Nonostante la sfacciata provocazione, la Russia deve continuare verso il traguardo.
Praticamente sotto i riflettori, la Turchia ha rivendicato l’abbattimento di un caccia russo Sukhoi Su-24. Il New York Times, nel suo articolo: “La Turchia abbatte un caccia russo presso il confine siriano” dice che:
Martedì, aerei da combattimento turchi di pattuglia presso il confine siriano hanno abbattuto un caccia russo entrato nello spazio aereo turco, una escalation temuta da tempo che potrebbe ulteriormente peggiorare le relazioni fra la Russia e l’Occidente.
L’escalation è “temuta da tempo” non perché il governo turco tema veramente che gli aerei russi che attraversano il confine siano una minaccia per la nazione, ma perché la Russia sta mettendo fine alla guerra per procura della NATO (una guerra per procura condotta in parte dalla Turchia stessa), con operazioni militari condotte insieme alla Siria, contro l’auto-proclamatosi “Stato Islamico” (ISIS) e le formazioni terroriste che lo sostengono.
Oltre a filmare l’aereo che cadeva in fiamme, i terroristi operanti nella regione, hanno presumibilmente raggiunto il corpo del pilota morto subito dopo l’incidente, secondo la Reuters.
Mentre la Turchia continua a sostenere che si è trattato solo di autodifesa (o magari difesa dei terroristi che sta sponsorizzando), in realtà è stato un gesto contro un aereo di una nazione che non aveva nessuna intenzione di attaccare il suo territorio. Sembra invece che la Turchia stesse tenendo d’occhio i velivoli che operavano su rotte ricorrenti e ne abbia abbattuto uno nel momento giusto per ottenere il massimo risultato politico.
La Russia continua verso il traguardo
Nelle ultime settimane, grazie al supporto aereo russo, l’esercito siriano ha riconquistato grosse porzioni di territorio all’ISIS, al-Qaeda e alle altre formazioni terroriste. L’Esercito Arabo Siriano (SAA) ha anche iniziato l’avvicinamento al fiume Eufrate, ad est di Aleppo, cosa che isolerebbe completamente l’ISIS dalle sue linee di rifornimento provenienti dalla Turchia.
Da qui le truppe siriane potrebbero muovere verso nord, in quella stessa “zona di sicurezza” che gli Stati Uniti e il suo alleato turco non sono mai riusciti ad istituire, dopo averla sognata a lungo, all’interno dei confini siriani. Questa “zona di sicurezza” comprende una regione nella Siria settentrionale che va da Jarabulus, presso la sponda occidentale dell’Eufrate, fino ad Afrin e ad-Dana, circa 90-100 Km. ad ovest.
Una volta ripreso il controllo di questo territorio da parte delle truppe siriane, la prospettiva per l’Occidente di compiere un’incursione all’interno della Siria, prendere possesso di una regione e comprometterne l’integrità territoriale, sarebbe persa per sempre. Tutte le ambizioni occidentali verso il regime di Damasco dovrebbero essere sospese a tempo indeterminato.
La fine del gioco si avvicina, e solo con misure disperate si può pensare di impedire a Russia e Siria di mettere finalmente in sicurezza il confine siriano. La provocazione turca è proprio una di questa misure.
Il momento, il luogo e il metodo della risposta russa alla Turchia è qualcosa che solo il Cremlino conosce. In ogni caso, tutte le azioni russe sul palcoscenico internazionale sono state finora serie e ponderate, e la cosa ha permesso a Mosca di avvantaggiarsi sull’Occidente in ogni circostanza e nonostante ogni sua provocazione.
Per il governo turco, che è riuscito solo a collezionare fallimenti nella sua guerra per procura alla Siria, che è stato preso con le mani nel sacco a progettare provocazioni false flag per poter farle guerra in modo diretto e senza intermediari, di cui sono noti gli interessi nel sostenere (e non nel combattere) l’ISIS, la prospettiva è quella che una risposta russa, diretta o indiretta e in qualsiasi forma essa si presenterà, lo renderà sempre più isolato.
Fino ad allora, la scelta migliore per la Russia è quella di continuare semplicemente a vincere la guerra. Conquistare il corridoio Jarabalus-Afrin e fortificarlo contro le incursioni della NATO, e allo stesso tempo tagliare fuori l’ISIS e gli altri gruppi terroristi in Siria sarebbe probabilmente la risposta peggiore (per la Turchia) fra tutte quelle possibili. Con la Siria messa in sicurezza, nel Medio Oriente si verrebbe a creare una zona di influenza alternativa che finirebbe inevitabilmente con l’indebolire le operazioni nello Yemen dell’Arabia Saudita e della altre petro-monarchie del Golfo e, in senso più ampio, darebbe inizio al crollo irreversibile dell’egemonia occidentale nella regione.
L’Occidente, già estromesso dall’Asia per colpa della Cina, soffrirà molto mentre il mondo perde la sua identità unipolare, regione dopo regione.
Nel gioco degli scacchi, un giocatore fa una serie di mosse per cercare di provocare l’avversario. Più nervoso diventa il contendente, più è facile controllare lo sviluppo del gioco. Allo stesso modo, in geopolitica e in guerra, le emozioni possono ammazzare, ma possono anche essere incanalate in una strategia di livello superiore, che pianifichi a breve termine ma che tenga conto anche degli obbiettivi finali. La Russia ha più volte dato prova di essere in grado di mantenere questo equilibrio, ed ora deve dimostrarlo di nuovo.
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Articolo di Tony Cartalucci pubblicato su New Eastern Outlook il 24 Novembre 2015
Tradotto in Italiano da Mario per Sakeritalia.it
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