Negli ultimi mesi ci sono state varie speculazioni sulle ragioni per cui i sistemi di difesa aerea S-300, forniti dalla Federazione Russa all’Esercito Arabo Siriano, non hanno ancora sparato un colpo in reazione alle invasioni di spazio aereo degli aerei israeliani nelle loro missioni di bombardamento contro svariati obiettivi sul territorio siriano. Il seguente video tenta di analizzare una serie ragionevolmente completa di spiegazioni. Da un certo punto di vista, l’operato delle batterie S-300 in Siria deve sottostare all’handicap di restrizioni operative e politiche. Tuttavia, sarebbe errato credere che le armi in questione siano inefficaci solo perché i missili non vengono lanciati.
Gli scudi umani di Israele
Un aspetto cruciale delle operazioni aeree israeliane e anche delle operazioni della coalizione a guida statunitense è il loro uso del traffico aereo civile per proteggere i loro aerei dalle difese aeree siriane. È interessante invece notare che gli attacchi con missili da crociera russi, ad esempio, sono invariabilmente preceduti da notifiche internazionali e da chiusure dello spazio aereo pertinente, proprio al fine di prevenire tragedie. Israele non ha mai seguito procedure simili, e ha spesso mandato i suoi aerei da combattimento nello spazio aereo utilizzato dagli aerei di linea civili in transito sul Mediterraneo e sul Libano. Considerando la “reazione internazionale” che seguirebbe inevitabilmente all’abbattimento di un aereo di linea civile da parte delle contraeree russe o siriane, è piuttosto probabile che le regole di ingaggio utilizzate dalle forze della coalizione guidate dalla Russia in Siria includono severe restrizioni per l’ingaggio di aerei nemici quando c’è un pericolo anche remoto per gli aerei civili. La perdita dell’aereo russo Il-20 e dell’intero equipaggio a causa di un missile della difesa aerea siriana, dimostra chiaramente i pericoli dell’inquadrare obiettivi remoti all’interno di uno spazio aereo affollato.
Lo zerbino libanese
Pochi esempi illustrano l’ipocrisia delle potenze occidentali riguardo la loro presupposta fede nella sacralità della sovranità nazionale quanto i condoni delle quasi costanti violazioni israeliane dello spazio aereo libanese. Mentre la sovranità territoriale terrestre di quel paese è raramente sfidata da Israele, principalmente per via della capacità di Hezbollah di infliggere gravi perdite all’IDF, né Hezbollah né l’esercito libanese possiedono un’aeronautica o un sistema di difesa aerea in grado di fare lo stesso per lo spazio aereo. Ciò consente agli aerei israeliani di utilizzare la morfologia del terreno del Libano, in particolare le catene montuose che fiancheggiano la valle della Bekaa, come scudo per i sistemi di difesa aerea a lungo raggio. Gli aerei israeliani che usano ordigni a lungo raggio [stand-off] come l’SDB o il Delilah sono in grado quindi di posizionarsi vicino ai loro obiettivi volando al di sotto dell’orizzonte radar siriano, poi emergono all’improvviso per lanciare le loro armi a guida satellitare e ridiscendono sotto l’orizzonte per tornare alla base. Per togliere a Israele questa capacità, Siria e Russia dovrebbero estendere la loro rete di difesa aerea alla Valle della Bekaa e/o pattugliarla con i propri aerei da combattimento; ma una misura del genere probabilmente provocherebbe una “condanna internazionale” e potrebbe provocare una massiccia escalation del conflitto. Allo stesso modo, la “comunità internazionale” ha imposto di fatto un embargo sulla fornitura di moderni sistemi di armi di qualsiasi tipo allo stato del Libano, rendendolo così incapace di difendersi dalle incursioni israeliane.
