I Siriani e i Turchi sono, riguardo alla sicurezza, sull’orlo di una intesa senza precedenti, i cui dettagli non sono ancora chiari, che ne porterà un’altra, politica. Ma già il suo titolo, senza alcuna sorpresa, mostra il compromesso: i Turchi si ritirano da Aleppo e chiudono i valichi settentrionali usati da alcuni dei gruppi armati (quelli più importanti) in cambio del permesso dato alle forze armate turche di distruggere il progetto dei Curdi in Siria. In altre parole, la città di Aleppo va alla Siria e il cadavere del progetto curdo in Siria va alla Turchia.
Il discorso che Erdogan tenne in Gaziantep, vicino al confine siriano, fu il primo in cui egli non menzionò né il Presidente siriano Bashar Al-Assad né l’esercito siriano. Invece lui attaccò il PKK e disse: “il nostro obiettivo è quello di estirparlo”.
Le basi di questo scambio sono state messe sul tavolo durante gli incontri fra i funzionari della sicurezza. I Turchi, in quella che consideravano una iniziativa preliminare della loro parte e su suggerimento dei Russi e degli Iraniani, avevano informato Damasco sulla loro operazione a Jarablus il 16 agosto, una settimana prima che i carri armati turchi partissero da Qarqamish in direzione di Jarablus. Per la cristallizzazione di questa intesa, un sacco di altri dettagli devono ancora essere appianati in ulteriori incontri, per i quali è stato definito il calendario. Quindi, dopo Baghdad, ci sarà un incontro a Damasco e poi un altro a Mosca e, forse, ancora uno a Istanbul. E, secondo fonti arabe autorevoli, la capitale irachena ha ospitato lo scorso giovedì [il 25 agosto] una riunione trilaterale sulla sicurezza a cui hanno partecipato rappresentanti del Ministero della Difesa e del controspionaggio militare iracheni, tre alti funzionari siriani del controspionaggio, e una delegazione della difesa turca guidata da Hakan Fidan, il capo del controspionaggio turco (MIT). I funzionari siriani sono arrivati nella capitale irachena accompagnando una delegazione diplomatica siriana guidata dal Ministro degli Esteri siriano Walid al-Muallim, il quale non ha partecipato ai negoziati, limitati ai funzionari di sicurezza e non ai diplomatici. Secondo le fonti arabe, i partecipanti hanno espresso molta fiducia verso l’apertura di una nuova pagina sulla mutua cooperazione e verso la possibilità di ritornare alla coordinazione reciproca sui temi di sicurezza, specialmente in relazione al PKK e alle sue attività in Siria.
In apertura della riunione, la delegazione turca ha chiesto informazioni su sette funzionari turchi che combattevano con l’opposizione armata siriana e di cui il controspionaggio turco aveva perso i contatti fin dal febbraio dell’anno scorso. È ben noto che appartenenti alle forze speciali turche erano coinvolti direttamente nei combattimenti contro l’esercito siriano a Latakia, a Idlib e ad Aleppo est, e che un certo numero di essi era stato ucciso durante quelle operazioni, ma la loro morte non è stata annunciata ufficialmente dallo Stato Maggiore turco. Numerosi operativi turchi, partecipanti effettivi alla cosiddetta Grande Epopea di Aleppo, furono assediati nella città finché, per evacuarli, ondate successive di attentatori suicidi del Partito Islamico Turcomanno, a guida del controspionaggio turco, riuscirono ad aprire un passaggio nella parte meridionale della città, a Ramouseh.
Ci sono voci sulla presentazione di documenti ai Turchi da parte dei siriani riguardanti quattro operativi turchi catturati vivi nella battaglia di Aleppo, e tenuti in custodia dall’esercito e dal controspionaggio siriani. I Siriani hanno negato di avere alcuna informazione sui rimanenti tre operativi con cui il controspionaggio turco ha perso il contatto, ma hanno promesso di lavorarci per ottenere informazioni su di loro.
Ci sono anche altre voci sulle istruzioni ricevute dalle delegazioni turca e siriana, i cui piani alti dei loro dipartimenti hanno ordinato di mostrare il più alto grado di cooperazione e di mettere sul tavolo ogni dossier. La delegazione siriana ha informato la sua dirigenza di aver ricevuto la netta impressione che i Turchi volessero sviluppare la cooperazione e stipulare un accordo il prima possibile. Inoltre la riunione di Baghdad sarà seguita la prossima domenica [il 4 settembre] da un’altra a Damasco in cui sarà dato un ruolo nei negoziati anche agli Iraniani, insieme a Turchi, Iracheni e Siriani.
