La zona di sicurezza che l’America intende stabilire in Siria è destinata al fallimento presto o tardi. Come si può fare quest’asserzione e su cosa può essere basata? Bene, sulle due cose veramente importanti: la storia e i fatti sul terreno.
I continui e forzati azzardi che l’America ha condotto per settant’anni dai tempi della Seconda Guerra Mondiale sono tutti falliti, senza eccezione. Anche se l’America ha imparato una grossa lezione in Vietnam ed è andata in Iraq più preparata; non solo in termini di potenza di fuoco, ma anche di controllo dei media e di manipolazione dell’opinione pubblica, anche lì ha fallito. E pensare che aveva imparato anche dagli sbagli dell’URSS in Afghanistan, e adottato tattiche militari più letali ed efficaci, anche queste hanno fallito. Quindi perché mai un presunto esercito di circa 30.000 combattenti curdi dell’YPG con un mal definito sostegno americano dovrebbe avere successo dove forze molto più grandi non sono riuscite?
Ma non solo quest’esercito che l’America sta cercando di costruire è molto meno potente di altri precedenti, ma è anche circondato da molti più nemici.
Quindi andiamo bene. Si confronti con quello che è successo nel 2003 in Iraq quando l’America lo invase, aveva oltre 150.000 soldati, equipaggiamento militare allo stato dell’arte, un’enorme flotta multinazionale di navi da attacco e un immenso schieramento di caccia e di bombardieri, un budget illimitato e nessun reale esercito iracheno né una resistenza da fronteggiare. Eppure, in pochissimo tempo, nacque un’”insurrezione” dal nulla che trasformò la vita sul suolo iracheno in un inferno per gli eserciti della coalizione. In breve, anche se Saddam venne rovesciato, l’invasione fallì ignominiosamente nel raggiungere i suoi obiettivi.
Ora, con un esercito di neanche 30.000 soldati curdi sostenuti dall’America, le possibilità di vincere contro una coalizione dell’Esercito Siriano più i suoi alleati, sono molte di meno, se non nulle.
Qualcuno dirà che i curdi sono combattenti induriti e che conoscono molto bene il terreno. Anche se questo è vero, dobbiamo fermarci ad osservare la Siria e i suoi alleati perché anche loro, o almeno la maggior parte di essi, sono non meno induriti e conoscono altrettanto bene il territorio.
E a proposito del sostegno dell’America, non c’è niente che dica a che punto arriverà; né per quanto tempo.
Ancora, storicamente l’America ha voltato le spalle molte volte ai propri alleati in simili circostanze, e i curdi specificamente non sono nuovi a trovarsi dalla parte di chi subisce un tradimento dai propri ex alleati; Americani compresi.
Gli alleati ovvi della Siria sono per primi e principalmente la Russia, che non può permettersi di accettare niente di meno che una vittoria radicale dalla propria operazione in Siria. Ma i russi sono di una razza diversa dai loro “partner occidentali”, che impongono i loro termini e le loro condizioni sugli alleati. I russi sanno di non aver bisogno di mettere in gioco altri interessi affinché i propri sforzi abbiano successo.
È stato più facile per i russi raccogliere assieme Iran e Turchia per affrontare Daesh. Questa parte del ruolo russo non ha necessitato di troppa diplomazia. Ma adesso che la sconfitta di Daesh è un fatto compiuto, altre questioni, che precedentemente avevano meno importanza, prendono il centro della scena e possono condurre ad una situazione piuttosto spiacevole, per usare un eufemismo.
Quasi tutte le volte che ho menzionato Erdogan in ognuno dei miei precedenti articoli, ho ripetuto che lui è un islamista e un nazionalista. Finora l’ha fatta franca a lungo in entrambi gli aspetti, ma credo di avere una premonizione secondo cui, piuttosto presto, arriverà un momento nel quale non sarà più in grado di indossare i due cappelli.
Dobbiamo ricordarci che Erdogan e Assad probabilmente non si riconcilieranno mai. Erdogan ha causato una enorme devastazione in Siria, e il sangue che ha versato è ancora caldo. I siriani non sono pronti né preparati a perdonarlo, neanche se li pregasse in ginocchio. Ciò detto, la diplomazia russa ha ristretto il solco tra gli interessi turchi e quelli siriani durante la fase della guerra a Daesh.
Mentre le formazioni avversarie sono sul punto di entrare in una nuova fase; che sia quella dei negoziati, della lotta, o entrambi, la parte che si oppone all’Impero Americano resta unita nel cercare una liberazione totale del territorio siriano e un ripristino incondizionato della sovranità siriana. Tutti perseguono il ritiro della presenza americana in Siria, e sono uniti nel considerare questa presenza illegale, come in effetti è. Sono tutti contrari ad una federazione siriana e all’istituzione di uno stato curdo. Ma questo è più o meno tutto quanto hanno in comune.
