Nonostante il fatto che le operazioni militari della Russia in Siria siano iniziate solo un mese fa, i bollettini di guerra, regolarmente emessi dal Ministero della Difesa Russo, sono già diventati parte della vita di tutti i giorni. In mezzo a quella che in patria è una tempesta di emozioni, accompagnata da migliaia di articoli propagandistici sugli oppositori politici di Assad e da previsioni vittoriose o apocalittiche sulle prospettive dell’operazione militare, possiamo ora iniziare a tirare le somme dei risultati ottenuti fino a questo punto dalle forze del governo siriano con il supporto dell’aviazione russa.

I risultati della prima settimana: 151 missioni, 79 obbiettivi distrutti.

30 settembre – 20 missioni, 8 obbiettivi distrutti,
1 ottobre – 18 missioni, 12 obbiettivi distrutti,
2 ottobre – 28 missioni, 19 obbiettivi distrutti,
3 ottobre – 20 missioni, 9 obbiettivi distrutti,
4 ottobre – 20 missioni, 10 obbiettivi distrutti
5 ottobre – 25 missioni, 9 obbiettivi distrutti,
6 ottobre – 20 missioni, 12 obbiettivi distrutti.

I risultati della seconda settimana: 360 missioni, 344 obbiettivi distrutti + operazione 26 missili “Kalibr”.

7 ottobre – lancio di 26 missili “Kalibr”, non ci sono dati per l’aviazione
8 ottobre – 22 missioni, 27 obbiettivi distrutti (solo voli notturni)
9 ottobre – 67 missioni, 60 obbiettivi distrutti,
10 ottobre – 64 missioni, distrutti 55 obbiettivi,
11 ottobre – 64 missioni, distrutti 63 obbiettivi
12 ottobre – 55 missioni, distrutti 53 obbiettivi,
13 ottobre – 88 missioni, 86 obbiettivi distrutti.

I risultati della terza settimana: 276 missioni, 332 obbiettivi distrutti.

14 ottobre – 41 missioni, 42 obbiettivi distrutti,
15 ottobre – 33 missioni, 32 obbiettivi distrutti,
16 ottobre – 36 missioni, 49 obbiettivi distrutti,
17 ottobre – 39 missioni, 49 obbiettivi distrutti,
18 ottobre – 39 missioni, 51 obbiettivi distrutti,
19 ottobre – 33 missioni, 49 obbiettivi distrutti,
20 ottobre – 55 missioni, 60 obbiettivi distrutti.

I risultati della quarta settimana: 334 missioni, 558 obbiettivi distrutti.

21 ottobre – 46 missioni, 83 obbiettivi distrutti,
22 ottobre – 53 missioni, distrutti 72 obbiettivi
23-26 ottobre – 164 missioni, distrutti 285 obbiettivi,
27 ottobre – 71 missioni, distrutti 118 obbiettivi.
Dal 28 ottobre al 2 novembre: 447 missioni, distrutti 630 obbiettivi

Qui c’è un’analisi geografica sull’utilizzo dell’aviazione russa: gli attacchi principali sono stati portati nell’area fra Hama e Homs e nelle province più settentrionali della Siria, che sono sotto il controllo dei gruppi più consistenti di ribelli, “Jabhat al-Nusra”, “Jaish al-Fatah”, “Ahrar al-Sham”, “Liwa al-Tawid” ecc. In queste province operano le forze al completo del gruppo “Jaish al-Muhajirin” (comprese organizzazioni derivate, come “Jund Caucasus”) formate da elementi provenienti dal Nord Caucaso, Georgia e Cecenia Europea.

E’ il “fronte nord” quello che rappresenta il pericolo maggiore per il governo di Damasco, dal momento che la linea di contatto fra i terroristi e le forze governative corre vicina alla provincia di Latakia, dove oggi risiede il grosso della popolazione, quella locale e quella fuggita dai territori occupati dagli Jihadisti. Questa provincia ha anche accesso al Mar Mediterraneo e questo spiega il grande interesse per essa da parte dei gruppi islamici.