In questa cornice, si parla dell’innalzamento del livello dei negoziati nei giorni successivi alla firma dell’intesa sui princìpi base, e si ritiene che Mosca ospiterà martedì 6 settembre Ali Mamlouk, il capo dell’Ufficio per la Sicurezza Nazionale siriano, in modo che egli possa aggiornare i Russi sui risultati delle riunioni in corso fra Turchi, Siriani, Iraniani e Iracheni. È prevista anche una riunione fra le stesse delegazioni russa e siriana.
A detta di fonti autorevoli arabe, i Siriani e i Turchi hanno fatto un accordo preliminare secondo il quale Damasco, che ha annunciato di considerare il PKK come organizzazione terroristica durante gli scontri avuti ad Hasaka la scorsa settimana contro la YPG, si impegna a continuare a considerare come terroristiche tutte le fazioni armate curde nel nord della Siria. Damasco si impegna anche ad interrompere i rifornimenti di armi e il sostegno a due fazioni curde nel cantone di Afrin, così come a qualsiasi fazione che coopera con il PKK.
In cambio, i Turchi si impegnano a fermare il riarmo e il sostegno alle fazioni armate che combattono contro l’esercito siriano ad Aleppo, e si dichiareranno d’accordo a designare come terroriste le fazioni presenti nelle liste russe.
Ankara premerà su tre risoluzioni internazionali che esortino la Turchia a chiudere quei valichi con la Siria usati dai terroristi. Risponderà anche alla richiesta fatta dalla Russia fin dalla conferenza di Ginevra del novembre scorso, che finora ha ostacolato insieme a Stati Uniti ed Arabia Saudita. In quella stessa conferenza fu assegnato alla Giordania il compito di compilare per conto delle Nazioni Unite la lista dei gruppi terroristici, ed essa non fu in grado di andare oltre ai colloqui con i ministri degli interni dei paesi confinanti con la Siria e non riuscì, in definitiva, a produrre la lista dei terroristi a causa dell’opposizione dell’Arabia Saudita.
L’accordo include anche lo studio di diversi meccanismi per il controllo dei valichi di confine, per i quali la Turchia si troverà d’accordo a permetterne la supervisione a funzionari e unità russi.
È chiaro che questo tipo di accordo fra le parti avrebbe dovuto avvenire molto prima, ed è ciò di cui c’era bisogno fin dall’inizio della crisi, vale a dire il ritornare, sia politico che militare, di Damasco allo spirito degli accordi di Adana e il prevenire lo stabilirsi di una base per il PKK nel nord della Siria, da cui esso possa attaccare il territorio turco. In cambio di ciò, la Turchia abbandona le ambizioni, apertamente ammesse, su Aleppo, e termina il sostegno ai gruppi armati che formano la punta di diamante nella lotta contro l’esercito siriano soprattutto nel nord della Siria.
C’è da dire che i Turchi hanno fatto un primo passo per separare l’opposizione moderata dai gruppi estremisti. Il recente spostamento turco di migliaia di combattenti dai fronti di Aleppo e Idlib rappresenta un’iniziativa della Turchia per separare le fazioni che essa guida direttamente dai gruppi estremisti con cui esse si coordinavano. La Turchia ha spostato a Jarablus centinaia di guerrieri prelevandoli dai resti del Fronte Siriano Rivoluzionario, controllato dal suo uomo a Idlib, quel Jamal Maarouf che controlla ancora 4.000 militanti. La Turchia ha richiamato anche le ali principali del Fronte del Levante dopo il disaccordo di quest’ultimo con Jaish al-Fateh riguardo le operazioni ad Aleppo. Il controspionaggio turco ha ritirato anche la “Divisione 13” e le brigate turcomanne operanti originariamente lungo il confine turco-siriano, in particolare nelle campagne a nord di Latakia, a Jarablus e suoi dintorni rurali. Queste brigate includono Liwa Murad Al-Rabe’, Sultan Salim, Estakem Kama Umert e altri gruppi interni a Ahrar al-Sham e a Faylaq al-Sham che sono vicini al controspionaggio turco. Ma i gruppi principali come Jaish al-Fateh, Jaish al-Majahideen e il Partito Islamico Turcomanno sono ancora posizionati nelle scuole militari di Aleppo e nel crocevia di Ramouseh.