Detta più semplicemente, è qui che principalmente i loro interessi divergono:
Primo, Siria e Iran non riconoscono l’esistenza dello stato di Israele, ma la Russia ha buoni rapporti con Israele. Tutte e tre le parti ciononostante restano unite, ognuna di esse conoscendo e accettando la posizione delle altre. Questa differenza ideologica potrebbe riemergere una volta che altre questioni più importanti verranno risolte, ma al momento Russia, Siria e Iran concordano nel non essere d’accordo su questo.
Secondo, la Turchia era preparata a sacrificare il suo ex partner ideologico e commerciale Daesh. Questo è diventato più facile nel momento in cui il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) si è rivoltato contro il Qatar, che ne faceva precedentemente parte, e con la Turchia che prende le parti del Qatar è stato facile per Erdogan voltare le spalle a Daesh che è sponsorizzato dal GCC. Ma Erdogan non è preparato a recidere i legami con il Fronte Al-Nusra sponsorizzato da Turchia e Qatar.
Erdogan crede ancora di potersi aggrappare al Fronte Al-Nusra; semplicemente perché è un incurabile islamista.
Quello che non riesce a capire è che i suoi programmi nazionalisti e islamisti sono in contrapposizione, e alla fine dovrà scegliere gli uni o gli altri.
Essendo la via d’uscita dalla “Guerra alla Siria” diventata più complessa per quelli che l’hanno scatenata, molti ex alleati e nemici hanno dovuto prendere decisioni molto costose e imbarazzanti. Erdogan non sembra capire che se non fosse stato per la Russia e la diplomazia russa, il suo naso sarebbe stato strofinato nella sporcizia già da tanto tempo.
Tuttavia, il tempo che Erdogan ha per scegliere si sta esaurendo. Dovrebbe contare le sue benedizioni e il fatto che la diplomazia russa gli ha dato la possibilità di salvare la faccia non solo accettando le sue scuse per l’abbattimento del Su-24 di novembre 2015, ma anche includendo lui e la Turchia tra i partner nella sforzo congiunto della guerra a Daesh, assolvendolo quindi dalle sue precedenti affiliazioni e dai suoi accordi di business con il califfato.
In teoria, lui dovrebbe concordare con qualsiasi risoluzione ragionevole la Russia ricerchi in Siria, ma l’incurabile islamista è semplicemente incapace di distanziarsi dai ceppi di ciò che si associa a questa etichetta.
Quindi, per tornare agli interessi divergenti, è vero e realistico dire che il terzo punto e di gran lunga più importante, è che spetta alla Russia l’onere di trovare una risoluzione che possa essere basata sui comuni e pertinenti interessi di Siria, Iran e Turchia, e che serva anche agli interessi russi.
Erdogan deve avere giudizio, e comprendere che presto dovrà scegliere tra essere il partner storico in una risoluzione che sarà registrata nella storia come la prima nel suo genere a proclamare l’inizio della fine del cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale” o, in alternativa scegliere di continuare ad essere affiliato a un branco di tagliatori di teste dalla barba unta.
È necessario che riconosca che la pace e la sicurezza della sua area, compresa quella della Turchia, va garantita a livello regionale e pertanto richiede idee più aperte rispetto alle sue narrazioni e inclinazioni religiosamente ristrette e grossolanamente settarie. Deve accettare che l’approccio sunnita è già stato tentato e che ha fallito.
Il tempo di indossare due cappelli sta arrivando al termine per Erdogan, se non vi è già arrivato. Le idee nazionalistiche non si conciliano con quelle islamiste, e se Erdogan vede una crepa nella sua alleanza con Russia e Iran in Siria, dovrebbe guardarsi dentro la testa e vedere che proprio lì è dove le sue ideologie sono in guerra tra di loro.
La diplomazia russa continua a fare esercizio di pazienza con lui, ma la sua finestra temporale si sta chiudendo, e lo fa velocemente.
Nel momento in cui continuano ad essere disegnate nuove linee nella “Guerra alla Siria”, l’unico fattore ad essere imprevedibile, ma anche impantanato nella propria posizione è Erdogan. È una trappola karmica in cui si è inavvertitamente cacciato. Quello che qui è interessante, che Erdogan ne sia consapevole o meno, è che la sua popolarità come eroe sunnita è drasticamente calata tra i musulmani dopo la sua riconciliazione con il Presidente Putin. Molti tra quelli che erano suoi grandi ammiratori, si riferiscono a lui come a un traditore e a uno che li ha delusi. Non può ricreare la popolarità persa senza fare una svolta di 180 gradi nei confronti della Russia, e anche se la facesse, sarà molto difficile per lui riscaldare i sentimenti dei sunniti, in special modo all’arrivo della crisi tra Arabia Saudita e Qatar. In altre parole, se gli resta un po’ di cervello deve riconoscere che non ha niente da guadagnarci restando invischiato nel suo sostegno ad Al-Nusra, ma tanto da perdere. Ma sarà in grado di disfarsi delle sue ambizioni da fondamentalista islamico? Solo il tempo ce lo dirà.
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Articolo di Ghassan Kadi per il blog del Saker pubblicato il 17/01/2018
Traduzione in italiano a cura di Mario B. per Sakeritalia.it
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