13 agosto 2019
Traduzione in italiano di Pappagone per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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