Il presidente del Comitato per la Politica Estera e la Sicurezza Nazionale dell’Assemblea Consultiva Islamica dell’Iran, Heshmatollah Falahatpisheh, ha dichiarato che l’Iran sta compiendo ogni sforzo possibile, insieme con l’India, la Russia e le nazioni dell’Asia centrale e del Caucaso, per iniziare una campagna regionale congiunta contro il terrorismo. Ha sottolineato che solo con l’aiuto di tali sforzi congiunti si può combattere il terrorismo, la piaga del XXI secolo, utilizzato dall’amministrazione degli Stati Uniti per i suoi scopi militari. E, salvando i rimanenti mercenari dell’ISIS e inviandoli in paesi adiacenti alla Siria, gli Stati Uniti cercano di mantenere una pressione costante sui governi mediorientali che si oppongono loro.
È importante ricordare che Teheran non tiene affatto conto di Riyadh per risolvere questo problema. Secondo il vice-comandante del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC), generale di brigata Hossein Salami, l’Arabia Saudita è il “cuore del male” nella regione e nel mondo.
Gli iraniani si appellano alla lotta attiva contro il terrorismo, e coloro che sostengono l’instabilità perpetua in Medio Oriente sono ben radicati, e inquietanti realtà danno loro ulteriore credibilità. Molti politici lucidamente hanno condannato la “duplicità” di Washington dopo che, di recente, sono apparsi sempre più rapporti sul fatto che l’amministrazione del presidente Donald Trump si stesse sforzando per promuovere la vendita di tecnologie nucleari in Arabia Saudita. Non c’è bisogno di dire come, ogni giorno che passa, sia diventato sempre più chiaro ciò che il mondo intero ha sempre saputo: né le questioni dei diritti umani, né i programmi nucleari sono vere cause di preoccupazione per gli Stati Uniti mentre stanno perseguendo la loro linea di politica estera per i paesi mediorientali, e principalmente, verso la loro nazione satellite dell’Arabia Saudita. L’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi a Istanbul per mano dei servizi segreti sauditi, e il fatto che il presidente Donald Trump abbia condonato questo atto disumano sono tutti esempi che esibiscono due pesi e due misure in relazione alle questioni dei diritti umani.
È interessante notare che dopo la morte del giornalista saudita, la Camera dei rappresentanti e il Senato hanno adottato risoluzioni che limitano la partecipazione degli Stati Uniti alle operazioni militari della coalizione, guidata dall’Arabia Saudita, svolte durante la guerra civile yemenita. Inoltre, il Senato ha approvato la risoluzione in seguito ad un voto che rifletteva il sostegno schiacciante all’idea che il principe ereditario Mohammad Bin Salman fosse effettivamente il responsabile principale dell’omicidio di Jamal Khashoggi.
Per inciso, le dichiarazioni di Mohammad Javad Zarif hanno seguito le asserzioni al Congresso secondo cui l’amministrazione di Donald Trump stava tentando di eludere il Congresso degli Stati Uniti nei propri tentativi di consegnare tecnologie nucleari abbastanza sensibili e pericolose all’Arabia Saudita. Il Comitato della Camera per la Supervisione e la Riforma ha pubblicato un rapporto in cui si affermava: “Sono necessarie ulteriori indagini per determinare se le azioni perseguite dall’amministrazione Trump siano nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti o, piuttosto, se servano a coloro che guadagnerebbero finanziariamente dal risultato di questo potenziale cambiamento nella politica estera degli Stati Uniti”. Il rapporto di 24 pagine afferma che la cooperazione tra l’amministrazione Trump e l’Arabia Saudita solleva seri interrogativi sulla sua stessa natura. Il documento evidenzia che “gli sforzi all’interno della Casa Bianca per accelerare il trasferimento di tecnologia nucleare statunitense altamente sensibile verso l’Arabia Saudita” sono “in potenziale violazione dell’Atomic Energy Act”. Il rapporto include documenti, e-mail e una serie di questioni sollevate dall’ex consigliere per la sicurezza nazionale, Herbert McMaster, dagli avvocati della Casa Bianca e dalle talpe che sono all’interno dell’amministrazione Trump.
Gli informatori delle agenzie di intelligence statunitensi hanno messo in guardia sulle potenziali ramificazioni politiche di questo accordo. Le testimonianze delle talpe hanno anche rivelato aspetti interessanti della situazione nell’Amministrazione presidenziale: “Hanno avvertito dei conflitti di interesse tra i principali consiglieri della Casa Bianca che potrebbero implicare violazioni delle leggi criminali federali. Hanno anche messo in guardia su un ambiente di lavoro all’interno della Casa Bianca caratterizzato da caos, disfunzioni e maldicenze”.
