Il 28 novembre, sessantatré senatori statunitensi hanno votato a favore dell’inizio di una discussione su una risoluzione che chieda la fine del diretto coinvolgimento delle Forze Armate statunitensi nella guerra guidata dalla coalizione di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti allo Yemen. Descrivendo il voto come un rimprovero all’Arabia Saudita e all’Amministrazione Trump, l’AP ha parlato [in inglese] dell’insoddisfazione del Senato per la risposta dell’amministrazione alla brutale uccisione di Jamal Khashoggi il mese scorso. Poco prima del voto al Senato, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha parlato delle attuali obiezioni alle relazioni degli Stati Uniti con l’Arabia Saudita come del “miagolare di Capitol Hill” e di “un attacco concentrico dei media.

Il “miagolare” di Capitol Hill riflette anni di decise pressioni di gruppi della società civile per porre fine al coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra allo Yemen, ed è alimentato anche dalla crescente indignazione internazionale per gli ultimi tre anni di guerra, in quanto si stima abbiano causato la morte di 85.000 [in inglese] bambini yemeniti di meno di cinque anni .

Quando i bambini letteralmente scompaiono e quattordici milioni di persone  convivono [in inglese] con la carestia provocata dal conflitto, sicuramente un’accorata protesta – sì, un miagolio – dovrebbe alzarsi in tutto il mondo.

Come possiamo capire cosa significherebbe per gli Stati Uniti avere quattordici milioni di persone che muoiono di fame? Immaginiamo di sommare le popolazioni di New York, Chicago e Los Angeles, e che in queste città ci siano solo lente e dolorose agonie per il fatto che una persona su due soffre [in inglese] la fame. Avremo così un’idea della sofferenza dello Yemen.

Gli attivisti pacifisti hanno costantemente sfidato i loro rappresentanti eletti a riconoscere e a porre fine alle orribili conseguenze del moderno conflitto nello Yemen, dove il bombardamento di interi quartieri ha creato milioni di profughi e gli attacchi aerei quotidiani hanno preso di mira direttamente le infrastrutture dello Yemen impedendo, così, la distribuzione del cibo, dell’acqua potabile, del carburante e del denaro disponibile. La guerra distrugge la gente con i  bombardamenti aerei ed i combattimenti sul campo tanto quanto l’altra insidiosa guerra economica.

Gli yemeniti vengo strangolati da sanzioni ed embarghi che provocano di conseguenza il mancato pagamento degli stipendi governativi, inflazione, perdite di posti di lavoro e diminuzione o scomparsa dei redditi. Anche quando vi è disponibilità di cibo, i comuni yemeniti non possono permetterselo.

La fame viene usata come arma di guerra dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti, e dalle élite alla testa delle superpotenze, tra cui gli Stati Uniti, che armano e condizionano entrambi i paesi.

Durante i tredici anni di sanzioni economiche contro l’Iraq – quelli tra la Prima e la Seconda Guerra del Golfo guidate dagli Stati Uniti – mi unii ad attivisti statunitensi e britannici che si recavano in quel paese disobbedendo apertamente alle sanzioni economiche.

Volevamo resistere alle politiche statunitensi e britanniche in quanto indebolivano l’opposizione al regime iracheno più di quanto non indebolissero Saddam Hussein. Leader apertamente democratici erano pronti a sacrificare brutalmente bambini di meno di cinque anni per raggiungere i loro obiettivi. I bambini morivano prima a centinaia, poi a migliaia, e infine [in inglese] a centinaia di migliaia. Seduta in un reparto pediatrico di Baghdad, ho sentito un membro della delegazione, una giovane infermiera del Regno Unito, iniziare a recepire la crudeltà inflitta a madri e bambini.

“Credo di capire”, mormorò Martin Thomas, “È un braccio della morte per bambini”. I bambini esalavano gli ultimi respiri mentre i loro genitori pativano, istante dopo istante, un’angoscia montante. Dovremmo sentirci ancora in colpa per quelle brevi vite spezzate.

Essi morirono in mezzo ad un silenzio fosco e minaccioso da parte dei media mainstream e dei politici statunitensi più votati. A Capitol Hill non si udì nessun miagolio. Ma, in tutto il mondo, le persone iniziarono a comprendere che i bambini stavano pagando il prezzo di politiche terribilmente sbagliate, e così milioni di persone si opposero alla Seconda Guerra del Golfo  del 2003.

Ma le politiche violente e grette vanno avanti. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno generato situazioni di conflitto permanente solo per poter sfruttare massicciamente risorse al di fuori dei loro territori.

Durante e dopo la Primavera Araba, numerosi yemeniti resistettero [in inglese] a misure di austerità pericolosamente ingiuste, che il Consiglio di Cooperazione del Golfo e gli Stati Uniti insistettero per imporre. La professoressa Isa Blumi[in inglese] avendo constatato che generazioni di combattenti yemeniti si sono rifiutati di accettare invasioni e interventi stranieri, ha raccolto le prove che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ora guidano la guerra allo Yemen solo per far progredire i loro interessi finanziari.

Nel caso dell’Arabia Saudita, Blumi afferma che, sebbene il principe ereditario Mohammad bin Salman voglia autorizzare una IPO (Initial Public Offering) [Offerta pubblica iniziale] per la compagnia petrolifera statale saudita Aramco, probabilmente nessun grande investitore vi parteciperà. I grandi investitori sanno che i sauditi pagano prontamente le loro importazioni, compresi i miliardi di dollari in armamenti, perché stanno esaurendo le risorse all’interno del proprio territorio. Questo, in parte, spiega gli sforzi disperati per prendere il controllo delle riserve petrolifere offshore dello Yemen e di altre attività strategiche.

Recenti sondaggi indicano [in inglese] che la maggior parte degli americani non è a favore della guerra degli Stati Uniti allo Yemen. Sicuramente, la nostra sicurezza non aumenta se gli Stati Uniti continuano a fondare la propria politica estera sulla paura, il pregiudizio, l’avidità, e la schiacciante forza militare. I movimenti che hanno spinto il senato degli Stati Uniti a rifiutare la condotta estera americana sull’Arabia Saudita e la sua guerra allo Yemen continueranno a far sentire la propria voce. Collettivamente, lavoreremo per sollevare il grido di dolore, facendo pressioni sui media e sulla società civile per insistere sul fatto che massacrare bambini non risolverà mai i problemi.

Kathy Kelly, co-coordinatrice di Voices for Creative Nonviolence

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Articolo di Kathy Kelly apparso su Information Clearing House il 30 novembre 2018
Traduzione in italiano di Pier Luigi S. per SakerItalia

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