La priorità delle operazioni dell’aviazione russa e delle forze governative in questa direzione è dovuta anche al fatto che gli insorti hanno qui un collegamento diretto terrestre con la Turchia, che in questo conflitto è un affidabile fornitore di equipaggiamento tecnico per i terroristi. Senza il sostegno attivo di Ankara, Doha e Riyad, attraverso il confine turco-siriano, la capacità operativa dei raggruppamenti terroristici a Idlib e Aleppo sarebbe assai dubbia. Inoltre, in queste province vi sono centri intermodali e grosse industrie (cotone, filature, metallo, cemento, ecc.) strategicamente importanti, che forniscono ai militanti un reddito più o meno stabile.

Particolarmente interessanti dono i dati degli obbiettivi distrutti. A tutt’oggi la statistica è la seguente:

o vista come diagramma:

Molti commentatori e osservatori politico-militari hanno reagito con un certo grado di scetticismo ai regolari rapporti del Ministero della Difesa e questo è dovuto al livello medio del tipo di informazione fornito da questi resoconti giornalieri. In modo particolare, i video sono accompagnati solo da poche righe e le immagini sono solo quelle che riguardano l’azione militare. Dal momento che alcuni bombardamenti riguardano obbiettivi sotterranei, nei video il mirino del visore non collima con l’esplosione, per cui in molti arrivano alla conclusione (errata) che si tratti di  bersagli mancati.

Sono subito sorti dei dubbi sull’attendibilità dei rapporti giornalieri. Per esempio sul fatto che i militanti non possono avere così tanti posti comando e fortificazioni. E in caso contrario, come mai l’aviazione siriana o quella della coalizione americana non li ha distrutti prima? Ma tutto ha la sua spiegazione.

Per prima cosa, infrastrutture militari sotterranee esistono in Siria fin dagli anni’80. Queste opere erano state commissionate dal governo siriano in vista di quella che allora veniva considerata l’inevitabile guerra con Israele, che disponeva al tempo della miglior aviazione della regione. Dal momento che le capacità di difesa antiaerea delle forze siriane erano abbastanza ridotte, Damasco aveva deciso di spostare molte delle infrastrutture militari (centri di comando, depositi di munizioni, centri di comunicazione, ecc.) nel sottosuolo. Costruire bunker è abbastanza economico e assai redditizio, come è stato ripetutamente dimostrato dai Palestinesi a Gaza.

Le fortificazioni sotterranee dell’esercito siriano sono profonde diversi piani ed hanno una struttura difensiva stratificata, con annessi sistemi di trasporto. Le stanze sono poi fornite di energia elettrica, impianti telefonici, ascensori, sistemi di ventilazione e brande per centinaia di uomini.

Fin dal principio della guerra sul territorio siriano, la gran maggioranza dei bunker e dei ricoveri sotterranei (depositi di munizioni) è caduta nelle mani degli insorti. L’aviazione siriana non ha la disponibilità del munizionamento (e dei relativi sistemi di guida e navigazione) con la necessaria capacità distruttiva. La Russia fa uso di bombe apposite ad alta penetrazione, che vengono usate anche per colpire i centri di comando dei terroristi.

L’efficacia degli attacchi aerei russi sui centri di comando e sui nodi di comunicazione può essere stimata usando i dati del mese scorso relativi ai terroristi e ai comandanti eliminati. Se si può dar credito alle informazioni della stampa e agli account dei terroristi sui social networks, la stragrande maggioranza è morta in seguito ai bombardamenti russi, come riportato da loro stessi.

Dalla tabella qui sotto possiamo avere la conferma indiretta che la gran parte delle strutture organizzative sono state distrutte dai bombardamenti, dal momento che l’eliminazione della maggioranza dei comandanti è avvenuta proprio nelle province in cui si è “lavorato” di più (Aleppo, Idlib, Latakia, Hama e Homs). Anche se la ferocia e l’intensità dei combattimenti a Quneitra, Deir az-Zor, Daara e Damasco è stata la stessa delle zone in cui si sono avuti i bombardamenti.