La “equidistanza” russa
Ulteriori complicazioni provengono dal fatto che la politica estera russa è impegnata, al fine di raggiungere i suoi obiettivi e concludere con successo la guerra in Siria, nel compito estremamente difficile di mantenere relazioni ragionevolmente buone sia con Israele che con l’Iran. L’abilità e la perseveranza dei diplomatici russi è testimoniata inequivocabilmente dal fatto di riuscire appunto a rimanere in buoni rapporti con entrambi questi stati. Nessun’altra grande potenza può vantare un simile successo. Ma il rovescio della medaglia di questo tipo di diplomazia è che la Russia, e quindi, per estensione, la Siria (sul cui sistema di difesa aerea nazionale la Russia esercita un notevole controllo, semplicemente per operare in sicurezza con i propri aerei), non è propensa ad intercettare aerei israeliani se non nell’estremo caso di attacchi israeliani a basi o risorse russe nell’area. Israele, da parte sua, si è astenuto dal colpire obiettivi russi o siriani di alto livello, il che suggerisce che sia stato stipulato qualcosa di simile ad un accordo tra la Russia e Israele dopo la suddetta perdita del Il-20. Quell’abbattimento portò ad un grave, sebbene a quanto pare temporaneo, deterioramento delle relazioni Russia-Israele. Fortunatamente, i leader israeliani apprezzano la buona volontà della Russia, come dimostrano i nove incontri tra Netanyahu e Vladimir Putin nell’arco di 3 anni, e finora non hanno comunque nemmeno voluto rischiare i loro nuovissimi F-35 contro gli S-300. La combinazione di questi fattori politici ha limitato gli attacchi israeliani contro il territorio siriano, e questo è un altro fattore che contribuisce all’apparente ozio delle batterie S-300.
Il fattore Iran
Se questi problemi non fossero sufficienti, ad aggravare la situazione c’è il fatto che l’Iran persegue una serie di obiettivi propri, che potrebbero non essere coerenti con gli interessi siriani e russi. Un esempio visibile del livello relativamente basso della cooperazione trilaterale è stata la brusca cancellazione del permesso dato alle Forze Aerospaziali Russe di utilizzare una base aerea sul territorio iraniano per migliorare l’efficacia dei bombardieri operanti dalla Russia contro obiettivi in Siria. Se gli sforzi dell’Iran per garantire la sua sicurezza nei confronti di Stati Uniti, Arabia Saudita e Israele sono comprensibili alla luce del brutale livello di lotta per il potere nella regione, in termini pratici questo significa che la leadership russa non sente l’obbligo di proteggere le risorse iraniane in Siria ogni volta che Israele le attacca. Non c’è sicuramente alcuna prova di un qualsiasi accordo di sicurezza tra la Russia e l’Iran che suggerisca un impegno alla difesa reciproca. La dipendenza dalle truppe fornite o sostenute dall’Iran sotto forma di truppe dell’IRGC, Hezbollah o milizie sciite ha inoltre significato per la Russia avere relativamente poche leve di influenza sulle politiche iraniane nella regione, visto anche che la capacità e la volontà dell’Iran di mettere i piedi sul suolo siriano l’ha reso un partner indispensabile di questa blanda alleanza. L’accordo presumibile tra Russia e Iran su quello che riguarda la Siria sembra consistere nel lasciare mano più o meno libera all’Iran di fare ciò che vuole senza che questo si aspetti in cambio la copertura aerea russa per le sue attività. Questo permette così alla Russia di rimanere in buoni rapporti con Israele e di mantenerne la benevolenza, di cui ha sicuramente bisogno, per poter terminare la guerra in Siria.
Conclusione
Sebbene la situazione rimanga relativamente stabile e con pochi rischi di escalation, non si può affermare che siamo in uno status quo soddisfacente. Rimangono e vi rimarranno per il prossimo futuro notevoli ambiguità. Le forze iraniane in Siria saranno indispensabili per la sicurezza di quel paese almeno finché vi rimarranno anche le forze statunitensi e finché lo status delle province settentrionali, controllate dai gruppi di insorti appoggiati dalla Turchia, rimarrà irrisolto. Fino a quando non verranno affrontati questi problemi, le batterie S-300 in Siria continueranno a giocare la loro parte per mantenere questo difficile equilibrio.
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Articolo di J.Hawk, Daniel Deis e Edwin Watson, pubblicato su The Saker il 21 febbraio 2019
Traduzione in italiano di Pier Luigi S. per SakerItalia
mah. io vedo solo che netaniahu fa ciò che vuole con putin. evidentemente per qualche motivo lo tiene sotto ricatto. oppure l’ha ipnotizzato.