Il Comitato della Camera ha concluso che l’accordo con i sauditi per il trasferimento di tecnologia nucleare viola le leggi degli Stati Uniti e, inoltre, manca di trasparenza. Inoltre, i membri del Congresso hanno affermato che, nonostante tutto, “la Casa Bianca sembra procedere” anche adesso con il trasferimento di tecnologie nucleari sensibili all’Arabia Saudita.
Alla luce di questi eventi, l’amministrazione degli Stati Uniti come potrebbe prendere posizioni su azioni apparentemente illecite, intraprese da Iran e Corea del Nord?
È risaputo che nel maggio dello scorso anno, Donald Trump, unilateralmente e in violazione della legge internazionale, si è ritirato dall’importante accordo nucleare, firmato dall’Iran e da sei potenze mondiali, e ha annunciato che le sanzioni contro Teheran, rimosse come parte di questo accordo nucleare, sarebbero state ripristinate. Persino ora gli Stati Uniti stanno ancora facendo pressione sui firmatari europei del trattato, noto come Piano d’Azione Globale Congiunto. L’alto rappresentante dell’UE per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, ha dichiarato che le nazioni europee (cioè i firmatari) sono decise a continuare ad attuare gli “impegni relativi al nucleare” perché questo “è vitale per la propria sicurezza e per la sicurezza della regione”. L’Iran ha sempre sostenuto di non avere intenzione di sviluppare armi nucleari, e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha più volte confermato la natura pacifica del programma nucleare civile iraniano.
Persino l’oratore della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, ha descritto come “completamente sbagliato l’approccio dell’amministrazione statunitense del presidente Donald Trump nei confronti dell’Iran, incluso il suo ritiro dall’accordo nucleare iraniano”. Nancy Pelosi ha espresso la sua opinione su questo tema in modo abbastanza diplomatico, mentre i nemici giurati di Donald Trump, i democratici, hanno usato un linguaggio molto più duro e meno educato, e hanno annunciato, qualora arrivassero al potere, una revisione della posizione politica sulla vicenda iraniana dell’amministrazione attuale.
Com’è normale, pochi giorni dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo, il principe ereditario Mohammad Bin Salman Al Saud ha detto in un’intervista alla CBS [in inglese] che il Regno avrebbe intenzione di acquistare armi nucleari nel caso l’Iran si fosse mossa in questa direzione. E ci sono prove convincenti che sostengono ciò. Molti osservatori politici considerano la visita recentemente effettuata dal principe ereditario in Pakistan come un tentativo da parte di Riyadh di mettere le mani su armi e tecnologie nucleari da Islamabad. La generosità senza precedenti dimostrata dai sauditi sostiene questa ipotesi, poiché Mohammad Bin Salman Al Saud, il leader non ancora incoronato dell’Arabia Saudita, personalmente e senza alcun preambolo firmò una serie di accordi con la leadership pakistana per una somma, mai vista prima, di 20 miliardi di dollari. Al Pakistan sono stati offerti progetti di raffinazione del petrolio e di costruzione di porti in acque profonde. Inoltre, Islamabad riceverà privilegi senza precedenti nell’acquisto di petrolio e derivati dall’Arabia Saudita.
Per inciso, questa storia ci ricorda la visita nel nostro paese da parte del Principe saudita Bandar che, durante l’incontro con Vladimir Putin, ha tentato di acquistare l’intera nazione russa per 15 miliardi di dollari. La somma messa in campo in questo caso è molto più consistente, quindi a cosa dovrebbe servire? Un recente attacco terroristico alle forze armate iraniane vicino al confine con il Pakistan, che ha provocato la morte di 27 militari del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), potrebbe far luce su tutti questi accordi tra Pakistan e Arabia Saudita. Il comandante in capo dell’IRGC, Ali Jafari, ha accusato l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti di aver commesso questo crimine, e ha anche criticato il Pakistan per non aver salvaguardato il suo confine con l’Iran. Un’indagine, condotta da iraniani, ha rivelato che i terroristi erano cittadini pakistani e hanno attraversato il confine dal Pakistan.
Inoltre, articoli che sono pubblicati regolarmente dai media globali, riferiscono che Islamabad sarebbe pronta a consegnare la tecnologia nucleare, una vera bomba nucleare e i suoi ingegneri all’Arabia Saudita. Ci sono anche voci non verificate secondo cui Riyadh ha già acquistato bombe atomiche, ma che sono ancora conservate nell’arsenale nucleare pakistano.
Tutti questi fattori mostrano chiaramente ed esplicitamente che l’intreccio politico fra Stati Uniti e Arabia Saudita continua ancora a destabilizzare l’intero Medio Oriente e che, naturalmente, non è nell’interesse delle persone che vivono nella regione.
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Articolo di Viktor Mikhin pubblicato su New Eastern Outlook il 10 marzo 2019
Traduzione in italiano di Pappagone per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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