Ritornando all’analisi dei dati, bisogna notare che i gruppi terroristici in Siria hanno due punti sensibili e vulnerabili: il coordinamento (quartier generale e centri di comunicazione) e i rifornimenti (centri di interscambio, depositi di munizioni e le loro fabbriche di produzione). Questo si è visto fin dall’inizio delle operazioni: per ovvi motivi, per ogni comandante eliminato, la loro capacità bellica diminuisce. L’obbiettivo russo è quello di costringerli ad una rotazione continua dei quadri amministrativi. Per i terroristi la disponibilità di comandanti non è illimitata, sopratutto perché questa viene ridotta in maniera definitiva. La miglior dimostrazione del legame diretto fra l’efficienza di una organizzazione terroristica e la regolare eliminazione delle strutture di comando si ha con “al-Qaeda” in Iraq (2006-2008) e l’”Emirato del Caucaso” nel periodo preparatorio delle Olimpiadi di Sochi.

In ogni caso, nella lunga lista dei problemi che i gruppi terroristici in Siria si trovano a dover affrontare, il primo posto spetta sicuramente al finanziamento e al rifornimento delle armi e delle necessarie munizioni. Sfortunatamente il più importante punto debole delle organizzazioni terroristiche è duro da eliminare perché il grosso dei carichi militari passa attraverso la Turchia, mescolato al traffico civile, con gli stessi mezzi di trasporto. Capire qual’è la vera natura dei carichi trasportati è praticamente impossibile. L’unica soluzione a questo problema è quella di assicurarsi il controllo del confine turco-siriano, cosa che richiederà probabilmente ben più di un mese.

Ne consegue che, se si vuole influire sulla quantità di materiale ed equipaggiamento tecnico che arriva ai ribelli, l’unico modo per farlo è con la distruzione dei depositi militari, della fabbriche per la produzione di armi e delle officine di riparazione.

E’ altresì necessario rendersi conto che la distruzione di un magazzino o di una fabbrica in un settore secondario del fronte, magari in un villaggio relativamente spopolato, distante dai centri di trasporto, può portare a dei significativi cambiamenti nel bilancio delle forze in questo settore del fronte. In questo caso è difficile non pensare alla poco invidiabile sorte dei terroristi chiusi nella sacca fra Hama e Homs. Dal momento che i canali di rifornimento principali sono ora controllati dalle forze governative e l’aviazione russa sistematicamente e metodicamente colpisce le infrastrutture militari sul terreno (magazzini e fabbriche comprese), le probabilità di sopravvivenza di questo gruppo si avvicinano a zero ogni giorno che passa. In particolare, dopo due attacchi aerei ai depositi di armi, all’inizio e a metà ottobre, il numero dei sistemi missilistici anticarro TOW nella regione è diminuito leggermente.

Ritornando allo scetticismo di alcuni commentatori e osservatori politico-militari in relazione ai resoconti del Ministero della Difesa Russo, e in modo particolare al numero dei terroristi dichiarati uccisi in postazioni fortificate (600), dobbiamo tener presente che i paesi arabi hanno un loro personale concetto di fortificazione militare. Come la storia passata insegna, le cosiddette “zone fortificate” in Siria (e in Iraq) sono semplici posti di blocco con “strutture ingegneristiche” distribuite lungo il perimetro, con blocchi di cemento, sacchetti di sabbia e postazioni di mitragliatrici su ambo i lati. Vicino si trovano piccoli edifici ed equipaggiamento militare. “Punti forti” simili a questi sono stati osservati nel sud est dell’Ucraina nella primavera e nell’autunno dell’anno scorso.

In generale, il lavoro congiunto dell’aviazione russa e dell’esercito siriano durante tutto l’ultimo mese, può essere valutato positivamente.

L’aviazione russa ha distrutto le infrastrutture al suolo del nemico. Questo è stato fatto perché le capacità dell’aviazione siriana sono molto limitate. La seconda parte della campagna militare comprenderà un’operazione su vasta scala, con il sostegno attivo dell’aviazione e di un avanzato sistema di sorveglianza delle radiocomunicazioni nemiche. La terza fase è l’isolamento delle zone di operazione, con la formazione di calderoni.

Possiamo presumere che a novembre e dicembre assisteremo alla terza fase. Per fortuna la Russia ha una grossa esperienza di calderoni.

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Articolo tradotto da POLITRUSSIA, pubblicato su FortRuss il 7 novembre 2015
Tradotto in Italiano da Mario per Sakeritalia.it

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