È presumibile che questo accordo dovrà affrontare la questione del ruolo americano, ed è improbabile che, senza l’approvazione statunitense, la Turchia sia capace di proseguire nella sua intesa e coordinazione con i Russi, gli Iraniani e i Siriani, cioè l’asse della resistenza. Resta discutibile l’abilità di Erdogan di passare dalla posizione tradizionale e storica di opposizione all’asse della resistenza, e di ribellarsi contro Washington.
Si può dubitare su quanto possano essere rispettati gli impegni presi dai Turchi nel momento in cui si sono sentiti traditi dal loro alleato americano, e su di loro ha preso il sopravvento l’ossessione con i Curdi.
Ad oggi, necessitano ancora di tanto tempo le indicazioni reali sul cambiamento della posizione turca sul terreno, specie ad Aleppo. Tuttavia ci sono segnali che indicano il disagio degli Americani per il riavvicinamento turco-iraniano-russo, e si parla di un ordine dato alle loro agenzie di non fornire più ai Turchi informazioni militari e di sicurezza riguardanti la Siria. Inoltre, i bombardieri statunitensi non parteciperanno in nessuna incursione aerea mirata sui Curdi e ai loro alleati nelle aree ad ovest dell’Eufrate, a Manbij e nelle campagne di Jarablus, il che contraddice i loro impegni originali, suggeriti ad esempio dal tono minaccioso di Joe Biden verso i Curdi nella sua recente visita ad Ankara, impegni che hanno iniziato a dissiparsi alle prime schermaglie turco-curde vicino al villaggio di Al-Amarenah e alla distruzione dei primi due carri armati turchi da parte dei Curdi.
Ma la vera guerra turco-curda deve ancora cominciare.
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Articolo di Mohammad Ballout apparso su Assafir il 29 agosto 2016
Traduzione dall’arabo in inglese di Yalla La Barra del 30 agosto 2016
Traduzione in italiano di Fabio_San per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
Se le cose stanno come le leggo in quest’articolo, mi sembra si possa dire che erdogan, a parte sempre possibili ripensamenti, si stia davvero schierando dalla parte dei russi e dei siriani.
Ottima notizia!
Ora bisogna vedere come reagiranno gli ammericani. Per il momento hanno deciso di non partecipare coi loro aerei alla guerra di erdogan contro i curdi…ottimo!
Questo, però, significa che intendono ancora utilizzare i curdi, poi hanno la cosiddetta “opposizione moderata” e, naturalmente i loro amici del califfato.
Comunque, rispetto a qualche mese fa, mi sembra che la situazione prometta sviluppi interessanti e positivi per la siria e i suoi alleati.
Se davvero c’è un qualche accordo tra siria e turchia (e, quindi, russia) vanno a farsi friggere tutte le ipotesi sul finto golpe, sul finto avvicinamento tra turchia e russia, nonché la delusione di chi sperava che, di fronte all’avanzata turca, i russi sparassero missili e quant’altro per respingerli.
Non credo che erdogan stia facendo il doppio gioco…sarebbe assurdo che rovinasse di nuovo i rapporti con la russia appena ripresi.
In tutta questa situazione mi dispiace un po’ per i curdi …ma non più di tanto visti i loro ottimi rapporti con gli ammericani….farebbero meglio, anche loro, a riavvicinarsi ai russi.
Ragazzi, non perdetevi questa immagine del G20 in Cina e conservatela perché è più
eloquente di 1000 parole: all’estrema destra Putin che confabula con Erdogan, a sinistra Obama che si sporge a guardarli infastidito, infine, il nostro premier che allunga il collo come un tacchino….
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Si tratta del noto “linguaggio del corpo” di Obama.
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il nostro premier che allunga il collo come un tacchino….
piano con le bestemmie……..quello non ci rappresenta,quello rappresenta i nostri oligarchi itagliani subordinati agli amerikani.
infatti è sull’attenti dietro al premio nobel….x la pace……
sembra una barzelletta.